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20 Febbraio
RETRIBUZIONI. GLI SCATTI TRIENNALI SOLO FRA QUALCHE ANNO E STOP ALLA RICOSTRUZIONE DELLA CARRIERA SOLO PER I NUOVI ASSUNTI PDF Stampa E-mail

E’ stato pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 232 del 9 febbraio il decreto (DPR 232/2011) che riscrive le regole del trattamento economico dei professori universitari secondo i principi fissati dalla riforma dell'Università del 2010; l'ottica adottata, anche per evitare l'emergere di contenziosi da "lesione" dei diritti acquisiti, sembra però quella della "riduzione del danno", legata anche al fatto che le novità entrano in vigore in un periodo di congelamento generale degli stipendi pubblici fissato dalla manovra estiva del 2010. La novità fondamentale è rappresentata dall'addio all'automatismo degli scatti retributivi, che passano da biennali a triennali e soprattutto saranno riservati a chi ottiene una valutazione positiva al termine del periodo di riferimento.
Per capire l'effettivo valore dell'architettura meritocratica disegnata dalla riforma Gelmini occorrerà vedere il tasso di severità che i docenti applicheranno nella valutazione dei loro pari, e occorrerà pazienza. Il debutto reale degli scatti triennali, infatti, arriverà solo con la maturazione «del passaggio alla classe o scatto successivi a quello attualmente in godimento» (lo prevede l'articolo 2, comma 2 del decreto attuativo). Dal momento che la manovra estiva del 2010 ha congelato tutto fino al 31 dicembre 2013 (al netto di eventuali interventi ulteriori ipotizzati nella prima manovra estiva del 2011), se ne parlerà tra parecchio tempo.
La legge Gelmini, inoltre, è intervenuta ad abolire il meccanismo della «ricostruzione della carriera»: la gerarchia accademica è divisa in classi, e nei passaggi ad associato e ordinario la ricostruzione permette di trasportare quote dell'anzianità maturata nei ruoli precedenti per non entrare nella prima classe.
La cancellazione del meccanismo rallenta molto la progressione dello stipendio, e per esempio impedisce di raggiungere la classe più alta a chi diventa ordinario troppo dopo i 50 anni: il decreto attuativo, però, elimina del tutto la ricostruzione per quanti saranno assunti secondo i meccanismi ridisegnati dalla riforma Gelmini, per i quali viene cancellato anche il periodo di straordinariato o di conferma. Per gli attuali docenti, invece, la ricostruzione della carriera è mantenuta in vita e continua a dispiegare i propri effetti sull'evoluzione degli stipendi. La differenza non è da poco: secondo le tabelle allegate al nuovo DPR, per esempio, la retribuzione di un professore ordinario in classe 5 si attesta a 102.537 euro, mentre salendo di altre 5 classi si arriva a 122mila euro e nella classe 11 si sforano i 126mila euro lordi l’anno.
(Fonte: G. Trovati, IlSole 24Ore 11-02-2012)

 
RETRIBUZIONI. NUOVO ASSETTO STIPENDI. TABELLE RETRIBUTIVE. NUOVE CLASSI TRIENNALI. RICOSTRUZIONE DELLA CARRIERA PDF Stampa E-mail

Le tabelle retributive valide nel 2010 sono rimaste valide nel 2011. Nel 2012 sono entrate in vigore le nuove tabelle annesse al DPR 232/11,  pubblicato sulla G.U. n. 33 del 9/2/12. Quest'ultime resteranno valide sino a tutto il 2013, causa il blocco delle retribuzioni e degli scatti, salvo ulteriore proroga al 2014. Se nel 2014 non ci sarà proroga, provvederò ad aggiornare le tabelle annesse al predetto DPR, applicando l'aumento ISTAT 2014. Analogamente per gli anni successivi. Le tabelle aggiornate saranno pubblicate sul sito.
Per quanto attiene al meccanismo di transito alle nuove classi triennali e gli effetti che si determinano su tutti i docenti attualmente in sevizio, oltre alla nota successiva dedicata si legga la risposta data ieri ad un collega. Ognuno può adattarla alla propria situazione retributiva, utilizzando le tabelle allegate al DPR.
Si avverte che nei titoli delle tabelle annesse al DPR, in quelle che riguardano i docenti in servizio, vi è un errore: nel quadro della progressione economica per classi e scatti biennali, nel titolo della colonna "stipendio tabellare (13 mensilità)" va aggiunta la lettera A, per capire le indicazioni dei titoli riportati nelle altre colonne.
(Fonte: A. Pagliarini, L’esperto risponde 16-02-2012)

