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04 Dicembre
Riforma efficace solo con tagli ai dipartimenti improduttivi PDF Stampa E-mail
Invece di regolare ciò che non può essere regolato, lasciate fare a ogni ateneo quello che vuole, ma ogni tre anni valutate (magari con una commissione internazionale) la ricerca prodotta: gli atenei che hanno operato bene, ricevono più finanziamenti, a chi ha operato male sono tagliati i fondi. In Italia la riforma delega il governo ad assegnare «fino al 10%» dei fondi in questo modo. È qui, in quest’oscuro comma 5 dell'art. 5, che si giocherà il destino di questa riforma. Solo se il governo avrà il coraggio di utilizzare il tetto massimo, e di imporre criteri impietosi che escludano da questa quota gran parte dei dipartimenti che non fanno ricerca di qualità, la riforma potrà avere un qualche effetto. Purtroppo un sano pessimismo è scusabile: la maggioranza degli atenei non accetterà mai tagli a favore dei pochi atenei eccellenti e magari già più floridi, e troverà il sostegno dei tanti che vogliono dare più soldi ai peggiori per "portarli al livello dei migliori". Non sarà facile combattere questa mentalità. (R. Perotti, Il Sole 24 Ore 01-12-2010)
 
Il CDA al centro delle decisioni PDF Stampa E-mail
Oggi le competenze gestionali sono malamente distribuite tra Senato accademico e consiglio di amministrazione. Con la riforma il consiglio di amministrazione diventa il vero organo decisionale cui spetterà la programmazione dello sviluppo dell'università. Oggi è un organo rappresentativo che per com’è formato non può che riflettere gli interessi corporativi delle sue varie componenti. Come fa in queste condizioni a decidere sulla base di obiettivi strategici di medio e lungo termine? È per questo che la presenza di personalità esterne può essere un vantaggio. Non si tratta di "privatizzare" l'università pubblica. Vuol dire invece offrirle l’opportunità di aprirsi all'esterno sfruttando competenze e punti di vista non legati a interessi settoriali di breve periodo come avviene ora. Certo, non è detto che quest’opportunità venga sfruttata. Le nuove norme ridisegnano le responsabilità del consiglio e fissano dei paletti sulla sua composizione, ma saranno le singole università a scegliere chi effettivamente ne farà parte e a indicare nello statuto i meccanismi di selezione dei suoi membri. A priori non si può dire come andrà a finire. (R. D’Alimonte, Il Sole 24 Ore 01-12-2010)
 
Appello di 400 docenti a favore della riforma Gelmini PDF Stampa E-mail
"Difendiamo l'Università' dalla demagogia". E' l'appello al mondo accademico lanciato da un gruppo di docenti universitari e promosso dalla Fondazione Magna Carta a sostegno della riforma Gelmini: appello che nel fine settimana ha già raccolto la sottoscrizione di oltre 400 docenti universitari. "E' troppo tempo - recita l'appello - che l'Università' italiana ha bisogno di una cura incisiva ed efficace. E' troppo tempo che il mondo accademico aspetta una riforma capace di restituirgli il prestigio perduto. E' troppo tempo che gli studenti italiani bravi e meritevoli non hanno più la possibilità di frequentare istituzioni universitarie competitive rispetto al resto dell'Europa e del mondo. Pertanto - prosegue il testo - i sottoscritti docenti universitari intendono ribadire il loro generale apprezzamento per il disegno di legge sull'Università' in discussione in queste ore alla Camera. Per più di un motivo: perché riorganizza e moralizza gli organi di governo degli atenei; perché limita la frantumazione delle sedi universitarie, dei corsi di laurea e dei dipartimenti; perché introduce norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti; perché stabilisce regole certe e trasparenti per disciplinare i casi di disavanzo finanziario e di mala gestione; perché fissa dei criteri di valutazione per le singole sedi universitarie e per i singoli professori; questo provvedimento rappresenta un passo nella direzione giusta per cercare di far uscire l'Università' italiana dallo stato di grave prostrazione in cui essa si trova. Tutto è sempre migliorabile; anche questo disegno di legge lo è. Ma - osservano i docenti firmatari - non ci sembra ne’ logico ne’ onesto invocare la diminuzione dei finanziamenti all'intero comparto dell'istruzione, provocati dalla difficile situazione finanziaria del Paese, come una buona ragione per respingere il provvedimento. Tanto più adesso che il governo sembra si stia trovando le risorse utili per avviare il necessario processo riformatore. Ci sembra, inoltre, intollerabile che, dopo anni e anni di tanto sistematico quanto sterile ostruzionismo, una parte del mondo universitario e del corpo studentesco prepotente nei comportamenti ma modesto nelle dimensioni abbia saputo produrre solo una protesta demagogica fine a se stessa, dando spazio - è la conclusione dell'appello - alla violenza di piazza e contribuendo al contempo a lasciare gli Atenei italiani fermi nel loro attuale stato di crisi". (AGI - Roma 29-11-2010)
 
Baroni su e giù PDF Stampa E-mail

SU. I baroni grazie a questa legge potranno continuare a decidere indisturbati chi insegnerà nelle università. L'abilitazione nazionale, che avrebbe dovuto sanare gli scandali degli attuali concorsi locali, potrà essere concessa indiscriminatamente, senza limiti numerici, e le università potranno così scegliere, fra la massa degli abilitati, i docenti più graditi ai vari potentati. La valutazione della ricerca, che dovrebbe far emergere e sanzionare i docenti inattivi, non decolla neppure con le istituzioni che già esistono: e la riforma l'affida a un nuovo carrozzone di Stato, che esiste solo sulla carta.

GIU'. ll peso dei professori (del Senato Accademico) nella gestione complessiva degli atenei cala molto, a favore soprattutto dei rettori, del Consiglio d'amministrazione e del direttore generale. Anche se l'autoritarismo aziendalistico che informava il testo originale è in parte attutito, l'intento punitivo verso una delle poche élites non compattamente schierata è piuttosto evidente. (C. Galli, La Repubblica 01-12-2010)
 
Il gattopardismo in agguato sulla riforma PDF Stampa E-mail
La riforma in fondo è più nelle mani della classe accademica di quanto non immaginino quelli che parlano senza avere letto e senza sapere. Il problema è che, giusto o sbagliato che sia, non si può mettere l'istruzione superiore in mani diverse da quelle degli accademici. Si possono certo introdurre dei controlli e delle responsabilizzazioni: se ci sarà la volontà politica, la nuova legge consente di premiare quelli che lo meritano e di marginalizzare i profittatori. Sarà però un’impresa molto difficile, impossibile se mancherà un consenso forte nella comunità nazionale a sostegno di un’operazione di rinascita del nostro sistema universitario. Le proteste durano un poco e poi tutto torna come prima, se sono dirette contro i mulini a vento o contro fantasmi che si dissolveranno appena investiti dalla luce. Il gattopardismo italiano è invece in agguato sulla riforma universitaria, come su qualsiasi altra riforma, e saprà benissimo come sfruttare regolamenti, decreti attuativi, statuti di Ateneo e quant'altro perché tutto cambi restando tutto come prima. Se si vuole davvero cambiare l'università, renderne più forte il ruolo "pubblico", cioè di palestra di formazione di una classe dirigente di cui c'è bisogno, la sola strada è creare un'ampia unione e solidarietà fra i migliori per bloccare i gattopardi e per sfruttare le opportunità offerte dalla nuova legge. (P. Pombeni, Il Gazzettino 01-12-2010)
 
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