Home 2011 25 Luglio Piano nazionale della ricerca
Piano nazionale della ricerca PDF Stampa E-mail

Il ministro Gelmini ha presentato il PNR per il triennio 2011-2013. Agli 1,7 miliardi stanziati da qui al 2013 per realizzare i 14 «progetti bandiera» conta di aggiungerne altri 900 milioni tra fondi europei e non, per il finanziamento di due nuovi bandi su distretti e infrastrutture e una "fiche" aggiuntiva di 500 milioni sulla ricerca industriale. Il documento è corposo, corrispondente con gli indirizzi europei, analitico nell’individuazione dei principali difetti del sistema Ricerca Italia (in particolare nell’analisi delle carenze della ricerca privata), adottivo delle politiche innovative impostate dal Governo precedente (sulla valutazione: con la conferma di un’Agenzia di Valutazione per l’Università e la Ricerca - ANVUR); sul rilancio delle grandi infrastrutture di ricerca: con il riferimento ad una roadmap italiana per queste infrastrutture; con l’idea di una programmazione più integrata della progettualità scientifica, mantenendo il fondo unico FIRST). E prospetta una serie di azioni per interventi di natura temporale variabile.

Risalta in particolare l’enorme discrasia tra il principale punto di difficoltà individuato nella stessa analisi del PNR, ossia il significativo sottodimensionamento di dotazione di capitale umano nel settore, e l’assenza di strumenti progettuali e finanziari per recuperare questo deficit. Ricordiamo che l’Italia  ha la più bassa percentuale di ricercatori dell’Unione Europea con la porzione di 3,8 (ogni 1.000 lavoratori) contro la media europea di 6,4 (dato del 2008 con sorgente OECD, Factbook 2010). Ci si sarebbe quindi attesi un qualche serio piano di interventi in questo ambito nel principale strumento di pianificazione. Ma anche le altre azioni (almeno in parte parzialmente condivisibili) non risultano essere sostenute finanziariamente in modo diretto e le quote indicate nel quadro finanziario dei cosiddetti progetti bandiera indicano come fonte di approvvigionamento il fondo ordinario degli EPR (che non ha visto incrementi e che quindi sottrae a questi enti la potenzialità di promuovere in via autonoma le poche risorse su cui possono contare).

Quanto alle risorse da impegnare esse non sono aggiuntive rispetto al passato, ma al meglio (nel fondo degli Enti) sono costanti (mentre l’università ha visto un taglio di un miliardo e mezzo nei tre anni). Comunque anche nel settore “istruzione” gli ultimi anni hanno visto un decremento significativo di risorse per cui la percentuale della spesa pubblica è nel 2010 al 4,2% del PIL; ma il recente Documento di Economia e Finanza (approvato dal CdM il 13 aprile 2011) prevede una sua ulteriore riduzione al 3,7% nel 2015, al 3,5% nel 2020 e così progressivamente sino a giungere nel 2040 al 3,2%.
(Fonte: R. Falcone, www.scienzainrete.it 05-07-2011)