Home 2012 10 Gennaio RICERCA. LA VALUTAZIONE IN CAMPO GIURIDICO
RICERCA. LA VALUTAZIONE IN CAMPO GIURIDICO PDF Stampa E-mail
La nota riporta alcune riflessioni sulla (in)applicabilità alla ricerca in campo giuridico dei principali criteri di valutazione adottati nel mondo delle “scienze dure”, muovendo dagli indici più spesso utilizzati per giudicare la bontà di un contributo: numero delle citazioni, sede di pubblicazione, rilevanza interna o internazionale. Con il dichiarato intento di porre in luce alcune innegabili specificità, che andrebbero considerate con attenzione prima di sospettare gli studiosi del diritto di resistenza al cambiamento.
1. Le citazioni in campo giuridico: modi, significati e regole non scritte. La citazione, in campo giuridico, serve anzitutto a dimostrare la quantità delle letture fatte, più che la qualità degli autori citati.
2. Impact factor? L’impatto delle ricerche in campo giuridico spesso si spinge fuori dai confini del mondo accademico, o almeno ciò è quello che gli studiosi auspicano. Accade non di rado che le opinioni della dottrina siano alla base di rilevanti svolte nel mondo del diritto. Questo impact factor non è in alcun modo misurabile, a meno di non chiedere alla magistratura, all’avvocatura e al parlamento di dar conto di quando seguono o non seguono le ricostruzioni dei giuristi.
3. Gerarchia fra le riviste. La pubblicazione di un lavoro in una data rivista piuttosto che in un’altra non conta granché, al momento, nel mondo del diritto: moltissime, in ambito giuridico, sono le riviste considerate di qualità, ed è molto difficile individuare fra loro precise gerarchie. Se in futuro le riviste verranno classificate (e si sta tentando di farlo), si innescheranno probabilmente dei circoli virtuosi.
4. Confini nazionali. Altro profilo che differenzia la maggior parte dei giuristi dagli studiosi di altri settori è la rilevanza prevalentemente nazionale dei loro scritti. Questo vale soprattutto per le discipline di diritto positivo interno (che sono la più parte). Contributi fondamentali, che hanno avuto un impatto decisivo nel nostro ordinamento, non vengono pubblicati all’estero: nessuno sarebbe interessato a questioni che, altrove, sono regolate in modo differente; nessuno, spesso, sarebbe nemmeno in grado di capirle. I contributi che vengono richiesti da riviste straniere sono spesso di natura meramente “informativa”: si incarica lo studioso italiano di spiegare ai lettori stranieri come funziona, sul nostro territorio, un certo istituto.
5. Possibili indici di qualità di uno scritto in campo giuridico. Il problema di stabilire obiettivi indicatori di qualità di una pubblicazione giuridica e di tradurre in cifre il suo valore si sta già ponendo in modo impellente. Il primo e più importante fra questi indici è senza dubbio la tipologia del contributo. Non conta tanto – almeno per il momento – la sede in cui un lavoro è stato pubblicato (quale rivista, quale editore, quale nazione), ma il tipo di pubblicazione prodotta. In futuro, a fronte di graduatorie approvate dalla comunità di riferimento, potrebbe pesare la rivista (o l’editore) di destinazione, così come la presenza di revisori anonimi. (Fonte: S. Carnevale, http://www.roars.it/online/?p=2881 29-12-2011)
Un commento. Ringrazio l’autrice per aver stimolato il necessario confronto sulle molte specificità della ricerca e della relativa valutazione in campo giuridico. Condivido le perplessità sull’utilizzo del criterio delle citazioni, dato il modo in cui normalmente e per lunga tradizione tali citazioni sono fatte negli studi giuridici. L’ipotesi di cambiare il modo di fare le citazioni, ad esempio selezionando i contributi ritenuti da ciascun autore rilevanti nell’ottica ed ai fini della propria ricerca ed abbandonando le citazioni tese a dare il quadro completo degli studi su un dato argomento non è di per sé da scartare, anzi. Però mi pare che dovrebbe essere una decisione dello studioso mossa da ragioni autonome (ad es. stilistiche, di gusto personale, etc.) da quelle che saranno le scelte del legislatore sulla valutazione. Il problema più generale che forse andrebbe posto è: riuscirà la scienza a conservare propri criteri di valutazione indipendenti dalle scelte legislative? E’ giusto discutere di tali scelte e se possibile influenzarle, ma forse una comunità scientifica dovrebbe in quanto tale comunque avere propri criteri di valutazione sulla bontà o meno di un “prodotto scientifico”, anche se non rilevanti per distribuire fondi o passare concorsi. Forse si dovrebbe ripartire da lì, dal chiedersi se tali criteri esistono e quali sono.
(Fonte: S. D'Antonio 02-01-2012)