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12 Aprile
FINANZIAMENTI. FFO 2012. PARERE DEL CUN PDF Stampa E-mail

Il CUN (Adunanza del 20-03-12):

- valuta ragionevole il contenimento dell’ampiezza del differenziale per ateneo rispetto al livello del FFO 2011 fra il medesimo ammontare del 2011 e la diminuzione massima del 3.9% (che si somma alla soglia di -5.75% del 2011 e di  - 5.5% del 2010); sono soglie utili alla non divaricazione del sistema nel suo complesso e che accompagnano gli atenei nei cambiamenti dei processi organizzativi.

Inoltre il CUN considera che:

- è di rilievo il calcolo della quota base al lordo del turnover, dettaglio che ha il pregio di non duplicare l’effetto problematico che un alto turnover ha sulla programmazione strategica di un ateneo; osservando che lo stesso CUN aveva suggerito di provare a pesare la distribuzione fra gli atenei delle “restituzioni al MEF” con la domanda formativa triennale, riconosce che la soluzione adottata si muove indirettamente sulla stessa logica;

- ferma restando l’utilità della stabilità dei criteri di cui all’allegato 1 su base almeno triennale, vanno attivati i processi che mettono gli atenei nella condizione di competere su queste cifre dando ciclicità meno incerta ai processi della didattica e della ricerca; solo in questo modo i risultati finali della distribuzione possono incorporare i comportamenti effettivi degli atenei; - gli indicatori A1 e A2 sono ispirati all’obiettivo dell’efficienza, mentre quelli relativi all’efficacia, come l’A3, sono ancora una volta rinviati; meglio sarebbe stato utilizzare parametri relativi allo sviluppo di stage e tirocini e all’utilizzazione di periodi di studio all’estero con Erasmus; - gli indicatori B1, B2 e B4 rilevano più propriamente la capacità di ottenere finanziamenti e solo in parte sono espressione e misura della qualità della ricerca scientifica; - gli incentivi previsti nello Schema - come ad es. i 5 milioni di euro agli atenei che attivano Federazioni fra loro e/o con altri enti, 1 milione di euro al piano lauree scientifiche, i 500mila euro agli atenei che adottano la contabilità economico-patrimoniale e il bilancio unico ecc. - sono coerenti con la Legge 240/2010,  ma andrebbero specificati opportuni indicatori che quantifichino l’effettiva applicazione di tali misure; - anche se apparentemente macchinosa, la procedura per indurre un autocontrollo (specie oltre la soglia di 1,5 mil di euro), da parte degli atenei, nell’applicazione delle regole sulle chiamate dirette sembra migliore della soluzione adottata nel 2011 in cui si attivava una commissione senza indicare le modalità del suo funzionamento e i criteri a cui doveva attenersi; peraltro il meccanismo ancorché apprezzabile non risulta chiaro sul piano operativo; - la previsione dell’importo di 50 mil (art. 12, c2) per la valutazione del complessivo impegno didattico di ricerca e gestionale dei professori e dei ricercatori andrebbe raccordata a procedure e meccanismi per la reale distribuzione di tali importi ai docenti; in assenza della distribuzione in loco gli importi vanno recuperati al FFO dell’anno successivo; - sarebbe stato opportuno inserire nell’FFO i dettagli del piano straordinario con una migliore identificazione dei soggetti ai quali è destinato, limitandolo a coloro che sono in possesso di idoneità/abilitazioni per la II fascia; a questo scopo, propone di correggere l’attuale, generico, rinvio delle “cosiddette chiamate” ex art. 18 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240, in quanto disposizione che include nel proprio ambito di operatività anche altre fattispecie, compresa quella di coloro che sono già in servizio presso gli atenei, ovvero le procedure di mobilità alle quali non dovrebbe applicarsi questo finanziamento straordinario; - lo stanziamento di 10,550 milioni per incentivazione di fusioni/accorpamenti di Consorzi dovrebbe privilegiare il consolidamento delle funzioni e la qualificazione dei servizi forniti al sistema universitario rispetto alla semplice riduzione delle strutture.  Il CUN invece esprime parere negativo su:

- l’assenza di qualsiasi intervento a favore della  mobilità dei professori e, specialmente, dei ricercatori in questa fase di transizione del sistema universitario; - l’utilizzo del FFO per provvedimenti a favore del Fondo per il merito (art. 8b) e dell’ANVUR (art. 11), questi dovrebbero attingere a fonti finanziarie autonome e ad hoc; - l’assenza dell’indicazione delle attività alle quali si riferiscono gli accordi di programma rendicontati con l’FFO 2011;

