Home 2010 26 Ottobre Gemmazione di top universities
Gemmazione di top universities PDF Stampa E-mail
Il livello di competitività dei sistemi accademici nazionali dipende da diversi fattori, culturali e di contesto, in primis la tipologia di finanziamento e i sistemi incentivanti. Nel mondo anglosassone il perseguimento di un vantaggio competitivo ha portato all'affermarsi di top university capaci di attrarre, sviluppare e trattenere talenti nazionali e stranieri, tra il corpo docente e discente, ma anche capaci di attrarre finanziamenti pubblici e privati, donazioni e imprese nazionali e internazionali sul territorio, che beneficia quindi delle conseguenti ricadute economiche. La competizione ha generato università "di serie A, B e C", che rilasciano titoli di valore diverso. Al contrario, l'assenza di competitività, unita a radicate prassi clientelari, ha prodotto in Italia gli effetti rivelati da uno studio bibliometrico della produzione scientifica universitaria. Nell'arco dei cinque anni (2004-2008) che saranno oggetto di valutazione da parte del Civr, risulta che 6.640 (16,8 per cento) dei 39.512 strutturati (ricercatori e professori di I e II fascia) nelle "scienze dure" non ha pubblicato alcun articolo scientifico nelle riviste censite da Web of Science (WoS). Altri 3.070 accademici (7,8 per cento del totale), pur avendo pubblicato, non risultano mai citati D che significa che 9.710 strutturati (pari al 24,6 per cento del totale) non hanno avuto alcun impatto sul progresso scientifico. La distribuzione della produzione scientifica segue una legge quasi paretiana: il 23 per cento degli accademici ha realizzato il 77 per cento degli avanzamenti scientifici complessivi. Il realismo porta a pensare che nessun governo in Italia sia disposto a tagliare chi non produce nella ricerca, ma si può almeno sperare in sistemi incentivanti che leghino le retribuzioni al merito. Lo stesso realismo induce a ritenere che nessun governo, ammesso che lo condivida, sia disposto ad affrontare il rischio della transizione dal sistema attuale a uno fortemente competitivo come quello americano, auspicato da alcuni studiosi. Si dovrebbe perciò favorire la nascita per gemmazione di nuove università, equamente distribuite sul territorio, verso le quali far migrare dalle attuali sedi, solo i "top scientist" del sistema di ricerca pubblico nazionale. Con un investimento molto basso, relativo ai soli costi infrastrutturali, si potrebbero creare in breve tempo quelle top università che i sistemi competitivi hanno prodotto nell'arco di decenni in altri contesti nazionali, università in grado di competere a livello internazionale. Le top università così costituite sarebbero per natura fortemente immuni al virus del clientelismo e più inclini ad adottare strategie e pratiche virtuose, tipiche di chi opera in sistemi competitivi. La scelta di fondo è se continuare a puntare al miglioramento di 90 università di serie B pressoché uniformi o far emergere nel breve, attraverso una redistribuzione dei ricercatori pubblici, una dozzina di università di serie A, con effetti positivi non sa lo sull'economia, ma anche sulla mobilità sociale. (Denaro 21-10-2010, da G. Abramo, lavoce.info)