Home 2011 25 Luglio Riflessioni sulla valutazione della ricerca universitaria
Riflessioni sulla valutazione della ricerca universitaria PDF Stampa E-mail

Vi è chi sostiene che l’unico criterio possibile per valutare uno scienziato sia quello della cooptazione. Gli argomenti utilizzati sono principalmente tre: in primo luogo, ci si richiama alla libertà della scienza; in secondo luogo, si segnala, a guisa di esempio, la ritrosia del sistema universitario tedesco ad utilizzare metodi altri rispetto alla cooptazione; in terzo luogo, si afferma l’impossibilità di applicare parametri quantitativi e qualitativi soprattutto nel settore delle scienze sociali, dove l’originalità dell’opera ed il contributo all’avanzamento scientifico può essere frutto esclusivamente del puro peer review. Costoro ritengono che soltanto il giudizio dei pari, senza alcuna limitazione di tipo oggettivo, possa consentire l’ammissione nella ristretta cerchia di questi ultimi.

Se si avesse il privilegio, ancor oggi, di poter operare in seno ad una Universitas, ad una comunità di scienziati, quale quella che Von Humboldt ebbe la fortuna di frequentare tra la fine del Settecento ed i primi decenni dell’Ottocento, non penso che alcuno contesterebbe l’idea per cui il modo migliore per giudicare un ricercatore sia la cooptazione.

Il problema è che l’idea humboldtiana di università, nei fatti, è tramontata da tempo e sopravvive, forse, soltanto in rare e privilegiate enclaves.

Se si prende quale termine di paragone la prima metà del secolo scorso, si potrà verificare che un grande settore disciplinare contava, al tempo, non più di venti-trenta professori ordinari su tutto il territorio nazionale, laddove, oggi, ve ne sono tra i centocinquanta ed i duecento.

L’ampliamento del numero degli atenei e delle sedi e del numero dei professori universitari ha determinato l’ormai dimostrata incapacità della classe accademica di riprodurre sé stessa per il tramite del mero criterio della cooptazione. Anzi, si può tranquillamente affermare che la cooptazione, unita al pessimo uso dell’autonomia universitaria, al meccanismo perverso dei concorsi locali ed al fatto che alla fine nessuno paga per le scelte maldestre compiute nelle selezioni, abbia costituito la causa principale di dissesto dell’università italiana.

Ecco perché, pur restando il peer review il più importante parametro di giudizio scientifico, pare necessario e non più procrastinabile introdurre un sistema di valutazione della ricerca scientifica, in modo da poter effettuare sì il giudizio dei pari, ma passando attraverso una preventiva e condivisa definizione dei parametri qualitativi e quantitativi di valutazione. E legando a tale valutazione effetti e conseguenze tangibili, in modo che le università possano eventualmente continuare a compiere scelte selettive maldestre, ma essendo consce che, in tal caso, ne pagheranno lo scotto.
(Fonte: A. Sandulli, www.irpa.eu/istituto 15-07-2011).
Testo completo: http://www.irpa.eu/istituto/soci/aldo-sandulli/1756/a-sandulli-spunti-di-riflessione-sulla-valutazione-della-ricerca-universitaria/