- l’assenza di un tavolo tecnico di lavoro congiunto con CRUI e altri attori del sistema al fine della predisposizione del presente Schema. Infine, il CUN:

- raccomanda nuovamente la distribuzione del FFO, possibilmente stabile, su base triennale;  - richiama l’urgenza di attivare momenti di approfondimento sui metodi di calcolo del costo standard per studente; - e, sul piano più tecnico, suggerisce di sostituire nell’art. 2, comma 3, il testo “dall’art. 5 del D.M. del 3 novembre 2011, n. 439” col testo “dell’art. 7, comma 5, della Legge 30 dicembre.
(Fonte: CUN http://www.cun.it/media/115736/ps_2012_03_20.pdf 20-03-12)
 
FINANZIAMENTI. FFO E ALTRE FONTI. DIFFERENZE TRA ATENEI PDF Stampa E-mail
Il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) del MIUR, le tasse pagate dagli studenti, gli introiti provenienti dai bandi di ricerca nazionali ed internazionali e dalla vendita di servizi al mondo delle imprese, ed infine le risorse provenienti dagli enti territoriali per il diritto allo studio, sono le quattro fonti di finanziamento delle università italiane. «L’Ffo rappresenta la principale voce di entrata per gli atenei italiani - ricorda Andrea Lenzi, presidente del CUN - sebbene negli ultimi anni l’importo sia andato riducendosi, passando da 7,9 miliardi di euro nel 2009 a 7,1 nel 2012. La seconda voce, il gettito delle tasse universitarie, non può superare per legge il 20% del contributo pubblico proveniente dall’Ffo, quindi per molti atenei i proventi da bandi e da attività per conto terzi, così come le risorse degli enti locali, sono spesso essenziali». Questa circostanza è confermata dal rettore dell’Università della Calabria, Giovanni Latorre: «Il nostro ateneo ha un bilancio di 250 milioni di euro l’anno, di cui 100 provengono dal Ffo, 18 milioni dalle tasse universitarie dei nostri 35mila studenti, quasi 30 milioni dalla Regione per il diritto allo studio, e il resto dai fondi dei Pon e Por, nonché dai vari fondi per la ricerca (First, Firb, Prin)». Ben più ampio è il budget dell'Università di Roma La Sapienza, il più grande ateneo italiano. «Gli 880 milioni di budget, che non comprendono però le risorse del diritto allo studio, gestite dalla Regione, sono coperte per il 62% dall’Ffo - dichiara Simonetta Ranalli, responsabile della ragioneria - un altro 11% da altre risorse pubbliche, un 12% dalle tasse universitarie, e il rimanente 15% da risorse proprie, come la ricerca per conto terzi». Ma come vengono spesi questi soldi, o meglio chi decide la spesa? L'università, a partire dal 1994, ha autonomia di spesa, per quanto vi siano dei limiti, come l’obbligo di non spendere più del 90% del Ffo per gli stipendi del personale di ruolo. «Le università sono aziende pubbliche - sottolinea Lenzi - e quindi sono sottoposte al controllo della Corte dei conti. Con la riforma Gelmini (legge 240/2010) la programmazione della didattica è passata ai dipartimenti, mentre le relative spese sono state accentrate in linea di massima nel Cda». La governance degli atenei, anche per quanto riguarda le decisioni di spesa, è definita dallo statuto dell'università, che tutti gli atenei hanno dovuto modificare nel corso del 2011 per adeguarlo alle regole della riforma Gelmini. «Questa riforma - chiarisce il rettore dell’Università della Calabria - ha richiesto che vi sia solo un bilancio di ateneo, mentre finora questo bilancio era costituito dall'insieme dei bilanci dei dipartimenti e dell'amministrazione dell'ateneo, comprensivo delle facoltà». Come spiega Ranalli della Sapienza, «l’obbligatorietà del bilancio unico scatta dal 2014, ferma restando la libertà degli atenei di anticiparla, e di accentrare nel modo desiderato le decisioni di spesa». Resta aperta la questione della distribuzione delle risorse pubbliche tra i vari atenei. «Oggi - afferma Lenzi - l'Ffo viene distribuito tra gli atenei per un 87% sulla base del finanziamento storico, ed un 13% sulla base di un meccanismo premiale, che dipende da parametri quali la partecipazione a progetti di ricerca ed il numero di laureati e di studenti in corso». «La quota premiale è in crescita - fa notare Francesco Fagotto, coordinatore della commissione programmazione del CUN - come dimostra il fatto che nell'anno della sua introduzione, il 2007, era di 200 milioni di euro, mentre nel 2012 è arrivata a 900 milioni». Il riferimento al contributo storico è però fonte di squilibri, come rileva il rettore dell’Università della Calabria: «vi sono atenei che prendono fino a 6mila euro a studente, ed altri che arrivano a 2mila». Anche per Giacomo Deferrari, rettore dell’Università di Genova, che ha un budget di 400 milioni di euro, è eccessiva la differenza del contributo dell'Ffo tra università: «Va però riconosciuto che i costi di manutenzione e per la sicurezza di edifici storici, dove sono alloggiate alcune università, sono molto più alti rispetto a quelli per edifici moderni, senza contare che l’attività dell'università è molto ampia, e il riferimento al numero di studenti non consente di fotografarla interamente, ma certamente l'introduzione del costo standard su cui basare il finanziamento pubblico permetterà di superare l’attuale squilibrio».
(Fonte: M. Di Pace, La Repubblica sez. Affari Finanza 26-03-2012)
 
