Home 2011 28 Marzo Governance con esterni nei CDA
Governance con esterni nei CDA PDF Stampa E-mail
La riforma Gelmini prevede un numero minimo di rappresentanti esterni nei CDA delle università. In realtà è questa un’esperienza largamente diffusa nelle università europee e una buona governance fondata anche sulla presenza di membri esterni nell’organo collegiale di governo incide positivamente sugli indici di performance degli atenei. In molte università italiane la prassi delle nomine esterne è poi già conosciuta, senza che in verità ne siano conseguiti straordinari risultati. Non si tratta, quindi, di una grande novità, salvo che gli statuti e chi li scrive non aprano un coraggioso laboratorio di sperimentazione. L’articolo 2 della legge di riforma lett. i) lascia molta libertà nel determinare le modalità di scelta dei membri esterni e la loro provenienza: gli unici vincoli sono quelli della non appartenenza ai ruoli dell’ateneo e il possesso di comprovate competenze gestionali o riconosciute esperienze professionali, con particolare riferimento ai settori scientifici e culturali. I portatori d’interessi dovrebbero assicurare un vero impegno attraverso adeguati investimenti; questo garantirebbe una partecipazione al governo universitario con reali forme di responsabilizzazione sugli indirizzi gestionali e strategici. Naturalmente, gli investimenti dovrebbero inserirsi in un necessario quadro regolamentare, prevedendone la specifica finalizzazione. Se si devono escludere apporti alle spese generali di funzionamento, potrebbero essere istituiti specifici fondi alimentati (anche) dalle risorse private; ad esempio a proposito delle iniziative d’internazionalizzazione (articolo 2 lett. l), o di promozione del merito tra gli studenti.
(Fonte: F. Vella, Lavoce.info 22-03-2011)