Home 2011 18 Aprile
18 Aprile
Lettori di libri digitali nella didattica PDF Stampa E-mail
All’università di Padova è stato attivato un corso della facoltà di Economia, in cui sia il professore che tutti gli studenti seguiranno le lezioni su libri di testo in formato digitale. «Adottare i lettori e-reader (lettori di libri digitali) nella didattica universitaria va ben al di là del semplice obiettivo di eliminare la carta», precisa Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale e Imprenditorialità di economia dell'Università di Padova, «si tratta di un cambio radicale di prospettiva, perché finalmente lo studente può concretamente utilizzare le nuove tecnologie nel processo di apprendimento e non in seconda battuta. Con l'e-reader, lo studente prende appunti sui materiali didattici o su foglio-bianchi digitali in presa diretta». Il programma comporta vantaggi sia per il settore accademico sia per l'industria editoriale (che ha appena concluso la mostra convegno www.ebooklabitalia.com a inizio marzo), che potrà sfruttare i risultati di questa prima sperimentazione. «Un e-book costa circa il 70% di un libro cartaceo», spiega Luca Ometto, presidente e fondatore di libreriauniversitaria.it», e quindi sarebbe un notevole risparmio per le famiglie. Di più. «Pensiamo per il futuro di rendere i libri interattivi con la possibilità di inserire note sul testo».
(Fonte: G. Leben, Vita 15-04-2011)
 
Il libro verde sul finanziamento della ricerca e dell’innovazione PDF Stampa E-mail
Sarà presentato il prossimo 4 aprile presso la sede di piazzale Kennedy del Miur il Libro Verde "Trasformare le sfide in opportunità: verso un quadro strategico comune per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione dell'Unione europea", pubblicato agli inizi di febbraio dalla Commissione europea. L'evento è organizzato dall'Agenzia per la promozione della ricerca europea (APRE). Il Libro Verde è il risultato di una recente riunione del Consiglio europeo su ricerca e innovazione. Nel corso della riunione è emersa la proposta di un quadro strategico comune che renda efficaci i finanziamenti a favore di ricerca e innovazione a livello nazionale e sovranazionale. I finanziamenti in tali settori sono attuati mediante tre strumenti diversi: il Programma Quadro per attività di ricerca e sviluppo tecnologico, di cui è in vigore il Settimo Programma Quadro (2007-2013); il Programma quadro per la competitività e l'innovazione, che si rivolge principalmente alle piccole e medie imprese; l'attività dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET), che viene dotato di una parte del bilancio dell'Ue per stimolare l'innovazione d'avanguardia a livello mondiale.
(Fonte: D. Gentilozzi, Universitas 01-04-2011)
 
I dati sugli stanziamenti del 2010 destinati alla ricerca scientifica pubblicati dal MIUR PDF Stampa E-mail
Nel notiziario statistico n. 1/2011, pubblicato a febbraio dal MIUR, sono stati pubblicati i dati relativi all'ammontare stanziato nel 2010 per la ricerca scientifica: complessivamente € 8.314,7 milioni, pari allo 0,54% del PIL (-1% in valore assoluto rispetto al 2009). Circa il 37% è stato destinato alla ricerca universitaria, poco meno del 15% alla ricerca nel campo sociale e il 9,6% a quello della salute. Il MIUR da solo ha contribuito per il 66% dell'intero stanziamento (€ 5.473,12), di cui il 56% assegnato alla ricerca universitaria e il 12% destinato al settore della ricerca spaziale. L'entità delle somme stanziate è stata utilizzata, in ottemperanza al Regolamento della Commissione Europea n. 753/2004, per calcolare l'indicatore GBAORD (Government Appropriations and Outlays for Research and Development), che misura in campo internazionale le intenzioni di spesa per la ricerca scientifica. Nell'ottica comparata tra i 27 paesi dell'Ue, il valore italiano si è notevolmente ridotto tra il 2007 e il 2010 (-7,6% milioni di euro). L'Italia si è collocata al di sotto della media comunitaria soprattutto per le seguenti aree: Promozione della ricerca di base, Difesa, Agricoltura e Trasporti. Ha superato i valori medi nei comparti di Sistemi, strutture e processi politici e sociali e in quello di Produzioni e tecnologie industriali. Nel 2009 in tutti i 27 Paesi UE si è registrato un calo complessivo dell'1,15% rispetto all'anno precedente con un picco particolarmente negativo registrato in Spagna (circa -28% rispetto al 2008). Francia, Germania e Regno Unito hanno contribuito per oltre la metà dello stanziamento complessivo comunitario e la quota della sola Germania è pari al 24%, il doppio del valore italiano (11%).
(Fonte: M.L. Marino, Universitas 23-03-2011)
 
