Alle aziende serve il laureato ricercatore-innovatore |
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La ricerca del perché la competitività del sistema-Paese perda terreno è tutt'uno con gli investimenti in ricerca e sviluppo, che vede l'Italia inchiodata all'1,23% del Pil contro i13,72 della Finlandia il 3,7 della Svezia e 112,68 della Germania (dati 2008). Dopo di noi, per restare nei confini dell'Unione europea, ci sono solo le Repubbliche baltiche, la Polonia, Malta e la Romania. Ma non si tratta solo di quattrini. Gli esperti ci ricordano ossessivamente che l'altro parametro spesso misconosciuto è quello dell'efficienza. Pochi soldi spesi bene è un conto. Pochi e non sfruttati al meglio è un lusso che nessuno si può permettere.
Le tare italiane non si esauriscono solo nella scarsità di risorse investite. Ricerca e istruzione vanno a braccetto. E pure qui non brilliamo. Il rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo, l'ha ricordato qualche tempo fa: dal 2000 al 2007 i laureati in Cina sono aumentati da due a sei milioni. Nello stesso periodo, in Italia, sono diminuiti. Da Bruxelles ci rammentano che nel nostro Paese la popolazione con un'istruzione universitaria (11,6%) e quella iscritta a corsi di formazione continua (6,8%) sono inferiori alla media Ue, pari al 22,8% e al 9,8 per cento. Per non parlare dei laureati in Scienze e Ingegneria, che nella patria delle discipline giuridiche e filosofiche registrano numeri decisamente inferiori rispetto a quelli degli altri partner comunitari. La controprova? In Italia ci sono 77 atenei che - come ricordava Profumo - si fregiano di essere «tutte università di ricerca» ma poi scontano il più basso numero di ricercatori a tempo pieno (3,37 per mille lavoratori in Italia contro una media dell'Unione di 5,57). Ovvio che tutto questo si riverberi sulla competitività delle piccole e medie imprese. Spiega Renato Ugo, presidente dell'Airi (Associazione italiana per la ricerca industriale): «Alle aziende serve il ricercatore-innovatore, una figura esperta nello scouting tecnologico, cioè colui in grado di scovare tutte le tecnologie che interessano l'imprenditore per cui lavora. Altra cosa è il ricercatore-scopritore che sta nelle università». (Fonte: M. Maugeri, Il Sole 24 Ore 24-05-2011) |
La terza missione dell'università moderna |
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Negli ultimi venti anni all'Università è stato assegnato un terzo compito, una terza missione, oltre a formazione e ricerca: diffondere fuori dalle proprie mura le conoscenze prodotte per renderle fruibili a fasce sempre più ampie della popolazione e incidere in modo diretto sullo sviluppo della società. Il più delle volte l'aspettativa riguardo questa «terza missione» è stata associata al «trasferimento delle conoscenze» dalle università alle imprese. In questo campo le Università italiane stanno cercando di svolgere un ruolo importante dialogando a tutti i livelli con il sistema imprenditoriale e cercando di portare avanti una crescita comune. Per favorire il progresso della società della conoscenza, tuttavia, la terza missione dell'Università non può limitarsi al trasferimento tecnologico. L'università deve partecipare al dibattito pubblico a tutto campo favorendo con le proprie competenze lo sviluppo culturale dell'intera società. In particolare è un dovere dell'università contribuire a costruire un «sapere scientifico» diffuso nella popolazione e farsi garante come istituzione della correttezza delle scelte tecnico-scientifiche che la società assume. Solo favorendo una maggiore conoscenza dei cittadini sui temi avanzati della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico, potremo ottenere una partecipazione consapevole alle scelte tecniche e scientifiche, anche su temi molto attuali come le emergenze ambientali, che sempre più incideranno sul futuro delle società avanzate. Per concludere, una società fondata sulla conoscenza e sulla produzione di beni immateriali ha bisogno di un’Università aperta e in continua evoluzione, capace di cogliere le esigenze del mondo che cambia. (Fonte: P. Pedrone, Il Mattino 30-05-2011) |
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Il dossier sugli «sprechi» del CNR |
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Era già noto che il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) fosse in rosso. Ma il documento riservato a firma del Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, già inviato per le opportune verifiche alla Procura generale della Corte dei Conti lo scorso 9 marzo, cade ora come un macigno sul presidente del Cnr. Il linguaggio è quello degli ispettori della finanza. L'oggetto sono i soldi pubblici. E il contenuto sembra iscriversi a pieno titolo al capitolo «sprecopoli». La Ragioneria dello Stato ha trovato irregolarità anche sui conti Fondi mai usati, bilanci con oltre diecimila variazioni, «dirigenti pagati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche ma impiegati in altri enti» (Fonte: corriere.it 22-05-2011) |
Il Papa parla di discipline e di università |
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“Il nostro è tempo di grandi e rapide trasformazioni, che si riflettono anche sulla vita universitaria – ha sottolineato il Pontefice -: la cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento, mentre l’accento viene posto sulle discipline dette ‘produttive’, di ambito tecnologico ed economico; si riscontra la tendenza a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso”. Secondo il Papa-teologo, “la cultura contemporanea, poi, tende a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato”. Per Ratzinger, “in questo contesto, le motivazioni e le caratteristiche stesse della istituzione universitaria vengono poste radicalmente in questione”. (Fonte: unimc.it 21-05-2011) |
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