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18 Aprile
Per la FLC-CGIL i compensi aggiuntivi devono essere oggetto di confronto e contrattazione PDF Stampa E-mail
La Legge 240/2010 (riforma dell’Università) prevede che le singole Università possano integrare il trattamento economico per i ricercatori cui siano affidati moduli o corsi curriculari e per il personale docente che contribuisce all’acquisizione delle commesse attraverso specifici regolamenti di Ateneo. Il segretario generale della FLC CGIL ha scritto una lettera a tutti i Rettori nella quale sostiene che “l’idea che il rapporto di lavoro di docenti e ricercatori non sia più regolato dalla legge, senza essere peraltro tutelato da alcun contratto ma solamente da regolamenti amministrativi e di ateneo, non è accettabile. Allo stesso modo non è accettabile che la disciplina del rapporto di lavoro dei lettori e CEL di madrelingua non sia ancora stata normata pur in presenza di numerose sentenze della Corte di Cassazione. Riteniamo indispensabile che su tutti questi interventi vi sia un confronto pieno sul loro contenuto, in mancanza del quale ci troveremmo di fronte ad uno dei rarissimi casi in cui quote significative della retribuzione dei lavoratori nel pubblico impiego siano definite unilateralmente dall’amministrazione. Pertanto riteniamo che le modalità di assegnazione dei compensi aggiuntivi previsti per legge solo per la loro istituzione, ma senza quantificazione economica né modalità di distribuzione, debbano essere oggetto di confronto e contrattazione con le OO.SS e le associazioni di categoria più rappresentative dei docenti universitari e dei ricercatori e non possano comunque essere lasciate alla deliberazione unilaterale delle Amministrazioni Universitarie”.
(Fonte: D. Pantaleo FlcCgil 31-03-2011)
 
In aumento le fusioni tra università in Europa PDF Stampa E-mail

Le fusioni universitarie che si stanno verificando negli ultimi anni in tutta Europa sono dovute alla preoccupazione per la competitività economica, la qualità della ricerca e la reputazione internazionale. L'università di Aalto in Finlandia, nata dalla fusione di tre istituzioni, è uno degli atenei più innovativi del paese. Mettendo insieme campi apparentemente molto diversi (arte e design, business e tecnologia), i fondatori sperano di incoraggiare la nuova ricerca e conservare la competitività economica che la Finlandia ha ampiamente conquistato grazie al successo del settore tecnologico.

In Finlandia da 20 atenei si è passati a 15 nel giro di pochi anni, in Danimarca dal 2007 a oggi si è passati da 25 a 11 tra università e istituzioni di ricerca. L'Università di Strasburgo è nata in Francia nel 2009 dalla fusione di tre atenei. Il mese scorso in Galles è stata annunciata l'unificazione di due università - una delle quali, a sua volta, era già il risultato di una fusione avvenuta all'inizio dello scorso anno - per creare una nuova "super-università". Anche in altri paesi, come il Belgio, la Germania e la Svezia, università anche molto diverse tra loro hanno unito le proprie forze o sono state inglobate in un'unica realtà più ampia. In alcuni casi la spinta al cambiamento è avvenuta dal basso verso l'alto, altrove le fusioni sono nate dalle correzioni apportate alla politica nazionale per ottimizzare i finanziamenti e concentrare l'expertise disciplinare.
(Fonte: Traduzione di E. Cersosimo da The Chronicle of Higher Education, gennaio 2011, Universitas 23-03-2011)
 
