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10 Gennaio
IL PRESIDENTE DEL CDM MONTI: RISPARMI PER INTERVENIRE SU UNIVERSITA’ E RICERCA AI FINI DELLO SVILUPPO PDF Stampa E-mail
“Attraverso un approfondito esame della spesa pubblica, a partire da quella delle amministrazioni centrali dello Stato, si conseguiranno cospicui risparmi che consentiranno al Governo di intervenire nei settori delle infrastrutture, dell'università e della ricerca, nonché della coesione nazionale e dell'ambiente intraprendendo azioni volte conseguire l'obiettivo dello sviluppo”.
(Fonte: discorso del presidente del CdM al Senato 23-12-2011)
 
TOP TEN DELLE SCOPERTE SCIENTIFICHE DELL'ANNO 2011 PDF Stampa E-mail
Nella top ten delle scoperte scientifiche dell'anno, secondo la rivista Science, c’è spazio per i meteoriti piombati sulla Terra (finalmente se ne conosce l’origine), per i microbiomi intestinali (con i tre diversi enterotipi riconosciuti) e per il puzzle genetico dell’uomo moderno. Ma soprattutto per la lotta all' Hiv, grazie alla dimostrazione dell'efficacia della terapia antiretrovirale (Arv) anche come prevenzione, capace cioè di diminuire la diffusione del virus. Ecco la classifica completa delle scoperte scientifiche dell’anno viste da Science: 1) Hiv: la terapia è prevenzione. 2) Le meteoriti arrivano dagli asteroidi. 3) Il puzzle genetico della specie umana. 4) La struttura del fotosistema II. 5) L’Universo primordiale. 6) Di che enterotipo batterico sei? 7) Il vaccino contro la malaria. 8) Sistemi solari alieni. 9) I cristalli vuoti. 10) Come ottenere l’elisir di lunga vita? Eliminando le cellule vecchie.
I dettagli sulle 10 scoperte.
 
RIFORMA. I NUOVI DIPARTIMENTI PDF Stampa E-mail
Per i nuovi dipartimenti e i loro compiti (Legge 240/2010 di riforma del sistema universitario), si rileva innanzitutto che l’attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento delle attività didattiche, se letta alla luce dell’appello alla semplificazione, che ne costituisce la premessa, configurerebbe a rigor di logica la simultanea scomparsa non soltanto delle Facoltà, ma anche dei Consigli di Corso di Studi. Ma se l’eliminazione delle Facoltà si inferisce abbastanza facilmente proprio dalla loro surrettizia reintroduzione sotto forma di “strutture di raccordo”, quella dei Consigli di Corso di Studi non si può dedurre dal testo, e anzi il loro mantenimento è legittimato dalla mancata abrogazione dell’articolo del DPR 382/1980 che consentiva la loro istituzione. Facile prevedere che organi dai compiti largamente sovrapposti a quelli ipotizzati dalla legge per i futuri Consigli di Dipartimento si affiancheranno agli stessi dando luogo a permanenti replicazioni di momenti deliberativi (se non addirittura a conflitti di competenze) con il consueto esito del rallentamento delle procedure e dello scarico di responsabilità.
La seconda incongruenza riguarda la mancata esplicitazione del concetto di omogeneità dei settori scientifico-disciplinari, che dovrebbe stare alla base della formazione dei dipartimenti. In effetti si potrebbe cercare di interpretare a tal fine la lettera b) del comma 1 dell’articolo 5, laddove si parla del sistema di valutazione periodica dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca dalle università “e dalle loro articolazioni interne”, così come pure la lettera e) del comma 1 dell’articolo 18, e la lettera d) del comma 2 dell’articolo 24, che attribuiscono al Consiglio di Dipartimento (in composizione opportunamente ristretta) il compito di deliberare in merito alle chiamate di professori e ricercatori. In quest’ottica, sempre a rigor di logica, si dovrebbe supporre che l’omogeneità dei dipartimenti dovesse essere di natura eminentemente scientifica, e quindi riconducibile in ultima analisi alla classificazione dei settori scientifico-disciplinari e dei settori concorsuali secondo le cosiddette “aree CUN” e le loro sottoaree o macrosettori, non immaginandosi come possano risultare scientificamente omogenei, se non a prezzo di capriole interpretative, settori appartenenti ad aree diverse, ancorché contigue, se non in pochi casi assolutamente eccezionali relativi a discipline di frontiera (quali la geofisica o la storia della scienza, per intenderci).
Quanto alle strutture di raccordo, mentre nel disegno di legge esse nascevano come organi snelli e funzionali ai propri dichiarati obiettivi, un malinteso desiderio di ampia rappresentatività ne ha fatto, nella versione definitiva, dei farraginosi mostri burocratici di fronte ai quali la più naturale delle tentazioni è quella di evitarne accuratamente la costituzione, con l’effetto di scaricare sul Consiglio d’Amministrazione, laddove i dipartimenti si costituiscano (come dovrebbero) sulla base dell’omogeneità scientifica, lo sgradito compito di predisporre e imporre le mediazioni necessarie affinché non prevalga, nella determinazione dei compiti didattici, la tendenza a favorire i corsi di studio “interni” al dipartimento rispetto a quelli “esterni” ma altrettanto bisognosi dei servizi didattici di cui il dipartimento è disciplinarmente competente. Testo integrale dell’articolo
(Fonte: P. Rossi, www.roars.it 19-12-2011)
 
