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25 Giugno
LAUREATI E SPESA PER R&S PDF Stampa E-mail
Secondo il rapporto Ocse Education at a Glance 2011 e l’ultimo rapporto Almalaurea l’Italia è uno dei paesi occidentali con il minor numero di laureati, e quei pochi sono già troppi per il mercato italiano. Pare una contraddizione e invece è un dato importante, perché la contrazione della quota di occupati ad alta specializzazione in un momento di crisi è non solo in controtendenza rispetto a quanto avviene negli altri paesi occidentali, ma è il sintomo di una struttura produttiva che affida la propria permanenza sul mercato esclusivamente alla compressione dei costi di lavoro. Oggi i diciannovenni sono quasi il 40 per cento in meno del 1984, e pur tuttavia solo il 20 per cento dei giovani tra i 23 e i 34 anni si laurea, contro il 37 per cento dei Paesi Ocse. Non solo, ma il numero degli immatricolati continua a scendere, mentre aumenta il numero dei laureati che emigra. Mentre l’unico caposaldo politico condiviso da Washington a Berlino è la necessità d’investire in istruzione come vettore della ripresa sociale, in Italia si è scelta una strada originale. Se guardiamo ai dati Ocse rielaborati dal Ceris nel rapporto Scienza e tecnologia in cifre, vediamo, infatti, che l’Italia è penultima nella spesa per ricerca e sviluppo rispetto agli altri paesi europei, ultima quanto a personale addetto alla ricerca nelle imprese, penultima quanto a percentuale di ricercatori in rapporto al totale degli occupati, terzultima per personale ricercatore nelle università.
(Fonte: redazione roars 11-06-2012)
 
RIFORMA PROFESSIONI, LO SCHEMA DI DPR APPROVATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI PDF Stampa E-mail

Il Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2012 ha approvato in via preliminare uno schema di regolamento di attuazione dei principi dettati dall'articolo 3, comma 5, del Decreto Legge n. 138 del 2011 in materia di professioni regolamentate. Il provvedimento, atteso da qualche tempo, riguarda tutte le professioni ordinistiche (escluse quelle sanitarie) ed è diviso in 4 parti: il Capo I che riguarda le disposizioni generali applicabili a tutte le professioni regolamentate; il Capo II che tratta esclusivamente le disposizioni concernenti gli avvocati; il Capo III inerente alle disposizioni concernenti i notai; il Capo IV che contiene la disciplina transitoria, le abrogazioni e l'entrata in vigore del DPR.
La parte riguardante le disposizioni generali applicabili a tutte le professioni regolamentate, e quindi anche alle professioni tecniche, contiene misure riguardanti: l'accesso ed esercizio dell'attività professionale (art. 2); l'albo unico nazionale (art. 3); i principi di libera concorrenza e di pubblicità informativa (art. 4); l'assicurazione professionale (art. 5); le norme per il conseguimento del tirocinio obbligatorio per l'accesso alle professioni (art. 6); i criteri per la formazione continua del professionista (art. 7); l'incompatibilità dell'attività professionale con le attività che ne pregiudicano l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico (art. 8); le disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate (art. 9).
Con l'entrata in vigore del DPR saranno abrogate tutte le norme incompatibili con quelle introdotte. Successivamente, il Governo, entro il 31 dicembre 2012, raccoglierà le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto dell'articolo 3, comma 5 bis, del Decreto Legge n. 138 del 2011.
(Fonte: lavoripubblici.it 19-06-2012)

 
DOMANDE PER IL PASSAGGIO DI SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE E/O DI SETTORE CONCORSUALE. DETERMINAZIONE DEL CUN PDF Stampa E-mail
Riguardo alla sottoposizione al CUN delle domande per il passaggio di settore scientifico-disciplinare e/o di settore concorsuale, ai fini dell’acquisizione del prescritto parere, considerato l’elevato e crescente numero di domande proposte, ai sensi e per effetto del D.M. 29 luglio 2011, recante Determinazione dei settori concorsuali, raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui all’art.15, legge 30 dicembre 2010, n.240, il CUN nell’intento di garantire uniformità di trattamento anche agli effetti delle valutazioni che si possono dare dei procedimenti seguiti, allo scopo, dagli interessati e dalle Istituzioni universitarie di loro afferenza, ritiene opportuno che l’istanza di passaggio sia presentata dall’interessato al Dipartimento o alla struttura, comunque denominata, di riferimento e trasmessa a questo Consesso dal Rettore, o suo delegato, con allegate le delibere degli organi statutari competenti. Il passaggio deve essere completo di settore scientifico concorsuale e settore scientifico-disciplinare di provenienza e di afferenza.
(Fonte 21-06-2012)
 