FINANZIAMENTI. DECRETO MINISTERIALE DEL 12 MARZO 2012 ASSEGNAZIONI FONDO FUNZIONAMENTO ORDINARIO UNIVERSITA' 2012 PDF Stampa E-mail

Art. 12 – Interventi previsti da disposizioni legislative.

€ 267.934.525 vengono destinati come di seguito indicato.

  • € 93.000.000 per la chiamata di professori di seconda fascia, secondo le procedure di cui agli articoli 18 e 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sulla base delle modalità definite con decreto del Ministro, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti. Tale importo comprende due quote:
  • € 78.000.000 relativi al completamento del piano straordinario per la chiamate di professori di seconda fascia finanziate nell’esercizio finanziario 2011;
  • € 15.000.000 relativi alla quota parte del piano straordinario per la chiamate di professori di seconda fascia da finanziare all’esercizio finanziario 2012;
  • € 50.000.000  per l’attuazione degli articoli 6, comma 14,  e 8 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240, concernenti la valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale dei professori e ricercatori universitari, ai fini dell’attribuzione  degli scatti, e la revisione del trattamento economico degli stessi, sulla base dei criteri di merito accademico e scientifico definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
 
RICERCA. STRATEGIE PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE PDF Stampa E-mail

L’internazionalizzazione sta diventando una priorità per gli Atenei non solo perché sempre più i canali di finanziamento saranno connessi a leve europee, ma soprattutto perché la ricerca deve muoversi con un respiro ampio ed essere connessa alla comunità transazionale, coniugando ad un tempo la contaminazione con l’altro e la difesa della propria specificità, culturale e metodologica. Connesso con quanto detto è anche la modifica degli obiettivi della ricerca, mossi sempre più da un rigore metodologico, fondato nelle discipline, e un’individuazione di obiettivi che respirino sempre più un’atmosfera interdisciplinare, superando la separatezza tra ricerca pura e ricerca applicata. In tale contesto molti atenei si stanno aprendo all’internazionalizzazione. Due le strategie che sembrano prevalere. La prima punta direttamente alla promozione di progetti, spesso servendosi di agenzie e centri che vantano competenze amministrative e organizzative nel campo o delegando a centri gestionali l’operatività nel settore. La seconda mira, invece, ad incentivare la ricerca internazionale dei dipartimenti e vede nella progettualità europea uno dei prodotti di tale politica. La prima strada è apparentemente più veloce, ma spesso si è rilevata, anche dalle esperienze di alcune realtà universitarie, un inutile dispendio di risorse umane e finanziarie. La seconda sembra avere il difetto di richiedere tempi più lunghi, ma permette di creare solide basi per una ricerca di qualità e, nel tempo, anche portatrice di progetti e fondi europei o internazionali. Questa seconda strada vede alla base la costruzione di solide reti tra centri di ricerca. Il primo passo per favorire tali reti è la frequentazione reciproca con partecipazione a convegni e soggiorni all’estero dei ricercatori. Il secondo passaggio per tale strategia consiste nell’individuare tra i centri in rete temi significativi su cui iniziare la ricerca, anche in assenza di fondi. L’individuazione di tali temi deve, da un lato, valorizzare le competenze dei singoli centri, la loro creatività e originalità; dall’altro, deve tener presente gli obiettivi europei e in particolare, oggi, Horizon 2020. Su tali temi i centri iniziano a lavorare e a produrre articoli comuni da presentare nei vari consessi e convegni, la qual cosa permette di ampliare la rete e divenire un riferimento per la comunità internazionale sul tema specifico. Quando poi il percorso in atto si incrocia con una call europea ovvero quando una call sembra cucita su misura sul progetto e sugli obiettivi che la rete persegue, è possibile partecipare al bando, fondando la richiesta su una competenza documentabile e su una rete solida e avviata.
Ottenere il finanziamento è comunque solo il primo passo. Poi occorre gestire il processo. In tale direzione la focalizzazione sulla ricerca del gruppo e il competente supporto amministrativo divengono le due leve fondamentali. I finanziamenti stessi sono spesso appena sufficienti per svolgere le attività previste e solo un impegno diretto e costante dei ricercatori permette di raggiungere gli obiettivi e accreditare il gruppo di ricerca come valido e affidabile, sia rispetto alla comunità europea, che valuta con attenzione, sia rispetto agli altri centri, possibili e futuri partner.
(Fonte: P. G. Rossi, http://www.unimc.it/uninova/it 23-03-2012)

