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8 Giugno
Livelli d’istruzione e tassi di occupazione dei giovani PDF Stampa E-mail

La singolare, recente evoluzione dei tassi di occupazione e di disoccupazione per titolo di studio dei 20-24enni emerge chiara dalla Tabella sotto (fonte: EU Labour Force Survey), la quale confronta cinque paesi europei e la complessiva area EU-27. La scelta del 2003 come anno di comparazione è dovuta al fatto che i laureati di quell'anno sono ancora in misura nettamente maggioritaria laureati pre-riforma "3+2", cioè persone provenienti dal vecchio ordinamento didattico universitario. Il 2009 è la disponibilità più recente di dati annuali. Nel 2003, a ciascun livello formativo l’Italia condivide con Spagna e Francia i livelli più bassi di occupazione. Le differenze nei tassi di occupazione si ampliano al crescere dei livelli di istruzione: al livello Isced 5-6 (si veda la nota alla Tabella), 25-30 punti percentuali separano Francia, Spagna, Italia, da Germania e Inghilterra. Il quadro è alquanto diverso nel 2009. Una caduta verticale dei tassi di occupazione dei laureati, rispetto ai livelli 2003 pone l’Italia in posizione del tutto isolata. L’Italia esibisce nel 2009 la speciale caratteristica che i tassi di occupazione diminuiscono rapidamente al crescere dei livelli di istruzione. Circa 50 punti percentuali separano ora, al livello Isced 5-6, l’Italia da Germania e Inghilterra, e 35 punti dalla complessiva area EU-27. La caduta dei tassi di occupazione dei laureati si lega a una forte caduta in Italia dei tassi di attività: dal 63% del 2003 al 35% del 2009. Negli altri paesi si osserva invece una sostanziale stabilità o una crescita della partecipazione. In Italia poi, nel 2009, la disoccupazione dei 20-24enni si situa in posizione intermedia nei più bassi livelli di istruzione e, in decisa controtendenza rispetto agli altri paesi, cresce sensibilmente tra i laureati. Ma elevatissimi tassi di disoccupazione tra i laureati, intorno o superiori al 30%, si registrano anche in anni assai vicini (ad es. nel 2004-2005).

Complessivamente la riforma "3+2" ha rallentato l’ingresso nel mercato del lavoro. Ma si delinea anche un problema di collocazione nel mercato dei laureati di primo livello, un problema molto aperto all’analisi e a interventi di policy. Controlli e valutazioni dei nuovi corsi di laurea estremamente carenti e disegni di facoltà e sedi, tesi troppo spesso alla spartizione di posti piuttosto che alla efficiente creazione di competenze, hanno insieme contribuito a una figura di laureato incerta e dalla difficile collocazione. Una reale valutazione dei nuovi corsi, la semplificazione nella organizzazione dei due livelli di laurea (anche per evitare i tempi morti nel passaggio dall’uno all’altro livello) e concrete misure per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro dei laureati di primo livello dovrebbero essere oggi prioritari obiettivi di policy in questa area. La rimozione di vincoli per l’accesso a una serie di professioni, in particolare nel settore pubblico, rafforzerebbe chiarezza e ruolo delle lauree triennali e favorirebbe una ripresa dei tassi di attività, o almeno ne frenerebbe il declino.
(Fonte: P. Potestio, noiseFromAmerika 21-05-2011)

 

Tassi di occupazione dei 20-24enni per titolo di studio

 

isced 0_2

isced 3_4

isced 5_6

 

2003

2009

2003

2009

2003

2009

Germania

57,2

59,7

62,8

63,4

78,7

76,4

Spagna

66,2

49,2

35,0

39,2

53,9

49,3

Francia

48,7

43,2

52,1

50,7

50,5

57,8

Italia

48,9

45,9

35,4

35,3

53,3

25,0

UK

58,3

57,1

70,3

66,0

80,7

72,3

EU-27

54,9

51,2

50,2

50,6

62,9

60,1

Tassi di disoccupazione dei 20-24enni per titolo di studio

 

isced 0_2

isced 3_4

isced 5_6

 

2003

2009

2003

2009

2003

2009

Germania

17,7

17,2

10,5

9,0

5,2

8,3

Spagna

18,7

40,0

20,0

28,1

15,8

24,4

Francia

27,9

39,7

13,5

19,9

13,2

12,6

Italia

25,5

23,0

24,9

22,1

15,3

29,6

UK

16,7

23,6

6,9

13,4

5,1

14,6

EU-27

20,6

26,4

17,4

15,9

12,0

16,1


Nota alla Tabella
: La classificazione dei livelli formativi della tabella è Isced 97. Il livello 0-2 giunge alla scuola secondaria inferiore; il livello 3-4 copre il variegato mondo dei diplomi; il livello 5-6 è composto dai titoli universitari.
 
