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12 Giugno
PER LAUREATI FRA I 30 E I 34 ANNI L’ITALIA ULTIMA NELLA UE PDF Stampa E-mail
L'Italia è all'ultimo posto in Europa per la percentuale dei laureati nella fascia di età, pari al 20,3% nel 2011: è quanto risulta dall'Indagine sulle forze di lavoro 2012 diffusa oggi da Eurostat. Il dato è particolarmente basso se confrontato alla media europea (34,6%), ma anche rispetto agli altri stati principali dell'Unione: in Germania i trentenni laureati sono il 30,7% del totale, in Spagna il 40,6%, in Francia il 43,4%, in Gran Bretagna il45,8%. L'obiettivo per il 2020 è il 40% a livello Ue, mentre l'Italia punta a un più modesto 26/27%. In quest'ottica i 27, rileva Bruxelles, devono intensificare gli sforzi se vogliono raggiungere gli obiettivi al 2020 in tema d’istruzione, sia per la riduzione degli abbandoni scolastici che per l'aumento dei laureati.
(Fonte: IlSole24Ore 08-06-2012)
 
AL VIA LA PRIMA UNIVERSITÀ DELLA PACE (ONLINE) ARABO-ISRAELIANA PDF Stampa E-mail
La prima "università della pace" per arabi e israeliani sta per diventare realtà (virtuale). Il movimento pacifista israelo-pelestinese YaLa Young Leaders - che lavora per la pace utilizzando social network e affini - ha annunciato che il prossimo settembre entrerà in funzione un ateneo online per formare giovani mediorientali intenzionati a costruire un futuro di pace. «Questa università può rivoluzionare le relazioni tra le nuove generazioni del Medio Oriente», ha dichiarato uno dei fondatori degli Yala Young Leaders, Uri Savir, ex negoziatore israeliano. La notizia è arrivata lo scorso 24 maggio, in coincidenza con i festeggiamenti per il primo anno di attività del gruppo, che in 12 mesi è riuscito ad affermarsi come interlocutore credibile nella regione e oltreoceano. Tra i sostenitori del gruppo su Facebook - quartier generale degli YaLa Young Leaders - figurano anche il leader dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, il presidente israeliano, Shimon Peres, il direttore generale dell'Unesco, Irina Bokova, e la superstar hollywoodiana Sharon Stone. Tutti hanno inviato messaggi di auguri e congratulazioni in occasione del primo compleanno del movimento, festeggiato con una festa avatar cui, secondo gli organizzatori, sono intervenuti circa 30mila partecipanti "arrivati" da tutto il Medio Oriente. Ma il potenziale politico degli YaLa Young Leaders - e di altri movimenti analoghi spuntati come funghi negli ultimi tempi - non emerge solo dai numeri. A marzo, in un'intervista via Facebook, Peres ha affermato che i social network sono la nuova strada per la pace.
(Fonte: ANSAmed 04-06-2012)
 
USA-ITALIA. DIFFICILE CONFRONTARE I SALARI DEI DOCENTI UNIVERSITARI PDF Stampa E-mail

Il sistema universitario italiano è molto diverso da quello made in USA per cui i confronti tra i diversi assetti di remunerazione devono tenere conto anche di altre variabili. Ad esempio, nel 2010 il sistema universitario italiano era concentrato su circa settanta università (escluso quelle private e telematiche), e impiegava 57.748 docenti cosiddetti strutturati - cioè dipendenti statali fissi - 15.584 professori di prima fascia (ordinari o volgarmente baroni), 16.955 di seconda (associati) e (24.939) ricercatori. Inoltre parte dei corsi è affidata a professori a contratto, assunti dalle singole università e in genere pagati (poco) per singolo corso. Il loro numero è probabilmente elevato, ma mancano dati precisi a livello nazionale. Per contro, negli Stati Uniti il sistema è frammentato tra oltre 4 mila istituzioni universitarie, molto eterogenee tra loro, con a libro paga circa 730 mila professori a tempo pieno e altrettanti a tempo parziale. Al netto dei college che non rilasciano lauree quadriennali, rimangono comunque 2,7 mila istituzioni universitarie, pubbliche e private, con circa 1 milione di docenti. A questa grande eterogeneità corrisponde anche un’eterogeneità nei salari in relazione ai centri universitari di appartenenza.
Un problema di non poco conto è di identificare quale tipologia di università americana sia paragonabile a quella italiana, in teoria più omogenea al suo interno. Infatti, negli USA si va da università private dedicate prevalentemente alla ricerca con (relativamente) pochi studenti altamente selezionati, a università pubbliche di grandi dimensioni in cui si fa un po' di tutto, passando per college con varia reputazione che sono devoti prevalentemente alla didattica.
L’autore dell’articolo riporta alcune tabelle tratte da fonti pubblicamente accessibili per capire se è possibile una comparazione salariale tra i diversi sistemi universitari.
(Fonte: F. Lovecchio, noisefromamerika.org 04-06-2012)

