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7 Ottobre
Finanziamenti. La parte “premiale” della ripartizione del FFO PDF Stampa E-mail
Il fatto che solo in autunno (e l’anno scorso proprio a fine anno) si giunga ad una decisione operativa su questa materia – cioè la determinazione dell’esatto ammontare dell’FFO per ciascun Ateneo, relativamente all’anno solare/finanziario in corso – è indice del profondo trambusto che accompagna questa fase storica di riforme del sistema. Vogliamo concentrarci, come al solito, sulla parte c.d. “premiale” della ripartizione, e sugli aspetti connessi. Si sta parlando appunto del fondo relativo alle «Misure per la qualità del sistema universitario» nonché del nuovo disposto della legge di riforma rubricato «Interventi perequativi per le università statali», in base al quale «a decorrere dal 2011, allo scopo di accelerare il processo di riequilibrio delle università statali e tenuto conto della primaria esigenza di assicurare la copertura delle spese fisse di personale di ruolo entro i limiti della normativa vigente, una quota pari almeno all’1,5% del fondo di finanziamento ordinario e delle eventuali assegnazioni destinate al funzionamento del sistema universitario destinata ad essere ripartita tra le università che, sulla base delle differenze percentuali del valore del fondo di finanziamento ordinario consolidato del 2010, presentino una situazione di sottofinanziamento superiore al 5% rispetto al modello per la ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario elaborato dai competenti organismi di valutazione del sistema universitario. […]» la proposta in merito al fondo “premiale”, che quest’anno è stato portato a 832 milioni €, pari al 12% dell’intero FFO (che risulta peraltro in diminuzione del 3,3% rispetto al 2010), ricalca quella dello scorso anno, perfino con le medesime “omissioni” (i.e. la parte su “la qualità, l’efficacia e l’efficienza delle sedi didattiche”, teoricamente prevista dalla legge) e “sospensioni” di indicatori o di coefficienti di indicatori (A3, A4 e KR), mentre gli indicatori attivi sono sempre quelli, che avevamo commentato l’anno scorso: il bislacco e incomprensibile A1 sulla “qualità” dei processi formativi, il rozzo e “produttivistico” A2 sui risultati formativi, i “fuori fuoco” e poco affidabili B1, B2 e B4 sulla “qualità” della ricerca, e lo stagionato e “carente” B3 sui risultati della ricerca. E’ stata proposta solo una modifica ai “pesi”, con la riduzione di B3 dal 30% al 20% della parte sulla ricerca, e la conseguente rimodulazione di B1 da 0,35% a 0,40% e B4 da 0,20% a 0,25% (oltre che aggiornare la base di dati degli indicatori, e.g. per il B1 usando i PRIN 2006-2009 anziché 2005-2008, per il B2 considerando anche gli esiti del FIRB-giovani del 2010 oltre a quello del 2008). Infine, il limite massimo di perdita rispetto all’analoga quota “storica”, per ciascuna Università, è stato portato al 5,75%, il che ancora una volta agirà da sostanzioso calmiere rispetto alle meccaniche determinazioni dei parametri.
(Fonte: Renzino L’Europeo, cronaca.anvur.it 04-10-2011)
 
Immatricolazioni. Libera scelta della sede per gli studenti migliori nei test PDF Stampa E-mail

La facoltà di medicina sembra essere quella che garantisce migliori opportunità di occupazione ai giovani italiani. Merito della scelta di introdurre il numero chiuso. Ma non per questo il meccanismo del test d’ingresso garantisce che siano i candidati più brillanti ad accedere alla facoltà. Perché le graduatorie sono valide per i singoli atenei. Basterebbe una graduatoria nazionale, con la possibilità per gli studenti più meritevoli di scegliere la sede che preferiscono. La bassa crescita del paese dipende, infatti, anche da una cattiva allocazione dei talenti. Il test viene già oggi fatto nello stesso giorno in tutti gli atenei e i risultati sono a disposizione del MIUR. Basterebbe pubblicare una graduatoria dei primi settemilacinquecento studenti. Dopodiché basterebbe obbligare i migliori 7500 studenti a scegliere la sede in cui immatricolarsi entro qualche giorno dalla pubblicazione. I posti andrebbero via via riempiendosi nei diversi atenei e saremmo certi di un’allocazione alla facoltà di medicina puramente competitiva. La scelta della sede sarebbe comunque una libera scelta dell’individuo. Se il miglior studente non vuole trasferirsi a Milano (una delle facoltà più prestigiose) per motivi personali, avrà comunque la possibilità di scegliere qualunque altro ateneo.
(Fonte: P. Garibaldi, lavoce.info 02-09-2011)

