Home 2011 25 Luglio
25 Luglio
Per un ateneo in romagna PDF Stampa E-mail
Da anni personalmente sostengo la necessità di realizzare un ateneo autonomo romagnolo e ritengo che questa sia solo l'ennesima prova di come questa necessità sia reale ed urgente. Le sedi distaccate romagnole dell'università di Bologna hanno in questi anni dimostrato di saper camminare con le proprie gambe, di avere successo e popolarità tra gli studenti e di avere le carte in regola per essere finalmente indipendenti dall'ateneo emiliano. Vorrei far notare infine per l'ennesima volta l'asimmetria che regna nella nostra regione dove in Emilia risiedono ben 4 università, mentre in Romagna abbiamo sono solo sedi distaccate di Bologna, senza nessuna capacità decisionale propria. Chiudo con un cenno storico ricordando che Cesena fu già sede di una importantissima ed antichissima università fatta chiudere da Napoleone Bonaparte per sfregio al Papa.
(Fonte: F. Angeli, www.romagnaoggi.it 16-07-2011)
 
Nuove misure per la competitività degli atenei in Gran Bretagna PDF Stampa E-mail

Dopo aver portato le tasse annuali a 9.000 sterline, il governo inglese ha presentato le scorse settimane un White Paper (libro bianco) contenente un pacchetto di riforme per rendere il sistema universitario inglese più competitivo e di qualità. Tante le proposte. La più interessante prevede l’eliminazione della soglia massima di studenti meritevoli (livello A – grado AAB o superiore) che le università possono accogliere. Fino ad ora i posti finanziati dal governo per studenti meritevoli erano fissi e le università che eccedevano il numero venivano multate. Dal prossimo anno la soglia verrà eliminata. Spazio, quindi, alla concorrenza tra università per accaparrarsi i 65.000 posti messi a disposizione dallo Stato. A questi, il governo ne ha aggiunti 20.000 che saranno assegnati alle università capaci di offrire un’istruzione di qualità con una retta annua inferiore alle 7.500 sterline.

La riforma sposta decisamente l’asse sulla domanda. Uno dei punti del “libro bianco” prevede che tutte le università rendano pubblici dati oggettivi sul grado di soddisfazione degli studenti, le reali prospettive professionali future (guadagno compreso), nonché le competenze e le qualifiche del personale docente.

Tutte queste misure costringerebbero i college inglesi a fornire standard più alti per accaparrarsi quei 350.000 nuovi studenti che il ministro inglese ha stimato inizieranno i corsi nell’autunno 2012. Ma non finisce qui. Novità sono state introdotte anche nella didattica: i corsi che non riusciranno ad attirare un numero sufficiente di studenti potrebbero chiudere. Inoltre, più potere verrà dato all’Offa, l’Ufficio per il diritto allo studio che si preoccupa di assicurare l’accesso a università prestigiose anche agli studenti più poveri. (Fonte: università.it 10-07-2011)
 
Il libro bianco del Governo inglese sull'università PDF Stampa E-mail
L'ultimo Libro Bianco del Governo inglese sull'università (presentato a Londra il 28 giugno scorso) continua una tradizione da cui dovremo prima o poi imparare qualcosa. Tre aspetti meritano di essere sottolineati, perché riguardano anche noi e sempre più diventeranno importanti in futuro. Anzitutto, l'esigenza di migliorare l'efficienza del sistema dipende dalla dimensione dei tagli dei finanziamenti pubblici: dovendo chiedere agli studenti di coprire una quota maggiore del costo della loro educazione, bisogna anche garantire che ci siano più qualità e minori costi. In secondo luogo, e in parte per questo motivo, il Libro Bianco sottolinea che l'enfasi non può essere posta solo sulla qualità della ricerca scientifica, che da sempre qualifica l'università rispetto al resto del sistema educativo. Ma bisogna avere incentivi e verifiche anche nei confronti della qualità dell'insegnamento, e anche per questo aspetto deve essere più importante che in passato il ruolo attribuito ai giudizi degli studenti (nel Libro Bianco si fa menzione del ricorso alle tecniche di valutazione delle associazioni dei consumatori). Infine, e questo è il vero succo dell'intero pensiero del Governo inglese, lo strumento principale con cui si pensa di ottenere tutto ciò è uno solo, e molto semplice: la concorrenza. Oltre alla concorrenza già esistente tra le diverse sedi, la proposta del nuovo Libro Bianco è quella di aumentare la contendibilità dell'educazione superiore e si arriva a una proposta che per il nostro Paese avrebbe dell'incredibile: prevedere un pool di posti-studenti cui le diverse università, possano competere in modo tale che vi sia la ragionevole certezza che la crescita dimensionale caratterizzi soltanto le università che se lo meritano.
(Fonte: G. Vaciago, Il Sole 24 Ore 08-07-2011)
 