RIFORMA. IN ARRIVO IL DECRETO SUI FONDI STANDARD PER STUDENTE PDF Stampa E-mail
«Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo firmerà a breve il decreto attuativo della riforma universitaria sui costi standard per studente, fortemente voluti dal Carroccio». L'annuncio è del senatore Mario Pittoni, capogruppo della Lega Nord in commissione Istruzione del Senato, che nei giorni scorsi ha ottenuto precise rassicurazioni dal nuovo titolare di via Trastevere. «Il provvedimento – ha spiegato il parlamentare - è in attuazione dell'articolo 5 comma 4  lettera f della riforma degli atenei approvata quando eravamo al governo, che fa riferimento all'introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, a cui è collegata l'attribuzione di una percentuale della parte del Fondo ordinario che non rientra nella quota premiale di cui alla legge 1/2009». Operazione ispirata al meccanismo del Federalismo fiscale. Con i tagli conseguenti alla pesante crisi economica, stanno venendo a mancare cifre considerevoli al sistema universitario. «Questo - ha ribadito Pittoni - mette a rischio la sopravvivenza anche dei più efficienti atenei del Nord. A salvare le università padane ci sta però pensando la loro "virtuosità", che consente di recuperare risorse aggiuntive grazie ai meccanismi premiali che abbiamo inserito nella riforma. E siamo solo a metà dell'opera. L'obiettivo è di riportare il segno più nei finanziamenti. La riforma, infatti, non è ancora a regime. Grazie a un articolo, per approvare il quale abbiamo a suo tempo messo in campo tutta la forza del nostro movimento, la quota premiale (ora al 12%) è destinata a crescere ogni anno tra lo 0,5 e il 2% del fondo. Puntiamo ad arrivare ad almeno un terzo delle risorse assegnato su criteri di merito, come nei Paesi più avanzati. Inoltre, come detto, è in arrivo il costo standard per studente, che dovrebbe chiudere una volta per tutte il vergognoso periodo della spesa "storica" per cui chi più ha speso in passato più ha continuato a prendere». Per individuare il fabbisogno standard si farà riferimento a tre voci: costo della didattica, in termini di dotazione di personale docente e ricercatore destinato alla formazione dello studente; costo dei servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo; costo relativo alla dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari. Da definire solo la quota di fondo ordinario da assegnare all'operazione.
(Fonte: La Padania 04-01-2012)
 
