Home 2011 26 Febbraio La riforma dell’università dimezza i CDA
La riforma dell’università dimezza i CDA PDF Stampa E-mail
Finora l'eccezione era una sola, la Statale, dove tra i quattro componenti esterni del CDA rientrava anche un rappresentante della Fondazione Cariplo. Nelle altre università lombarde, invece, consigli di amministrazione off limits per i privati: 145 componenti in tutto per i sette atenei pubblici regionali, 24 i membri non accademici ma tutti in rappresentanza di comuni, province, camere di commercio, MIUR e regione; con la sola eccezione, appunto, del sodalizio Cariplo-Statale. Adesso, con la riforma Gelmini si cambia: sei mesi di tempo per redigere nuovi statuti, consigli ristretti a un massimo di 11 poltrone e spazio ad almeno tre componenti «laici», che - stando almeno alle dichiarazioni di principio della legge - saranno privati, «personalità italiane o straniere di comprovata competenza» provenienti dal mondo della ricerca o dell'impresa. La legge Gelmini fissa come tetto massimo per i CDA 11 componenti, un vincolo che nei sette atenei pubblici lombardi porterà alla riduzione di 68 posti: da 145 si scenderà a 77 consiglieri totali. Ma la sfida è duplice. Perché se da un lato la riforma impone di asciugare l'organo, dall'altro consente di aprirlo a figure che finora non si erano mai viste in università, vale a dire le imprese. Il tema è delicato e i contrasti interni sono spesso violenti, ma l'attenzione è concentrata in modo particolare sulle imprese diventate partner (e finanziatori) strategici d'ateneo, e alla possibilità di consolidare i legami assegnando un posto in CDA a imprenditori o manager.
(Il Sole 24 Ore Lombardia 26/01/2011)