I college americani e l’istruzione di massa PDF Stampa E-mail

It’s clear who made the right decision. The educated American masses helped create the American century, as the economists Claudia Goldin and Lawrence Katz have written. The new ranks of high school graduates made factories more efficient and new industries possible.

Today, we are having an updated version of the same debate. Television, newspapers and blogs are filled with the case against college for the masses: It saddles students with debt; it does not guarantee a good job; it isn’t necessary for many jobs. Not everybody, the skeptics say, should go to college.

The argument has the lure of counterintuition and does have grains of truth. Too many teenagers aren’t ready to do college-level work. Ultimately, though, the case against mass education is no better than it was a century ago.

The evidence is overwhelming that college is a better investment for most graduates than in the past. A new study even shows that a bachelor’s degree pays off for jobs that don’t require one: secretaries, plumbers and cashiers. And, beyond money, education seems to make people happier and healthier.

“Sending more young Americans to college is not a panacea,” says David Autor, an M.I.T. economist who studies the labor market. “Not sending them to college would be a disaster.”

The most unfortunate part of the case against college is that it encourages children, parents and schools to aim low. For those families on the fence — often deciding whether a student will be the first to attend — the skepticism becomes one more reason to stop at high school. Only about 33 percent of young adults get a four-year degree today, while another 10 percent receive a two-year degree.

So it’s important to dissect the anti-college argument, piece by piece. It obviously starts with money. Tuition numbers can be eye-popping, and student debt has increased significantly. But there are two main reasons college costs aren’t usually a problem for those who graduate.

First, many colleges are not very expensive, once financial aid is taken into account. Average net tuition and fees at public four-year colleges this past year were only about $2,000 (though Congress may soon cut federal financial aid).

Second, the returns from a degree have soared. Three decades ago, full-time workers with a bachelor’s degree made 40 percent more than those with only a high-school diploma. Last year, the gap reached 83 percent. College graduates, though hardly immune from the downturn, are also far less likely to be unemployed than non-graduates.

Skeptics like to point out that the income gap isn’t rising as fast as it once was, especially for college graduates who don’t get an advanced degree. But the gap remains enormous — and bigger than ever. Skipping college because the pace of gains has slowed is akin to skipping your heart medications because the pace of medical improvement isn’t what it used to be.

The Hamilton Project, a research group in Washington, has just finished a comparison of college with other investments. It found that college tuition in recent decades has delivered an inflation-adjusted annual return of more than 15 percent. For stocks, the historical return is 7 percent. For real estate, it’s less than 1 percent.

Another study being released this weekend — by Anthony Carnevale and Stephen J. Rose of Georgetown — breaks down the college premium by occupations and shows that college has big benefits even in many fields where a degree is not crucial.

Construction workers, police officers, plumbers, retail salespeople and secretaries, among others, make significantly more with a degree than without one. Why? Education helps people do higher-skilled work, get jobs with better-paying companies or open their own businesses.

This follows the pattern of the early 20th century, when blue- and white-collar workers alike benefited from having a high-school diploma.

When confronted with such data, skeptics sometimes reply that colleges are mostly a way station for smart people. But that’s not right either. Various natural experiments — like teenagers’ proximity to a campus, which affects whether they enroll — have shown that people do acquire skills in college.

