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18 Marzo
ISTRUZIONE. UNA FORMAZIONE MENO GENERALISTA PER DIVENTARE SUPER-TECNICI PDF Stampa E-mail
«Le università e la politica hanno finito per considerare i processi formativi alla stregua di accumulazioni finanziarie: più anni si studia maggiore è la formazione che si ha. Non è così, invece. Per 15-20 anni gli istituti tecnici sono stati considerati luoghi non adatti. Erano i licei soltanto i luoghi dove si poteva studiare e andare avanti. Il ministero dell'Istruzione venti anni fa aveva tentato di dare il via libera a un diploma universitario post-diploma destinato a chi aveva frequentato i tecnici. L'idea era di creare dei super-geometri o dei super-periti. Forse non era meravigliosa ma di sicuro era preferibile al 3+2 che poi l'ha superata. Era pensata per garantire un'offerta di lavoro intermedio». Ma «è arrivato il 3+2 che ha sconvolto ogni piano. Abbiamo creato tanti ingegneri generici, il mercato non sapeva che farsene. L'Italia non ha bisogno di geni: la gran parte di chi accede alla formazione deve poter garantire una risposta a un'offerta di lavoro intermedia, non di eccellenza. La nostra struttura imprenditoriale è per il 95% costituita da piccole imprese con al massimo dieci addetti, non ci è consentito altro. Anche oggi non abbiamo bisogno di geni, e nemmeno più di super-geometri o super-periti. Abbiamo bisogno però di super-tecnici che sappiano tutto di tecnologia, di informatica, del mondo digitale». «Le aziende sono colpevoli perché dovrebbero investire nei giovani: puntare su uno o due e formarli al loro interno. Ma le università italiane sono cresciute troppo e creano folle di persone frustrate perché si sono laureate, ma non trovano lavoro o perché non hanno le idee chiare e frequentano corsi a caso senza sapere bene perché. La formazione non può prescindere dalla specificità». Come uscire da questa impasse? «Con finanziamenti che permettano alle aziende di investire nei giovani ma anche cambiando il sistema di finanziamento delle università: finché sarà legato al numero degli iscritti non si otterrà altro che un allargamento quantitativo della formazione».
(Fonte: F. Ama., intervista a G. De Rita presidente del Censis, La Stampa 28-02-2012)
 
ISTRUZIONE. UNA FORMAZIONE PIÙ GENERALISTA SALVO CASI PARTICOLARI PDF Stampa E-mail
L'approccio generalista è obsoleto e sbagliato? Per dirlo non basta limitarsi a deprecare i troppi letterati e avvocati. Bisogna dimostrare che la scienza di base non serve e che la facoltà di Scienze può essere riassorbita da quella di Ingegneria. È difatti evidente che la formazione di un laureato in fisica o in matematica, ma anche in biologia, non configura uno sbocco professionale preciso, per quanto possa essere specialistica la tesi di laurea scelta. Per far progredire le scienze applicate non servono più fisici teorici, chimici o matematici? Sarebbe una tesi avventata a fronte di quello che insegna la storia della tecnologia, termine che vuol dire proprio questo: tecnica fondata sulla scienza. È difficile immaginare che un Paese avanzato, che non si accontenti di vegetare sulle scoperte altrui, possa avere un futuro senza scienza di base. Peraltro, lo sviluppo della tecnologia si è sempre avvalso di un atteggiamento lungimirante da parte delle imprese, consistente nel privilegiare le persone aventi una formazione di base e generale solida, proprio in quanto capaci di autonomia e di flessibilità, riservandosi di fornire in azienda le competenze specifiche. È da augurarsi che non prevalga la visione miope di cercare persone formate per mansioni particolari invece che dotate di flessibilità e autonomia intellettuale, modellando l'università su questi scopi ristretti, come un servizio di formazione addetti. Si parla tanto dell'esigenza di «imparare a imparare» e poi rischiamo di chiedere all'università di venir meno a una delle sue funzioni. La via per valorizzare la cultura scientifica, di cui si proclama tanto la necessità, non è quella di trasformarla in percorsi direttamente applicativi, funzionali a uno sbocco professionale determinato a priori. Così non formeremo persone capaci e autonome, ma polli di batteria, per giunta spesso frustrati.
(Fonte: G. Israel, Il Messaggero 28-02-2012)
 
ISTRUZIONE. NUOVI STRUMENTI INTERAMENTE BASATI SU INTERNET A LA SAPIENZA PDF Stampa E-mail
Google e Università di Roma La Sapienza hanno annunciato il via libera al progetto in base al quale ognuno dei165mila studenti dell'ateneo avrà da subito una propria casella e-mail accessibile da qualsiasi dispositivo fisso o mobile connesso a Internet, oltre a servizi che consentiranno la condivisione via web di ogni documento a supporto dello studio. La Sapienza risponde così alle aspettative dei propri studenti rendendo disponibili moderni strumenti interamente basati su Internet a supporto dello studio e della comunicazione e si unisce agli oltre 15 milioni di studenti e insegnanti che, nel mondo, già usano Google Apps for Education. Rilevante esempio di collaborazione tra pubblico e privato e di innovazione all'interno del mondo accademico, il progetto sviluppato dalla Sapienza e da Google (supportata dal partner Scube NewMedia), metterà gratuitamente a disposizione di tutti gli iscritti l'insieme di servizi 100 per cento web di Google, che comprendono la posta G-mail e applicazioni per condividere "in the cloud" (via Internet) ogni genere di documento, immagine e video. In un secondo momento, Google Apps sarà esteso anche al corpo docente, in modo da portare al massimo livello l'interazione a supporto di più moderne modalità di studio. I servizi integrati in Google Apps for Education quali Google Docs potranno così supportare una completa interazione online tra insegnanti e studenti, mentre funzioni quali Google Calendar consentiranno di gestire al meglio l'organizzazione interna (aule, eventi, sessioni d'esame, ecc.). Ricerche, lavori di gruppo, perfino colloqui con i docenti avverranno via web, magari mediante la video chat integrata in G-mail.
(Fonte: roma.ogginotizie.it 29-02-2012)
 