 
LE UNIVERSITÀ CINESI E I MODELLI OCCIDENTALI PDF Stampa E-mail
Di fronte alle strutture che ha trovato in Cina, cosa esporterebbe delle nostre Università? E cosa importerebbe invece? «La tensione per raggiungere il più elevato livello di eccellenze da parte dei professori e un impegno totale allo studio da parte degli studenti: queste sono le caratteristiche generalmente presenti nelle università di "élite" cinesi.  Esportarle non è facile perché di solito appartengono a un Paese e a un popolo coralmente dedicato all'ascesa personale e all'affermazione collettiva. Non mi sembra oggi il nostro caso! Per quanto posso vedere nei ridotti aspetti della mia esperienza, le università cinesi sono totalmente dedicate ad assorbire i modelli organizzativi e i metodi di insegnamento o di ricerca delle università occidentali. I cinesi sanno quindi benissimo cosa devono importare e sanno come tradurre e immergere tutto questo nella grande tradizione culturale cinese». Come l'Europa può intercettare il crescente bisogno di cultura e educazione che arriva dalla Cina? «Prima di tutto questo bisogno è soprattutto attirato dalle università americane. Nonostante le frequenti "irritazioni reciproche" il fascino della potenza e del "soft power" americano appare assai superiore rispetto al fascino dell'Europa. L'ammirazione per il passato europeo non è in grado di bilanciare l'attrazione esercitata dal "presente" americano. (...) Sono quindi ovvi i rimedi che si devono attuare per intercettare questo "crescente bisogno di cultura" che arriva dalla Cina. Costruire l'Europa con un conseguente "soft power" e agire di conseguenza».
(Fonte: Intervista di M. Castelnuovo a Romano Prodi, La Stampa 31-05-2012)
 