In sette anni aumentati del 40% i laureati italiani che lavorano nei paesi OCSE PDF Stampa E-mail

Sono circa 65.000 i giovani italiani che hanno scelto la strada dell’emigrazione soltanto nei primi 10 mesi del 2010. Numeri che fanno impallidire le “orde” di tunisini sbarcati in Italia in 25.000 negli ultimi mesi. E che contribuiscono a disegnare i contorni sempre più nitidi di un Paese senza futuro. A lanciare l’allarme questa volta sono i giovani dell’Ance (l’associazione dei costruttori), con il rapporto presentato nel corso del convegno nazionale “Vado o resto?”, tenutosi a Roma.

Una domanda che si sono posti moltissimi giovani, istruiti e di belle speranze, che al “pantano” italiano hanno preferito un futuro all’estero. Sarebbe aumentato del 40 per cento, tra il 2000 e il 2007, il numero degli italiani laureati che attualmente lavorano nei paesi Ocse. Un “esodo biblico” – secondo il presidente dei giovani dell’Ance, Alfredo Letizia – che non riguarda dunque soltanto i cosiddetti “cervelli”, ovvero ricercatori e scienziati, ma anche un gran numero di “altri” talenti e di giovani che hanno l’ambizione di avviare, magari, una propria attività imprenditoriale.

Oltre la metà degli italiani ritiene che oggi l'unica speranza per i giovani che vogliano fare carriera sia andare all'estero. Una sorta di exit strategy. Un viaggio della speranza, che tradisce un clima difficile e di grande inquietudine nel rapporto tra giovani e mondo del lavoro. Questo è uno degli aspetti che emerge dalla XXIX rilevazione DemosCoop per l'Osservatorio sul Capitale Sociale degli italiani. Il 56% degli intervistati condivide l'idea che per i giovani il lavoro, la carriera e il futuro si trovino in primo luogo fuori Italia. Si tratta di un atteggiamento esteso, in modo particolare tra i diretti interessati. Sono soprattutto i più giovani — e in larga parte gli studenti - a pensarla così. Coloro che hanno meno di 25 anni: nel 76% dei casi. Ma tocca anche il 66% di quanti hanno un'età compresa tra 25 e 34 anni. Rispettivamente 20 e 10 punti percentuali in più della media generale. Gli stessi liberi professionisti, in tre casi su quattro, pensano alla scelta dell'estero come sbocco per la carriera dei giovani.
(Fonte: L. Ceccarini, La Repubblica 23-05-2011; C. Ferro. università.it 25-05-2011)
 
La qualità delle lauree PDF Stampa E-mail

Si dice che l’università deve essere più selettiva: una selezione che si basa sul merito; le aziende, da parte loro, devono evitare di piegarsi su se stesse, limitando spese e investimenti.

Il lavoro stabile sembra sempre più un miraggio e gli stipendi tendono a diminuire. Si diventa più competitivi nella scelta del lavoro quando agli studi compiuti si aggiungono altre caratteristiche e competenze: flessibilità culturale, stages all’estero, conoscenze di una o più lingue straniere.

Al presente, secondo uno studio del Consorzio interuniversitario lombardo, diminuisce il numero di coloro che dopo una laurea riescono a trovare un’occupazione e, quel che è peggio, aumenta la fascia di chi un lavoro addirittura rinuncia a trovarlo. Secondo Assolombarda ciò è colpa della crisi, ma le università devono fare uno sforzo in più.

Meno immatricolazioni nelle università statali, in aumento quelle nelle università private. Tasso di disoccupazione tra i laureati che aumenta il precariato e il lavoro nero che pure cresce.

Il nostro Paese, inoltre, non è appetibile per i cervelli stranieri. La laurea breve non funziona come dovrebbe: la formula “3+2” non ha dato i frutti sperati. E’ quanto è emerso, tra l’altro, a conclusione del convegno internazionale degli ingegneri dello scorso mese di Febbraio sul tema “La formazione dell’ingegnere”, presenti esperti europei e statunitensi. E ciò perché la laurea magistrale, con il biennio di specializzazione, deve riprendere nozioni di base e professionali comprese in malo modo nei tre anni precedenti.