ISTRUZIONE. PER LA CRESCITA INVESTIRE NELL’ISTRUZIONE PDF Stampa E-mail

«Niente cultura, niente sviluppo», ha titolato Il Sole 24 Ore lanciando un appello per fare ripartire il Paese puntando su una «costituente» che «riattivi il circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione». I confronti su 125 nazioni, stando ai dati dell'Università di Costanza, non lasciano dubbi: dove c'è più cultura c'è più innovazione, più sviluppo, più ricchezza e meno corruzione. Rovesciamo: dove c'è meno cultura c'è meno innovazione, meno sviluppo, meno ricchezza, più corruzione. Nel 2001 investivamo sul nostro tesoro d'arte e paesaggi solo lo 0,39% del Pil, siamo precipitati a un miserabile 0,19%: è stato saggio? Colpa della crisi, dicono. Ma investendo nel «Guggenheim», spiega uno studio di Kea European Affairs per la Ue, Bilbao ha recuperato in 7 anni i soldi spesi «moltiplicati per 18», con la parallela creazione di migliaia di posti di lavoro. Al punto d'esser presa a modello dalla Francia, che per rianimare l'agonizzante area di Lens ha deciso di fare lì, tra le fabbriche dismesse, un nuovo «Louvre» col calcolo che, per ogni euro investito, ne torneranno «come minimo sette». Su 911 beni artistici tutelati dall'Unesco ne abbiamo più di tutti nel pianeta: 45. Molti più di Francia o Stati Uniti che ci staccano nelle classifiche turistiche. Il guaio è che questo patrimonio, accusa un dossier PwC, lo usiamo male, ricavandone la metà rispetto a Gran Bretagna, Germania e Francia e un terzo rispetto alla Cina.
Ci vorrebbe più testa, per usarlo. E una classe politica più interessata, curiosa, colta. Alla Costituente, pur avendo la guerra ostacolato i percorsi universitari, era laureato il 92% dei parlamentari: oggi la quota si è inabissata al 64%. Ma è il Paese tutto ad arrancare: dai sindaci ai governatori, dagli assessori ai consiglieri regionali. Da dove ripartire, per fermare la dittatura dell'incuria? Dalla scuola: da lì occorre ricominciare. La storia dell'arte via via più maltrattata («sarà possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo», s’indigna Tomaso Montanari sull'ultimo bollettino di Italia Nostra) deve essere materia di interesse nazionale. E permeare i nostri figli fin dalle elementari. Investiamo sulla bellezza e sulle teste: è un affare.
(Fonte: G. A. Stella, Corsera 04-03-2012)

 
PROFESSIONI. MINI CAMBIAMENTI NEL DECRETO DEL GOVERNO PDF Stampa E-mail
Nel testo originale del decreto "cresci Italia" i provvedimenti sui servizi professionali erano piuttosto deboli e non cambiano molto dopo il passaggio al Senato. Resta l'abolizione delle tariffe minime, ma gli ordini sembrano aver già trovato un grimaldello per aggirarla. Cancellato invece l'obbligo di fornire un preventivo al cliente. Il concorso notarile è previsto con cadenza annuale, ma senza indicazione del numero di posti da mettere a bando. Per rendere il sistema più concorrenziale, bisogna però cambiare gli ordini. E gli esami di abilitazione alla professione. Due interventi sarebbero auspicabili. In primo luogo, rinunciare una volta per tutte al principio di autoregolamentazione e prevedere che i consigli degli ordini siano composti non solo di professionisti ma anche di rappresentanti delle istituzioni (per esempio, l'Autorità per la concorrenza) dei consumatori (privati e imprese), dei tirocinanti e potenzialmente anche degli studenti universitari delle materie collegate. Probabilmente, ordini siffatti sarebbero meno timidi nell'esercitare l'attività sanzionatoria e meno solerti nell'attività di tutela degli interessi della categoria. In secondo luogo, limitare al minimo il ruolo dei professionisti nella gestione degli esami di abilitazione, per esempio estendendo anche agli esami orali e ad altre professioni il principio dell'accoppiamento casuale delle sedi d'esame introdotto nel 2004 per gli avvocati dell'allora ministro Castelli. (Fonte: M. Pellizzari, lavoce.info 06-03-2012)
 
RETRIBUZIONI. REVISIONE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO DEI RICERCATORI NON CONFERMATI A TEMPO INDETERMINATO NEL PRIMO ANNO DI ATTIVITÀ PDF Stampa E-mail

Il disegno di legge n. 3124 di conversione del decreto legge n. 216/2012 recante “proroga di termini previsti da disposizioni legislative“ (c.d. Milleproroghe) è stato definitivamente varato. Riguarda l’università e in particolare le retribuzioni dei ricercatori l’articolo seguente.
Articolo 20.

1-ter. Il termine di impugnabilità' delle risorse iscritte nel capitolo 1694 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università' e della ricerca nell'anno 2011 per le finalità di cui all'articolo 5, comma 3, lettera g), della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività, nel rispetto del limite di spesa di cui all'articolo 29, comma 22, primo periodo), è prorogato al 31 dicembre 2012.
1-quater. Alla compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica conseguenti all'attuazione dei commi 1-bis e 1-ter del presente articolo, pari a 62,2 milioni di euro per l'anno 2012, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189).

 
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