 
RICERCA. OFFERTA E DOMANDA PDF Stampa E-mail
Gli 80 miliardi di euro che la Commissione riverserà in Horizon 2020 (l'ambito di finanziamento comunitario al termine del settimo programma quadro) sono una prospettiva concreta ed è del tutto ragionevole stimolare il nostro sistema della ricerca a orientarsi per intercettare queste risorse. Con il coinvolgimento di università e imprese su temi "globali" quali cambiamento climatico, salute, sicurezza alimentare, risorse energetiche, mobilità, ecc. si punta a mantenere alto il livello competitivo delle industrie europee. Le Università si stanno rivelando molto più flessibili e adattabili di quanto ci si poteva attendere. L'assunzione di ricercatori industriali, la creazione di centri interdipartimentali di ricerca industriale, l'orientamento del dottorato verso le imprese anche con lo strumento dell'alto apprendistato, la formazione integrativa, le strutture dedicate alla creazione d'impresa e al trasferimento tecnologico sono elementi di uno scenario – lato “offerta” – in grande movimento anche grazie allo stimolo e apporto di risorse delle politiche regionali. Non altrettanto può dirsi sul lato imprese. Fatte le debite e significative eccezioni, le piccole imprese sembrano fare fatica a intercettare l'offerta di competenze e di capacità di ricerca che viene dal mondo universitario e dai centri di ricerca. L'Università ha la “materia prima”, laureati e competenze di ricerca e culturali a tutto campo, ma il sistema imprenditoriale fatica ad approvvigionarsene. Paradossalmente sembra esserci più offerta di ricerca di quanta sia la domanda. Certamente non è così, ma allora dove sono i problemi? Dal mio osservatorio ne vedo principalmente due e sono grandi. Il primo è certamente quello delle dimensioni delle nostre PMI (Piccole medie imprese). Molte sono super-small su scala europea e non riescono ad avere sufficiente massa critica (e un sufficiente bilancio) da potersi “permettere” investimenti consistenti in personale e in strumentazioni per avviare autonomi programmi di ricerca e sviluppo. Aggregazioni di imprese operanti in aree comuni possono forse essere una risposta ma si scontrano con la competizione interna. Un'alternativa è quella di strutture per ricerca on demand diffuse sul territorio (le università e centri) alle quali le piccole e medie imprese possano rivolgersi e interagire singolarmente o in forma aggregata senza bisogno di grandi investimenti. E qui si presenta il secondo problema. Per avviare programmi di ricerca bisogna sapere con precisione cosa può essere affrontato con un progetto comune università-impresa e cosa no. Occorre conoscere il modus operandi delle università e anche i vincoli normativi (che sono tanti) entro i quali occorre muoversi, oltre che, ovviamente le potenzialità del settore, i "competitor" e il quadro internazionale. Insomma siamo in una fase in cui occorre “scouting” della domanda di ricerca ancor più che “marketing” dell'offerta. Potremmo trovarci nella bizzarra situazione di essere pronti per H2020, ma solo in parte.
(Fonte: D. Braga, IlSole24Ore 03-04-2012)
 
RICERCA. GRANT 2012, ASSEGNATE 95 BORSE DI STUDIO DALLA FONDAZIONE UMBERTO VERONESI PDF Stampa E-mail
Sono stati consegnati nella sala della Protomoteca, in Campidoglio, i Grant 2012 assegnati dalla Fondazione Umberto Veronesi a ricercatori e gruppi di ricerca. Sono 95 le borse di studio andate a giovani medici e ricercatori provenienti da undici paesi; 26 i progetti di ricerca che saranno finanziati. Presenti al tavolo dei relatori Umberto Veronesi, Paolo Veronesi, presidente della Fondazione, Gianni Letta, Giuliano Amato e i ministri Balduzzi e Profumo. Nell'assegnare i fondi 2012 la Fondazione ha scelto di puntare soprattutto sulla prevenzione, un'area che, secondo il Comitato scientifico della stessa fonazione, e' il fulcro della lotta alle grandi malattie.
(Fonte: ASCA 28-03-2012)
 
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