Ricercatori universitari e erogazione di fondi. Sentenza del Consiglio di Stato PDF Stampa E-mail
Consiglio di Stato. Sentenza 8 aprile 2011. Il finanziamento della ricerca è finalizzato al perseguimento della ricerca scientifica, non ha lo scopo di premiare i ricercatori che hanno ricevuto un giudizio globale favorevole sul complesso della loro attività.
(Fonte: norma.dbi 12-04-2011)
 
Perché è strategico il mestiere di Antonio Scarpa PDF Stampa E-mail

Antonio Scarpa ha un compito arduo, ma strategico. Ogni anno, grazie a una squadra di 500 ex professori universitari e grazie alla collaborazione di 30mila scienziati, deve esaminare 100mila domande di finanziamento alla ricerca medica. «Il sistema della peer review – spiega Scarpa, che dopo essersi laureato a Padova nel 1966 ha avuto una lunga carriera nella ricerca e nell'insegnamento – funziona a meraviglia: solo i progetti migliori ottengono fondi. Non ci sono concorsi, o finanziamenti fissi per università o aree geografiche: conta solo il merito. In ballo, ci sono 31 miliardi di dollari». Come avrete capito, Scarpa non lavora in Italia. È il responsabile del Center for Scientific Review del NIH, il National Institute of Health americano. La peer review – scienziati che valutano il lavoro degli scienziati – in Italia praticamente non esiste. I finanziamenti statali, circa l'1% del Pil e circa la metà dei maggiori concorrenti europei, sono distribuiti quasi senza il metro del merito, che pure la contestata riforma Gelmini tenta di introdurre. E fra stipendi magri, ricercatori che invecchiano in attesa di un posto e un sistema dove la burocrazia è semplicemente opprimente, i cervelli non sono incentivati come dovrebbero. Alcuni fuggono. Alcuni lottano lo stesso in laboratorio.

È un disastro? Beh, non proprio. «Nel numero di pubblicazioni per ricercatore siamo ai vertici mondiali», ricorda Franco Miglietta, dell'Istituto di Biometeorologia del Cnr, «nel 2009, l'Italia era nona nella computer science, ottava nella fisica, settima nella biochimica e nelle neuroscienze, sesta nella matematica: una performance da paese del G8. Sono pochi scienziati molto produttivi che tirano la carretta». La classifica «Top Italian Scientist» è la lista dei ricercatori italiani, inclusi quelli all'estero, che hanno un H-index superiore a 30. H-index serve a calcolare la produttività scientifica di un ricercatore (ma anche di un istituto, o di un paese) tenendo conto del numero di pubblicazioni sulle riviste internazionali, tutte rigorosamente peer-reviewed, e di quante volte sono state poi citate da altri: più o meno, quel che fa Google con il suo algoritmo per indicizzare le pagine web. Gli scienziati italiani con un H-index superiore a 30 sono oltre 1.800. Non pochi: tanti.

La scienza è diventata un'impresa globale. Ci sono 7 milioni di ricercatori nel mondo e la spesa internazionale in ricerca e sviluppo ha superato i mille miliardi di dollari (+45% sul 2002). Oggi che siamo nella cosiddetta "Economia della conoscenza", il sapere è una variabile imprescindibile della competizione. Ecco perché il mestiere di Antonio Scarpa è strategico (per gli americani). Perché è il trionfo della meritocrazia. «Se i ricercatori ottengono i finanziamenti – spiega lui stesso – l'NIH ne versa più o meno altrettanti alle università dove questi lavorano, per coprire i costi amministrativi. Le università sono sostenute dai fondi federali solo così: ecco perché fanno tutte a gara per assoldare i ricercatori migliori». Il sistema italiano invece, non difetta solo di meritocrazia e competizione. Gli manca anche la flessibilità. «C'è uno spaventoso carico burocratico non solo per ricevere i fondi statali, ma anche quelli europei», lamenta Alberto Mantovani, prorettore alla ricerca all'Università di Milano. «E l'articolo 18 della legge 240/10 ci ostacola perfino nell'assumere un tecnico per un progetto di due o tre anni».
(Fonte: F. Magrini, Il Sole 24 Ore 13-04-2011)
 
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