RICERCA. SOSTENERE ANCHE GLI STUDI CULTURALI E LE RICERCHE FONDAMENTALI E DI BASE PDF Stampa E-mail
E’ poco comprensibile che nei Programmi di ricerca d’interesse nazionale (PRIN) o nel Firb “Futuro in Ricerca” destinato ai giovani, il tema dei nostri beni culturali – nel senso più ampio del termine – non solo non appaia esplicitamente, ma sia persino disincentivato. Infatti, i bandi Prin e Firb, al momento, richiedono che le ricerche siano indirizzate principalmente (con una penalizzazione del 25% del punteggio se così non è) verso i macroargomenti di Horizon 2020: sanità, evoluzione demografica e benessere, sicurezza alimentare, agricoltura sostenibile, ricerca marina e marittima e bioeconomia, energia sicura pulita ed efficiente, trasporti intelligenti verdi e integrati, clima, efficienza nelle risorse e materie prime, società inclusive innovative e sicure.
Tutti argomenti rilevanti e di straordinario interesse comune. Ma che questa azione pro futuro tagli fuori oggi e, di fatto, una parte molto consistente delle ricerche di punta nell'area delle scienze umane e sociali non è comprensibile. Ci si potrebbe attendere una certa complementarità delle risorse nazionali rispetto a quelle europee soprattutto quando le ricadute sul tessuto produttivo possono essere a breve e consistenti (si pensi al turismo, ma anche al cinema, al teatro, alla musica, alla comunicazione multimediale, eccetera). Complementarità che dovrebbe valere anche nel sostegno alle scienze di base in senso lato (astronomia, matematica, biologia, fisica, chimica, eccetera)… Perché la pianta della scienza applicata e dell'innovazione dia frutti domani essa va innaffiata e il terreno reso fertile oggi e qualche investimento va fatto a lungo termine. È un po' retorico, ma è vero. Occorre ridare fiducia al sistema universitario e della ricerca. E questo può essere fatto solo immettendo risorse e attenzione alla loro distribuzione. Bene quindi aver riaperto i canali istituzionali di finanziamento alla ricerca quindi il plauso al primo posto. È necessario però mantenere ferma la barra della valutazione e della competizione tra Atenei, e creare le condizioni per sostenere in maniera rigorosamente meritocratica anche gli studi culturali e le ricerche fondamentali e di base perché concorrono al bene comune, alla capacità di attrazione, e alla ricchezza del Paese.
(Fonte: D. Braga, IlSole24Ore 07-01-2012)
 
RICERCA. PER I PRIN NORME DISCUTIBILI PDF Stampa E-mail
Le nuove procedure per l'assegnazione dei fondi per la ricerca di base (i cosiddetti Prin) e per l'inserimento dei giovani nelle università prevedono stringenti limiti numerici alle proposte che possono essere presentate da ogni ateneo, in proporzione al suo organico. Inoltre, sono ammessi al finanziamento esclusivamente progetti che prevedono la collaborazione di almeno cinque "unità di ricerca", cioè almeno cinque distinti gruppi di ricercatori appartenenti a dipartimenti diversi. Sono invece esclusi dal finanziamento i progetti di ricerca individuali o promossi da un numero più basso di ricercatori. Come hanno giustamente osservato Fabio Beltram e Chiara Carrozza sul Sole 24 Ore (3 gennaio 2012), sono norme incomprensibili e che non trovano alcun riscontro nelle migliori prassi internazionali.
Nell'intervista rilasciata ieri a questo giornale, il ministro Francesco Profumo ha osservato che con questa procedura si vuole innalzare la qualità media della ricerca, evitando di sostenere singole eccellenze, e invitando invece gli atenei migliori a mettersi a disposizione e a collaborare su grandi progetti. Purtroppo è facile prevedere come andrà a finire: pur di non essere esclusi i ricercatori saranno costretti a formare cordate che esistono sulla carta e per i burocrati del ministero, ma che poi non interagiranno tra loro se non per dividere il tempo perso a dare l'apparenza della collaborazione. E le risorse saranno distribuite a pioggia indipendentemente da chi sa farne il miglior uso. In Italia i finanziamenti alla ricerca sono erogati dal ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca. Regole e procedure sono scelte dalla burocrazia del ministero, che a sua volta è organizzata secondo criteri arcaici e poco flessibili, e spesso è poco consapevole di quali sono le esigenze e le migliori prassi della comunità scientifica internazionale. In altri Paesi avanzati, invece, i finanziamenti alla ricerca sono erogati da un'agenzia indipendente, organizzata per settori disciplinari, e con forti legami con la comunità scientifica. Se vogliamo davvero rendere più efficaci le procedure di erogazione dei finanziamenti alla ricerca, la prima cosa da fare è attribuire questo compito a un'agenzia indipendente, lasciando al ministero solo il compito strategico di stabilire gli importi aggregati e la suddivisione per aree disciplinari.
(Fonte: G. Tabellini, Il Sole 24 Ore 05-01-2012)
 
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