BOLOGNA, COSÌ L'UNIVERSITÀ PIÙ ANTICA AFFRONTA LE SFIDE DELLA MODERNITÀ PDF Stampa E-mail

Non c'è un cartello, né un segnale. Ma a un certo punto, camminando per le strette vie del centro di Bologna, proprio dietro le due torri, ci si ritrova all'Università. Un quartiere intero o meglio, il cuore stesso della città. Lo si capisce dai ragazzi che bivaccano sotto i portici ripetendo le lezioni, dai locali aperti tutto il giorno, dagli annunci per le stanze in affitto appesi ai lampioni. Dalla speranza che traspare dagli occhi di chi, anche in tempi bui come questi, pensa che solo la conoscenza possa fermare il declino, e che non bisogna smettere di credere nel futuro.
L'Alma Mater, l'università più antica del mondo occidentale, fondata nel 1088, è anche fisicamente tutt'uno con Bologna. E non potrebbe essere altrimenti visti gli 87 mila iscritti su 380 mila abitanti, i due milioni di euro che i ragazzi ogni giorno spendono in vitto, alloggio e servizi, un'offerta culturale vastissima e tra le più ricche d'Italia garantita anche grazie all'iniziativa degli studenti: oltre 400 eventi l'anno. Un connubio simbolicamente suggellato quest'anno con la consegna dei dottorati di ricerca sul palcoscenico più prestigioso, Piazza Maggiore. Tutto continua come secoli fa, qui all'Alma Mater. Come nel 1088 quando fu fondata, da studenti e per studenti, «non figlia del potere, ma della coscienza morale e della libertà». Il mito dell'universalità della cultura e del sapere è garantito dall'insegnamento di tutte le discipline: ci sono 72 dipartimenti e 33 facoltà (da Architettura a Medicina, da Ingegneria a ovviamente Giurisprudenza). È la prima meta in Italia per gli studenti Erasmus; oltre 5000 studenti stranieri (il 6% del totale), un'attenzione particolare per gli studenti cinesi. Ed è soprattutto l'unica università italiana tra le prime duecento al mondo, secondo il Qs World University rankings del 2011, e non solo per le materie umanistiche dove è tra le prime 50. Ad Alma Mater ci sono anche 39 corsi internazionali di cui 16 tenuti interamente in lingua inglese; tutti gli studenti inoltre seguono un percorso che li porta a sostenere gratuitamente un esame Toefl. Questa è la sfida: coniugare l'ingombrante e potente passato con le sfide della modernità. Essere competitivi e all'avanguardia senza tradire la propria storia. «In fondo lo spirito è sempre lo stesso. Mettere al centro lo studente», spiega il professor Gian Paolo Brizzi, storico modernista e curatore del museo europeo dello studente aperto all'ultimo piano dell'Ateneo, che cerca di rappresentare «l'intonazione che ogni Paese ha dato all'università nel tempo, proprio attraverso i suoi studenti».
Già quattro secoli prima della scoperta dell'America, chi s’iscriveva all’università godeva di un'autonomia particolare, non doveva sottostare alla tutela, né alle leggi, dell'Imperatore: fino al 1500 gli studenti sceglievano uno tra loro perché facesse il Rettore. Gli stranieri laureati arrivarono a essere il 35% del totale. Sul modello di Bologna, nel Medio Evo, le università sono diventate l'autentico luogo della mobilità, dell'internazionalizzazione, della costruzione di una cultura europea. E ancora oggi è così.
«La nostra forza è l'offerta di uno studio generale, in cui i saperi apparentemente più distanti s’incontrano e si mescolano» - spiega il rettore Ivano Dionigi, quasi in controtendenza rispetto alle tendenze attuali. Strumenti diversi che suonano come un'orchestra. È il segreto per cui aumentano le matricole nonostante il calo anagrafico, per cui è facile assistere nello stesso giorno a un convegno sul latino e a una dimostrazione di droni super sofisticati; per cui il merito, tanto invocato ma poco praticato in Italia, risulta essere la priorità.
«Il mio mandato - spiega il Rettore - s’ispira all'articolo 34 della Costituzione italiana secondo il quale i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Questo si traduce sostanzialmente in tre cose: chi esce dalla maturità con il massimo dei voti non paga le tasse, indipendentemente dal reddito. Ogni anno i 150 più bravi dell'Ateneo ricevono un assegno. Vengono attratti cervelli dall'estero tramite borse di studio da diecimila euro. Ma contemporaneamente e nonostante i numerosi tagli cui è stato sottoposto negli anni il settore, sono stati stanziati 250 mila euro per i più bisognosi, e ci sono programmi di sostegno per chi ha più difficoltà. «Noi non siamo la Normale di Pisa, dove rendiamo fenomeni i pochi già bravissimi - spiega il professor Dionigi Il nostro dovere è di rendere brave quante più persone possibili».
Come farlo con la crisi - e quindi con sempre meno trasferimenti - è il problema. «Dobbiamo lavorare di più, limitare al massimo le spese ed essere in grado di creare un contesto favorevole. Per esempio al personale tecnico-amministrativo, che guadagna poco, l'Università rimborsa l'asilo per i figli, il tragitto casa-lavoro». Petrarca diceva che bisogna avere lo sguardo sia avanti sia indietro. È la forza del nostro Paese che può insegnarlo a tutta Europa. In fondo a Bologna si pratica da 924 anni.
(Fonte: M. Castelnuovo, La Stampa e Le Monde 31-05-2012)

 
LA SICUREZZA DEL LAVORO NELL’UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail

Nei Working Papers di Olympus n. 11/2012 (ISSN 2239-8066) Alberto Tampieri ha pubblicato il saggio “La sicurezza del lavoro nell’università tra regolamento interno e modello organizzativo”.
Il saggio tratta della normativa sulla sicurezza del lavoro nell’ambito dell’Università, muovendo dai regolamenti emanati in seguito all’entrata in vigore del D.M. n. 363/1998 (sulla sicurezza in ambito universitario) e da rivedere dopo il d.lgs. n. 81/2008 e il nuovo schema ministeriale, non ancora approvato. Premessa la sostanziale inutilità di un regolamento “tradizionale”, che si limiti a sovrapporsi all’ampia normativa già esistente, si sostiene invece l’opportunità di adottare, anche in ambito universitario, un modello organizzativo ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008 (sia pure con gli adattamenti del caso, specie per quanto riguarda il meccanismo disciplinare) ovvero, in subordine, un sistema “misto” tra regolamento e modello. Per approfondire si veda al link .

 
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