Home 2011 23 Maggio La facoltà di Medicina e Chirurgia e l’accorpamento dei dipartimenti
La facoltà di Medicina e Chirurgia e l’accorpamento dei dipartimenti PDF Stampa E-mail

La facoltà di Medicina ha concluso in questi giorni la fase istruttoria dell'accorpamento tra dipartimenti. Tre le ipotesi in campo, tra cui sceglierà il Senato accademico. Prevedono il passaggio dagli attuali 20 dipartimenti a 4, a 3 oppure a 2. «Un salto qualitativo forte — sottolinea il preside della facoltà Sergio Stefoni —, un ragionevole compromesso tra la rivoluzione totale e lo scarso cambiamento, al quale siamo arrivati presentandoci in maniera uniforme in quanto a numerosità e omogeneità delle strutture». Nei fatti, però, non c'è un'unica proposta. E forse non poteva neppure esserci perché per la facoltà dei camici bianchi l'aggregazione dei dipartimenti universitari è un'operazione epocale in cui vanno tenuti in conto non solo con i rapporti con il servizio sanitario nazionale ma anche il peso dei diversi gruppi di potere (clinici e pre-clinici, chirurghi e internisti solo per fare qualche esempio).

Partiamo dall'inizio. La riorganizzazione dei dipartimenti è suggerita in primis dal rettore Ivano Dionigi e poi resa necessaria dalla riforma Gelmini che proprio ai futuri dipartimenti assegna il potere: decideranno non solo sulla ricerca ma anche sulla didattica, gestiranno posti e finanziamenti. Dopo un lavoro lungo, «durato tre mesi e 10 giorni — calcola il preside —, con una decina di riunioni con i direttori di dipartimento, due conferenze di facoltà, incontri con docenti di I e II fascia e con ricercatori», giovedì mattina Stefoni ha portato le proposte di Medicina, ratificate nell'ultima riunione di facoltà, al rettore. Tre, come detto, le ipotesi: quella a quattro dipartimenti (due di Medicina e chirurgia, uno di Diagnostica e uno di Scienze neuromotorie), votata da otto dipartimenti, quella a tre (due di Medicina e chirurgia e uno di Scienze motorie), votata da quattro strutture, e quella a due (Medicina e chirurgia e Scienze neuromotorie), approvata da due. Ci sono poi sei dipartimenti che non hanno preso una posizione chiara. «I dipartimenti, gli unici titolati a farlo, hanno proposto questo ventaglio ristretto di possibilità — sintetizza Stefoni — e la facoltà ne ha preso atto. Medicina ha specificità sue che la rendono molto particolare, deve preservare la sua identità». Tutto bene quindi? Non pare. Ameno dai rumors e dai movimenti in facoltà. Alcuni docenti di prima fascia stanno facendo girare un documento, indirizzato al Senato accademico e al rettore, in cui si chiedono solo due dipartimenti: Medicina e chirurgia, che avrebbe sede al Sant'Orsola, e Scienze neuromotorie, tra Rizzoli e Bellaria. Fino a ieri il documento era stato firmato da circa 190 persone, tra cui nomi di peso della chirurgia e della medicina interna. Avrebbero firmato anche gran parte dei ginecologi, pediatri e neonatologi cui sarebbe stata negata la possibilità di formare un dipartimento Materno infantile ad hoc. Più forte di questo il partito degli oncologi ed ematologi che confluirebbero in Diagnostica, nell'ipotesi a quattro: un super dipartimento che gode dei finanziamenti della Fondazione Seragnoli e della Fondazione Carisbo per dar vita al futuro Polo oncologico (14 milioni di euro in ballo).

Si sono mossi anche i ricercatori, con un secondo documento firmato da 126, in cui chiedono al massimo tre strutture, le due Medicina e chirurgia, entrambe al Sant'Orsola, e il Neuromotorio. A caldeggiare i due dipartimenti di medicina al Sant'Orsola sarebbe anche il partito dei padri. Ovvero coloro che hanno figli che lavorano al Sant'Orsola. La legge Gelmini, infatti, impedisce che, per le chiamate nei concorsi, nello stesso dipartimento ci siano due persone imparentate fino al quarto grado. Un unico dipartimento provocherebbe quindi un terremoto. La patata bollente passa ora in via Zamboni 33. Saranno il Senato e il Rettore a decidere.
(Fonte: M. Amaduzzi, Il Corriere di Bologna 18-05-2011)