 
RETRIBUZIONI. MECCANISMO DI TRANSITO ALLE NUOVE CLASSI TRIENNALI. CONSIDERAZIONI DEL PROF. ALBERTO PAGLIARINI PDF Stampa E-mail

Il DPR n.232 del 15/12/2011 pubblicato sulla G.U. n. 33 del 9/2/2012 ha stabilito le modalità di passaggio dalla progressione economica con scatti biennali a quella con scatti triennali per tutti i professori e i ricercatori universitari di ruolo in servizio alla data di pubblicazione del DPR suddetto.
Il passaggio avviene automaticamente, d'ufficio, al momento in cui ciascun docente completa la maturazione del biennio dello scatto in godimento al 31/12/2010, maturazione interrotta alla predetta data per il blocco degli scatti e ripresa dall’1/1/2014, salvo ulteriore proroga del blocco sino al 31 /12/2014; proroga già prevista in un decreto del 2010 ma non attuata, perché il decreto di attuazione non è stato emanato, sino a oggi, dal precedente governo e neppure dall'attuale. E' probabile e auspicabile che non sia emanato.
Alla data della maturazione del predetto scatto biennale della vecchia classe retributiva n, a ciascun docente è attribuita la retribuzione della vecchia classe retributiva n + 1. La nuova classe triennale m, a cui transita, è rilevabile sull'allegato 1, del DPR, della “rimodulazione trattamento economico annuo lordo” sullo stesso rigo della vecchia classe biennale n + 1. Se la retribuzione della vecchia classe n + 1 è superiore a quella iniziale della classe triennale m a cui il docente è transitato, “il relativo importo resta invariato fino alla corrispondenza di importi nei due regimi”, recita la norma.
La transizione dalle classi biennali alle triennali è stata operata nel rispetto dell'invarianza complessiva della progressione economica. Lo si rileva comparando le colonne B e E dell'allegato 1. Va rilevato, però, che il passaggio alla classe triennale m, con la retribuzione della classe biennale n + 1, non ha considerato, come avrebbe dovuto, 1 o 2 anni già maturati, in alcuni casi, nella classe triennale m, per effetto della retribuzione attribuita, ma ha imposto l'anno d’inizio della classe, per tutti, conservando la retribuzione già attribuita e producendo, di fatto 1 o 2 anni di slittamento nell'acquisizione della classe retributiva successiva, con un danno economico, non rilevante, ad alcuni docenti. La transizione, inoltre, comporta l’impossibilità, o quasi, di poter raggiungere il livello retributivo più alto, quello della classe triennale 13 al 2° anno. Ciò dipende dall'età anagrafica di accesso al ruolo di ordinario, associato o ricercatore. Qualche esempio.  Un ordinario che al momento della transizione passa dalla classe retributiva biennale 10 alla corrispondente triennale 6, ha bisogno di 22 anni per raggiungere il 2° anno della classe retributiva triennale 13, retribuzione massima annua lorda. Pertanto se al momento della transizione quel docente ha un’età superiore a 48 anni, essendo 70 l'età pensionabile, non potrà raggiungere e vedersi attribuire la predetta classe retributiva massima.  Inoltre la classe retributiva all'atto del pensionamento sarà tanto più bassa rispetto alla classe retributiva massima, quanto più alta, rispetto a 48, è l'età anagrafica al momento della transizione. Un altro esempio. Un ordinario che al momento della transizione passa dalla classe retributiva biennale 14 alla corrispondente triennale 9, ha bisogno di 13 anni per raggiungere il massimo della retribuzione. Pertanto se al momento della transizione ha un’età superiore a 57 anni, non potrà raggiungere e vedersi attribuire la predetta classe retributiva massima e gli effetti si riflettono, ovviamente, sulla pensione. Ciò vale per tutti, anche per gli associati e i ricercatori.  L'opzione al nuovo regime non produce effetti positivi sul piano economico, come si rileva dall'allegato 4 al DPR.
Per i professori che entreranno nei ruoli di ordinario o di associato secondo le nuove norme, senza straordinariato o conferma e senza ricostruzione di carriera, la progressione economica per classi triennali, complessivamente invariata rispetto ai professori già in servizio, si sviluppa su 11 classi triennali, come si evince dall'allegato 2 al DPR. La  retribuzione massima della classe 11^  si raggiunge dopo 33 anni dall'ingresso in ruolo. Pertanto è necessario entrare in ruolo prima del compimento del 37° anno di età, per raggiungere la retribuzione massima della classe retributiva 11 della qualifica di appartenenza e andare in pensione con il massimo. La predetta possibilità si verificherà solo per pochi docenti, o pochissimi, per quelle che sono le reali età anagrafiche dell'accesso nei ruoli della docenza.
(Fonte: A. Pagliarini 19-02-2012)