Altri rivelano l’elevato tasso di abbandoni che si registra nelle nostre università, nelle quali il numero dei laureati supera di poco il trenta percento degli studenti che si sono iscritti, con uno spreco di risorse che certamente non possiamo permetterci.

Si tratta di una situazione prodotta da “un’illusione di promozione sociale”: parecchi giovani, con le rispettive famiglie, pensano che il “pezzo di carta” li porterà ad accedere a un posto ben remunerato, in ogni caso con remunerazione maggiore rispetto a un mestiere manuale. Seguono poi la disaffezione e la mancanza d’interesse che portano molti di questi studenti ad abbandonare l’università.

Per contro è stato scritto che ciò non accade per gli studenti, peraltro sempre più numerosi, che s’indirizzano verso università non statali. A questi studenti, e alle loro famiglie, le lauree non si riducono a semplici “pezzi di carta”, ma garantiscono una preparazione effettiva, che permette un più agevole inserimento nel lavoro. Nelle università private si manifesta una concezione meritocratica degli studi, che è in forte contrasto con la concezione assistenziale che domina largamente nel Paese.

Il risultato di quanto evidenziato è che la laurea pezzo di carta non da la certezza del posto fisso e, nella maggioranza dei casi, neppure quella a carattere temporaneo, la cui natura, peraltro, non sempre risponde al tipo di laurea in possesso di chi cerca lavoro. In sostanza esiste un disallineamento tra le competenze richieste dal mercato e quelle maturate dai giovani nei loro percorsi scolastici. Fenomeno, questo, che non accenna a diminuire da decenni e ciò perché molti giovani considerano come cultura quella generalista mentre non considerano tale quella specifica, cioè quella pratica e tecnico-professionale. Esiste poi un pregiudizio negativo nei confronti del lavoro manuale: solo qualche percento dei giovani italiani che hanno superato i 15 anni è convinto di potersi occupare, nel futuro, in un lavoro di questo genere.

Gli italiani dovrebbero accantonare il luogo comune della coincidenza fra laurea e cultura che porta poi a ritenere che chi scansi l’università sia un inadeguato e, in aggiunta, sottovalutare la laurea quale ponte funzionale fra studio e lavoro.

Che fare per superare questa situazione certamente non salutare per il Paese? Siamo contrari alla laurea a tutti i costi, quale che sia. Occorre rafforzare la qualità delle lauree e puntare con forza su un valido orientamento in entrata, la cui assenza porta i giovani a seguire le indicazioni date in merito dai genitori: tra le conseguenze, la tendenza a scegliere lo stesso tipo di laurea dei padri. Qualità delle lauree e orientamento in entrata certamente aiutano i nostri laureati a competere ad armi pari con i migliori laureati dell’economia globale.

La qualità delle lauree richiede “l’affiancamento all’università che ne garantisce il rilascio, di un robusto e autorevole canale terziario”. In sostanza, se un dato percento degli studenti che superano l’esame di maturità s’iscrive all’università, un altro percento dovrà iscriversi a istituti tecnici superiori (Its): è ciò che si verifica in altri paesi europei e non, come la Germania, l’Inghilterra, la Francia.

Da noi gli Its sono ancora agli albori, ma chiediamo al Ministro che se ne faccia carico, e subito, perché le università non sono attrezzate per svolgere una formazione rivolta a una professionalizzazione con minori nozioni teoriche-critiche, perché non necessarie, ma di più immediata spendibilità lavorativa.

Chiediamo ai Rettori una forte e qualificante azione di contenimento dei corsi doppione (3+2), di coordinamento tra diversi atenei delle offerte didattiche, di chiusura delle sedi decentrate, di revisione dei dottorati una volta attuata l’interazione fra atenei. Ciò significa razionalizzare l’offerta didattica e ottimizzare l’utilizzo delle strutture, non dimenticando che l’istituzione sia di master veri, richiesti dalle imprese e praticamente validi, sia di stage possono dare solidità e specificità alla preparazione dei laureati e costituiscono un significativo vantaggio anche in termini occupazionali.