I fondi europei per la ricerca. Impegnato solo il 20 per cento di sei miliardi PDF Stampa E-mail
L'Unione europea ha messo nella disponibilità del ministero delle Finanze (Tremonti) e operativamente del Miur (Gelmini) 6,2 miliardi da destinare alla ricerca e sviluppo in quattro regioni a reddito basso: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Sono i fondi PON (Programma operativo nazionale) sulla Ricerca e competitività. I luoghi attraverso i quali questi denari sarebbero dovuti essere impegnati sono individuati innanzitutto nelle università, leve, sostiene l'Europa, di buona produttività, presidi di un'economia fondata sulla ricerca. Questa somma, 6,2 miliardi (che sale a 8,6 miliardi se si considerano le tranche gestite direttamente dalle quattro Regioni), è pari al costo annuale dell'intera università italiana ed è quattro volte maggiore dell'assegno messo a disposizione dalla Commissione europea per tutte le altre 16 regioni italiane. Già, il Pil in ricerca e sviluppo dell'Italia meridionale, se questi denari fossero davvero investiti, passerebbe dallo 0,78% attuale all'1,22% superando i valori del Nord. Il problema è che gli impegni di spesa sono partiti con tre anni di ritardo, nel 2009, e le percentuali dei fondi fin qui utilizzate sono davvero basse, residuali. Secondo le stime della società Vision, basate sui dati della Ragioneria di Stato, allo scorso febbraio i fondi impegnati erano stati il 19,88% (1,62 miliardi) e i pagamenti il 10,37% (644,6 milioni). I fondi scadranno tra poco più di un anno.
(Fonte: C. Zunin, La Repubblica 30-03-2011)
 
Come la Spending Review ha tagliato il budget universitario in Gran Bretagna PDF Stampa E-mail
La spending review ha tagliato il budget universitario da £7.1bn a £4.2bn (entro il 2014). I tagli previsti per il 2011-2012 sono intorno ai £680 milioni. L’aumento delle tasse è semplicemente spiegabile: il governo taglia i fondi, ma allo stesso tempo permette alle università di trovarne di nuovi in altre maniere. Come? Dando alle università la possibilità di alzare la decima d’iscrizione. Nei piani di Clegg e Cameron, gli studenti che desiderano ricevere un’istruzione di primo livello riceveranno mutui a tasso agevolato facilitati dall’esecutivo, ripagabili a seconda degli introiti del futuro lavoro dello studente. I laureati inizieranno a ripagare i loro mutui dal momento in cui inizieranno a guadagnare più di £21,000. Il teaching budget, quello tagliato del 40%, è usato per sovvenzionare i corsi universitari. I corsi universitari, oltre a ricevere fondi dal teaching budget, si avvalgono di un addizionale ‘premio per studente’ che va dai £2,641 ai £14,494 per iscritto, a seconda dal corso. Stando a Steve Smith, vicecancelliere della Exeter University e presidente di Universities UK, “l’insegnamento sarà più colpito dai tagli rispetto alla ricerca”. E’ probabile che arts and humanities siano i settori più colpiti dalla scure di Osborne. Si prevede che i tagli al teaching budgets colpiranno di più gli studenti di arts and social science, di modo da proteggere materie considerate “strategically important and vulnerable,” come quelle scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche, matematiche e linguistiche. Per quanto riguarda il nuovo sistema di mutui, esso implica che il governo s’impegna a farsi carico delle spese d’istruzione dei più poveri, prestando loro del denaro ‘sulla fiducia’. Questi, tuttavia, potrebbero arrivare a non ripagare mai il debito contratto. Stando alle ultime stime ufficiali, il 70% rischia di non farcela a restituire il denaro prestato. Una sorta di ‘maxi-obolo’ in più per i taxpayer di Sua Maestà.
(Fonte: P. Perini, Agoravox.it 07-04-2011)
 