 
Università in concorrenza PDF Stampa E-mail
I riformatori hanno affrontato soprattutto i problemi della gestione, del finanziamento pubblico, dei concorsi universitari. Ma nessun ministro si è ispirato al principio secondo cui le università sono tanto più brillanti, efficaci e produttive di nuovi talenti quanto più sono in concorrenza tra di loro. Per raggiungere questo risultato occorrerebbe anzitutto abolire il valore legale dei titoli di studio. Sino a quando tutte le università della penisola potranno rilasciare lo stesso «pezzo di carta» e i loro studenti potranno continuare a fregiarsi dello stesso titolo, quelle mediocri non saranno sollecitate a migliorare e quelle buone non raccoglieranno, se non parzialmente, i frutti del loro lavoro. In un grande Paese deve esservi spazio anche per le università di medio livello da cui possano uscire i quadri intermedi di ogni attività tecnica, amministrativa o professionale. Ma di questo passo e con questi metodi l'Italia rischia di avere soltanto quelle. Non basta. Niente giova alla reputazione di un’università quanto il rigore degli studi. Occorre evitare che gli esami possano essere ripetuti indefinitamente e ridurre il numero dei fuori corso. E occorrono infine pubbliche graduatorie in cui le università siano classificate secondo la qualità degli studi, l’autorità degli insegnanti e il successo nella vita di coloro che le hanno frequentate. Aggiungo che quando questo accadrà, aumenterà il numero degli studenti stranieri in Italia, oggi particolarmente basso. Un Paese moderno, nell'era della globalizzazione, non può ridursi a esportare cervelli. Deve anche importarli.
(Fonte: S. Romano, Corsera 03-09-2011)
 
CNSU: approvato statuto dei diritti degli studenti PDF Stampa E-mail
Il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) ha approvato il 08-09-11 la mozione presentata dal gruppo UdU – Run sulla Carta dei Diritti degli Studenti. La Carta prevede, tra le altre cose, il riconoscimento dello status di studente-lavoratore, l’assicurazione totale durante il periodo dei tirocini, l’obbligatorietà da parte dell’Università di mettere a disposizione un Garante degli Studenti per vigilare sul reale operato dei docenti; inoltre è previsto un numero minimo di sette appelli l’anno e non sarà più possibile per chi valuta consultare il libretto prima della fine dell’esame.
(Fonte: UdU 08-09-2011)
 
Rapporto OCSE sull’istruzione PDF Stampa E-mail
L’Italia ha riservato alla scuola il 4,8% del Pil, mentre in media i paesi Ocse le hanno garantito il 6,1%. Meno dell'Italia hanno investito solo la Slovacchia (4%) e la Repubblica Ceca (4.5%). Germania e Ungheria hanno riservato alla scuola la stessa quota dell'Italia. Per quanto riguarda l'investimento per studente universitario dal 2000 al 2008 in Italia è aumentato dell’8% contro il 14% media Ocse. La spesa per studente passa dagli 8.200 dollari della scuola dell'infanzia ai 9.600 dell'università. La media Ocse oscilla invece dai 6.200 dell'infanzia ai 13.700 dell'università. Sono ancora pochi in Italia i giovani che si diplomano alla scuola superiore. Rappresentano circa il 70,3% del totale della popolazione tra i 25-34 anni, contro una media Ocse dell'81,5%. Tuttavia, la percentuale di diplomati in Italia è andata aumentando. I giovani che hanno finito la scuola superiore sono stati almeno il 30% in più rispetto ai loro genitori (popolazione tra i 55 e i 64 anni).
(Fonte: lettera43.it 13-09-2011)
 
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