 
RETRIBUZIONI DEI RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO PDF Stampa E-mail

34.898,06 euro annui a tempo pieno e 25.317,88 euro annui a tempo definito (gli importi sono lordi). Questi sono i due trattamenti economici per i ricercatori a tempo determinato, così definiti dal decreto che rimodula e ridetermina le retribuzioni dei docenti universitari delle diverse fasce (ricercatori a tempo determinato e indeterminato, professori associati e professori ordinari). Si tratta di un provvedimento previsto dalla legge 240, all’articolo 8 comma 3. Mentre per i ricercatori e i professori attualmente in servizio a tempo indeterminato è comunque prevista una progressione, a cadenza triennale e non più biennale, per i RTD, siano essi di tipo A o di tipo B, non esiste alcuna progressione nel tempo. Quella cifra su indicata, 34.898,06 euro lordi, è destinata a essere la retribuzione, costante nel tempo, per tutti gli anni dei contratti come RTD. La cifra è identica a quella prevista per la classe 0 dei ricercatori universitari a tempo indeterminato secondo le nuove tabelle, e corrisponde allo stipendio di un ricercatore universitario «confermato», cioè dopo che sono trascorsi tre anni dalla vincita del concorso e dall’immissione in ruolo. I futuri RTD, assunti con contratto di diritto privato, saranno assunti per coprire i buchi della didattica lasciati da pensionamenti e da mancate progressioni, e messi di fronte alla prospettiva di un primo contratto di tipo A di tre anni, prolungabile di un biennio; poi, se particolarmente fortunati, o dotati, o entrambe le cose, potranno accedere a un contratto di tipo B per un altro triennio, al termine del quale potranno diventare professori associati per 45.346,37 euro lordi annui. Facendo due conti, il ricercatore a tempo determinato alfa, prototipo perfetto ideale, che percorre tutti gli step e affronta tutte le scadenze in tempo utile e senza pause (fa i due contratti e poi diventa professore associato) vedrà crescere la sua retribuzione, dopo otto anni, di 10.448,31 euro; in media 1.306 euro l’anno, se lo stipendio aumentasse ogni anno, ma sappiamo che così non è. Per otto anni avrà avuto lo stesso stipendio e poi sarà come se avesse maturato la bellezza del 3,74% annuo. Costante, non composto. Il tutto, ovviamente, senza considerare che questi effetti vi saranno solo se il nostro ricercatore alfa diventerà professore associato. Se invece non ce la fa, per un miliardo di motivi prevedibili e non prevedibili, avrà avuto il piacere di lavorare per un lustro e mezzo in costanza di retribuzione: più o meno 1.600 euro mensili netti, detratti imposte sul reddito e versamenti volontari INPS. Una cosa che riesce difficile immaginare possa avvenire in qualsiasi altro paese OCSE, dove comunque esistono sempre meccanismi di adeguamento al costo della vita e le retribuzioni difficilmente restano uguali a se stesse per quasi dieci anni, anche nell’università.
(Fonte: P. Graglia, http://coordinamentoprecariuniversita.wordpress.com 14-02-2012)