Il «Piano di eccellenza per la ricerca» (Research Excellence Framework, REF) del Regno Unito PDF Stampa E-mail
Il Regno Unito si è per lungo tempo avvalso di un insegnamento superiore gratuito coniugato a un sistema di borse di studio. Tra il 1980 e il 2003, l’accesso all’università è più che duplicato, tanto che è riuscito a intercettare il 37 % della popolazione compresa tra i 18 e i 23 anni. Ma le risorse stanziate non sono aumentate in eguale misura. Alla fine degli anni ’90, questo modello fu messo in discussione. Nel 1997, l’offensiva prese la forma di uno «studio sul finanziamento dell’università» che il primo ministro conservatore John Major decise di affidare a Ronald Dearing, che aveva aperto alla privatizzazione industrie aerospaziali e alcuni cantieri navali britannici. Il suo rapporto raccomandava di integrare i fondi pubblici con tasse d’iscrizione fisse, rimborsabili al termine degli studi, pari al 25% del costo medio degli studi superiori (cioè 1.000 sterline l’anno). Un anno dopo, i laburisti, arrivati al numero 10 di Downing street, optarono per un pagamento da effettuarsi alla fine di ogni anno accademico – il che costringerebbe gli universitari a pagare i loro studi prima di iniziare a lavorare – e, dall’altro lato, sostituirono il sistema di borse di studio automatiche con una serie di prestiti agli studenti modulati in base al reddito. Se fu deciso, nel 2004, di reintrodurre le borse di studio per gli universitari più poveri e di rinviare il risarcimento delle spese alla fine degli studi, d’altro canto i laburisti autorizzarono le università a fissare autonomamente l’ammontare delle tasse d’iscrizione fino a un tetto massimo di 3.000 sterline. I laburisti hanno prodotto uno studio che è stato tranquillamente fatto proprio dal primo ministro del governo conservatore David Cameron, nel quadro della sua campagna di riduzione (drastica) della spesa pubblica. Il rapporto Browne – intitolato «Garantire un avvenire durevole per l’insegnamento superiore» – invita a far sì che le singole università possano stabilire autonomamente l’ammontare delle loro tasse d’iscrizione, in un ventaglio compreso tra le 6.000 e le 9.000 sterline. Tale libertà, assicura Browne, stimolerà la competizione, la quale, a sua volta, non farà che migliorare il livello globale dell’insegnamento. Secondo la legge del 2004, il rimborso continuerà a essere esigibile dopo il conseguimento del titolo di studio e in funzione delle risorse disponibili. Ma il tetto massimo dei rimborsi è stato alzato da 15.000 a 21.000 sterline l’anno. Certo, per i redditi inferiori a 21.000 sterline annue gli interessi saranno indicizzati al tasso d’inflazione e per i redditi superiori alle 41.000 sterline è previsto un aumento degli interessi del 3% al di sopra del tasso d’inflazione. Il «piano di eccellenza per la ricerca» (Research Excellence Framework, Ref) decreta che il 25% delle sovvenzioni alla ricerca destinate a un laboratorio o a un dipartimento dipendano da criteri che misurino il suo «impatto». Da intendere nel seguente senso: «i benefici quantificabili che l’economia e la società possono aspettarsi da esso». Tale principio ha suscitato le proteste dei ricercatori. Il piano di eccellenza per la ricerca entrerà in vigore il prossimo anno. L’idea secondo cui l’educazione avrebbe per vocazione quella di servire i bisogni immediati dell’economia giustifica l’attribuzione di priorità ad alcune discipline, come la matematica, le scienze e l’ingegneria. Il governo Cameron, ancora prima che fossero rese pubbliche le sue proposte per l’insegnamento superiore, annunciava, nel quadro del piano di austerità, un taglio del 40% del bilancio delle università. E il ministro Willett ammetteva che i fondi restanti sarebbero stati utilizzati a esclusivo beneficio dell’insegnamento scientifico. Secondo Alan Finlayson, dell’università di Swansea (Galles), si tratterebbe di aiutare il mercato a meglio soddisfare i bisogni delle imprese: «privando i dipartimenti di lettere e di scienze umane dei finanziamenti pubblici, la riforma squilibra il mercato in cui essa sembra riporre fiducia. Tale riforma rimuove in un solo colpo settori interi della conoscenza, in primo luogo quelli che contribuiscono maggiormente alla comprensione collettiva della nostra situazione sociale, economica e politica».
(Fonte: D. Nowell-Smith, informare controinformando 12-04-2011)
 
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