In attuazione della propria autonomia ogni ateneo deve aggiornare in maniera continuata i programmi d’insegnamento delle discipline attinenti all’esercizio della professione, pena l’emarginazione dei laureati liberi professionisti, come, ad esempio studi e progettazioni di fattibilità di project financing, di facility management, di progettazioni di energy technology, di certificazioni di classi energetiche, di sistemi informativi, di progettazione informatizzata, di risparmio energetico, di riqualificazione urbana.

Da ultimo reiteriamo l’invito alla Confindustria affinché partecipi attivamente al processo di riqualificazione degli studi universitari. In più occasioni il vicepresidente di Confindustria per l’education, Gianfelice Rocca, ha fatto interventi sull’università, attribuendo molta importanza al rapporto tra scuola e mondo del lavoro e chiedendo risorse per l’orientamento, citando a modello quello delle scuole tecniche tedesche (Fachschule) che si basa “ sulle esigenze del sistema economico e produttivo ed è in grado di sostenere l’industria medium-tech anche nel lungo periodo con pragmatismo adattativo”. Competitività e meritocrazia sono le basi irrinunciabili per il raggiungimento di questo obiettivo. Noi siamo d’accordo con queste richieste e riteniamo di avere il dovere di portarle a compimento nel superiore interesse del Paese, ma chiediamo che la grande industria collabori attivamente ed efficacemente nella fase di orientamento degli studenti tenuto conto dallo sviluppo industriale del Paese, di cui la Confindustria è attore principale e da cui dipenderanno poi le concrete possibilità occupazionali dei nostri laureati.
(Fonte: A. Liberatore, Rivista dell’USPUR Università/notizie n. 1/2011)
 
Ricercatori stranieri. Intervista ad Alberto Mantovani PDF Stampa E-mail

Mantovani è prorettore dell'Università degli studi di Milano e direttore scientifico dell'Ospedale Humanitas, sede del nuovo corso di laurea internazionale di Medicina e chirurgia, l'International medical school,

Quali sono le leggi che intralciano il vostro lavoro?

Alla Humanitas dirigo un centro di ricerca con 300 studiosi che arrivano da ogni parte del globo: brasiliani, indiani, cinesi, canadesi, statunitensi. Per farli entrare in Italia siamo costretti a raccogliere montagne di autorizzazioni. Scaduto il primo permesso di soggiorno è peggio: rimangono in fila giorno e notte davanti alla Questura come badanti e lavapiatti. Massima stima per questi lavoratori, ma è possibile che non si riesca a trovare una corsia preferenziale per i giovani scienziati stranieri?

Altre richieste?

Non parliamo del caso in cui la moglie voglia raggiungere il marito scienziato. O viceversa. Una tragedia.

Tutta colpa del Governo?

Affatto. Sono tra i pochi ad aver difeso il ministro Gelmini. La sua non è la riforma dei miei sogni, ma introduce elementi di meritocrazia. Però ci sono errori marchiani: se ho un finanziamento da una charity non italiana e ho bisogno di avere un tecnico di laboratorio posso assumerlo solo con i soldi dell'università, non con i miei fondi. È come se si immaginassero dei laboratori in cui lavorano solo scienziati.
(Fonte: Il Solew 24 Ore 24-05-2011)
 
Portale su misura per ricercatori stranieri: Euraxess Italy PDF Stampa E-mail

I ricercatori stranieri che vogliono venire in Italia dispongono, finalmente, di una struttura dedicata. Si tratta di Euraxess Italy (www.euraxess.it), portale per la mobilità dei ricercatori nato a livello europeo, che replica in 37 paesi la stessa struttura di base adattandola alla realtà locale. A promuoverlo sono la Fondazione CRUI, in collaborazione con Area Science Park, che ha curato i contenuti del portale, e l'Università di Camerino. L'obiettivo è di consolidare la presenza italiana nello spazio europeo della ricerca.

«Nel portale — sottolineano C. Franco e I. Pierdomenico, rispettivamente coordinatore e referente per Area del progetto — si sono già registrate oltre 5000 organizzazioni di ricerca, e ben 18mila ricercatori hanno pubblicato il curriculum. Ovviamente, tutti i servizi sono gratuiti». Ed Euraxess aiuta anche i ricercatori a organizzare la vita quotidiana, indicando i visti necessari per il soggiorno, le modalità di locazione degli appartamenti o le facility per i figli.
(Fonte: Il Piccolo 01-06-2011)
 
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