 
RETRIBUZIONI DEI RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO NON CONFERMATI PDF Stampa E-mail

Il 20 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo “Valorizzazione dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge n. 240 del 2010”, che è successivamente stato promulgato dal Presidente della Repubblica. Il testo del decreto lo conosciamo solo in maniera ufficiosa. L’articolo 16 del D. Lgs., quello che riguarda i RUNC (Ricercatori universitari non confermati), recita:
ART. 16 (Valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati)
1. Ai ricercatori universitari non confermati a tempo indeterminato che si trovano nel primo anno di attività alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è riconosciuto, fin dal primo anno di effettivo servizio, il trattamento economico di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
2. Il trattamento economico di cui al comma 1 è riconosciuto per la sola parte del primo anno di servizio successiva alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240.3. All’onere derivante dall’applicazione del comma 1 si provvede nel limite massimo di 11 milioni di euro a valere sulle risorse di cui all’articolo 29, comma 22, primo periodo, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
Come facilmente immaginabile, questa formulazione ci ha subito allarmato. Il testo originale del decreto, probabilmente a causa delle successive manipolazioni effettuate dal Ministero col desiderio di venire incontro alla nostra richiesta (fatta propria dalla Commissione Cultura della Camera) di estendere la copertura dell’adeguamento economico anche ai ricercatori che hanno preso servizio nel 2010, era stato trasformato in modo da correre il rischio (se interpretato letteralmente, come sicuramente molte amministrazioni universitarie avrebbero fatto) di discriminare invece i ricercatori che hanno preso servizio dopo il 29 gennaio 2011, negando loro l’aumento. Ci siamo quindi attivati, contattando quegli Onorevoli che fin dall’inizio avevano seguito le problematiche della situazione stipendiale dei RUNC. Sembrerebbe che il rischio che la formulazione infelice del decreto desse luogo a interpretazioni difformi e di comodo da parte dei vari Atenei sia stato scongiurato.
(Fonte: http://giovaniricercatoriuniversitari.wordpress.com 06-02-2012)

 
RICERCATORI. NORME NEL DECRETO SEMPLIFICAZIONI PDF Stampa E-mail
Il decreto legge, battezzato “Semplifica Italia”, approvato dal governo e pubblicato in GU, contiene una norma specifica che riguarda i ricercatori degli enti pubblici di ricerca e delle Università. D’ora in poi, recita il 1° comma dell’articolo 32 del decreto “Il personale dipendente inquadrato nel ruolo dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca e delle università che, in seguito all'attribuzione di grant comunitari o internazionali, svolga la relativa attività di ricerca presso l'ente di appartenenza, è collocato in aspettativa senza assegni su richiesta, per il periodo massimo di durata del grant. Lo svolgimento dell'attività di ricerca inerente il grant e la relativa retribuzione sono regolati dall'ente mediante un contratto di lavoro a tempo determinato. La retribuzione massima spettante al ricercatore non può eccedere quella prevista per il livello apicale della carriera di ricercatore”. Il 2° comma, stabilisce invece che “Al personale dipendente inquadrato nel ruolo dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca e delle università che, in seguito all'attribuzione di grant comunitari o internazionali, svolga la relativa attività di ricerca presso soggetti e organismi pubblici o privati, nazionali o internazionali, si applica l'art. 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato), e successive modificazioni”.
(Fonte: A. Del Gatto, www.usirdbricerca.info 01-02-2012)
 
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