Even a much-quoted recent study casting doubt on college education, by an N.Y.U. sociologist and two other researchers, was not so simple. It found that only 55 percent of freshmen and sophomores made statistically significant progress on an academic test. But the margin of error was large enough that many more may have made progress. Either way, the general skills that colleges teach, like discipline and persistence, may be more important than academics anyway.

None of this means colleges are perfect. Many have abysmal graduation rates. Yet the answer is to improve colleges, not abandon them. Given how much the economy changes, why would a high-school diploma forever satisfy most citizens’ educational needs?

Or think about it this way: People tend to be clear-eyed about this debate in their own lives. For instance, when researchers asked low-income teenagers how much more college graduates made than non-graduates, the teenagers made excellent estimates. And in a national survey, 94 percent of parents said they expected their child to go to college.

Then there are the skeptics themselves, the professors, journalists and others who say college is overrated. They, of course, have degrees and often spend tens of thousands of dollars sending their children to expensive colleges.

I don’t doubt that the skeptics are well meaning. But, in the end, their case against college is an elitist one — for me and not for thee. And that’s rarely good advice.

(Fonte: D. Leonhardt,  NYT http://www.nytimes.com/2011/06/26/sunday-review/26leonhardt.html?_r=1)
 
Le università più “cool” degli Stati Uniti PDF Stampa E-mail

La lista delle università più "cool" degli Stati Uniti d’America comprende non le migliori né le più famose, piuttosto quelle più alla moda, quelle che fanno notizia, le più ambite dagli studenti a stelle e strisce e che registrano ogni anno impennate significative nel numero dei nuovi iscritti. Com'è ovvio, anche istituti tradizionalmente gettonati compaiono nella particolare classifica. È il caso di Yale, con 27mila nuovi iscritti, e della Columbia University che, rispetto all'anno precedente, ha ottenuto il 32% di iscrizioni in più. A influenzare la scelta delle neomatricole, per la Columbia, è l'insieme dei benefit che una città come New York può offrire insieme al blasone dell'ateneo. Anche college più periferici, però, ottengono il clamore della ribalta. Il Macalester di Saint Paul, nel Minnesota, è una piccola scuola di tradizione umanistica ma, grazie al passaparola di studenti soddisfatti dalla formazione e dalla qualità della vita nel campus, la "Princeton Review", già nel 2007, l'aveva messa al primo posto nello stile di vita universitario.

Altra scuola di arti liberali di successo, stavolta sperduta nei boschi del Nordest americano, è il Colby College di Waterville, nel Maine. Fra le più economiche degli interi Stati Uniti, sta guadagnando prestigio e iscritti, tanto da essere stata promossa dal settimanale "Newsweek" a "nuova università dell'Ivy League". Ad attrarre i neodiplomati sono moltissimi fattori. Si vocifera che a fare la fortuna del Trinity College di Hartford, Connecticut, sia la bellezza delle proprie studentesse. La fama portata dai dibattiti durante la campagna elettorale presidenziale del 2008 sta facendo la fortuna invece della Washington University di St. Louis, classificata al top per la qualità delle residenze universitarie, mentre il piccolo Case Western Reserve University di Cleveland, in Ohio, sta guadagnando fama per i suoi corsi di ingegneria e biomedicina supportati da una rete proprietaria a fibra ottica disponibile in tutto il campus.

La Pepperdine University, insieme di campus californiani con sede centrale a Malibu, è famosa, oltre che per l'orientamento evangelico del corpo docente, per la bellezza dei panorami. Con aule sparse sulla costa californiana, da Los Angeles all'Orange County, non c'è da dubitarne. Com'è tradizione, anche lo sport gioca un fattore determinante nella scelta degli studenti. È il caso del Bodwin College, sede dei docenti votati come i più intelligenti d'America, le cui squadre sportive hanno spadroneggiato nei campionati studenteschi, secondi per popolarità solamente ai professionisti di Nba, Nfl e Mlb.
(Fonte: TMNews 01-07-2011)
 
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