UNIONE EUROPEA. OBIETTIVO 82% OCCUPABILITÀ DEI LAUREATI ENTRO IL 2020 PDF Stampa E-mail

Il Consiglio dei ministri dell'Unione Europea ha fissato nella misura dell'82% il nuovo obiettivo da raggiungere entro il 2020 per l'occupabilità dei laureati UE della fascia di età 20-34 a tre anni dalla fine della formazione. Tale obiettivo si riferisce a un tasso medio, in quanto non sarà raggiungibile da tutti i paesi comunitari nello stesso periodo, ma dimostra la volontà di garantire all'Europa una competitività a livello mondiale, senza la quale andrà incontro a un inevitabile declino. Secondo le stime di Bruxelles, entro la fine del decennio il 35% dei posti di lavoro richiederà un titolo d’istruzione superiore. La strategia Europa 2020 punta a rilanciare l'economia nel prossimo decennio attraverso la realizzazione di cinque obiettivi tra loro interconnessi da conseguire sia a livello a nazionale sia europeo (occupazione, ricerca e innovazione, istruzione, lotta alla povertà e integrazione sociale, cambiamento climatico ed energia), e ciò sarà possibile solo attraverso il potenziamento dell'istruzione e della formazione: per quella data la percentuale dei laureati in Europa dovrà raggiungere il 40%.
Le statistiche confermano che i laureati hanno maggiori possibilità di trovare lavoro, e soprattutto di trovarlo più remunerativo rispetto a chi ha qualifiche di livello inferiore.
(Fonte: I. Ceccarini, rivistauniversitas.it 12-06-2012)

 
EUROPEAN RESEARCH COUNCIL. SELEZIONATI 294 PROGETTI DI CUI 20 ITALIANI PDF Stampa E-mail
Le domande per ottenere finanziamenti dall'ERC (European Research Council) sono in costante aumento. Rispetto all'ultima Advanced Grant call, il numero di richieste è aumentato del 13%. Nell'ultima call le proposte di progetti di ricerca da finanziare sono state 2.284 e, di conseguenza, anche il budget totale è stato aumentato del 12% rispetto all'ultimo anno. Quest'anno l'ERC festeggia il primo lustro di vita e il CNR italiano ha organizzato un convegno a Roma il 25 e 26 giugno 2012, dal titolo "The ERC, 5 years of achievements". I progetti di ricerca, che riceveranno singolarmente un importo di circa 2,5 milioni di euro, sono stati selezionati in base a tre campi di applicazione: Scienze sociali e discipline umanistiche; Scienze naturali; Scienze dei materiali e Ingegneria. l'European Research Council ha selezionato 294 progetti di ricerca in Europa, I ricercatori italiani selezionati sono stati 20 (vedi elenco nominativo).
(Fonte: D. Gentilozzi, rivistauniversitas.it 13-06-2012)
 
FRANCIA. LA NUOVA GOVERNANCE DEGLI ATENEI PDF Stampa E-mail

Il tema della governance istituzionale degli Atenei non può essere affrontato come questione a sé stante ma come ricerca della forma di governo più in grado di perseguire, di volta in volta, la missione storica loro affidata. In tale prospettiva, è evidente che il progressivo mutamento o, comunque, l’arricchimento della missione di recente riconosciuta alle Università si rifletta sia sul grado di autonomia degli Atenei sia sulla revisione del loro modello organizzativo interno. L’effettiva funzionalità delle soluzioni organizzative introdotte per il governo delle università, inoltre, ha quale condizione irrinunciabile e prioritaria un’adeguata governance complessiva del sistema universitario ovvero dei modi di esercizio delle funzioni d’indirizzo, di valutazione e di finanziamento esercitate dai poteri pubblici nazionali su di esse. La capacità delle istituzioni universitarie di perseguire le proprie missioni è condizionata infatti, ancor più e prima che dalla loro forma di governo, da dinamiche e scelte d’indirizzo di carattere sistemico. La questione della governance istituzionale più idonea a conseguire la nuova missione assegnata alle Università, di conseguenza, non può essere concepita che come un tassello del mutamento dell’assetto di governo complessivo del sistema universitario e delle forme di esercizio dell’azione pubblica su di esso.
Il formale riconoscimento di autonomia alle università francesi, da parte della Loi Pécresse del 2007, si è accompagnato, di fatto, a una compressione significativa dei profili riservati a quest’ambito ad opera di una regolazione molto analitica, da parte del legislatore nazionale, della forma di governo degli Atenei; da questo sono predeterminati gli organi necessari, sono elencate le competenze del Président e la durata del suo mandato, sono definite in modo analitico la composizione e le competenze del Conseil d’administration ed è sostanzialmente fissato il numero dei componenti esterni; sono individuate, infine, la composizione e le competenze del Conseil Scientific. Il legislatore nazionale, dunque, non si limita a fissare limiti esterni all’esercizio del potere degli Atenei diretto a definirne la governance ma ne condiziona in modo significativo il contenuto. Tale evoluzione è tale da far dubitare circa l’effettivo rispetto, da parte del legislatore, del nucleo indefettibile riconosciuto all’autonomia, vale a dire quello dell’autogoverno delle Università pur formalmente affermato che, pertanto, assume un significato molto più apparente che sostanziale. L’effettivo significato che assume, per il legislatore francese, il riconoscimento di autonomia è quello, principalmente, di porre le condizioni per raggiungere la terza missione assegnata alle università, ovvero l’applicazione delle nuove conoscenze maturate attraverso la ricerca alle attività produttive. Al tempo stesso tale riconoscimento appare la premessa per consentire agli Atenei di federarsi con altri per elevare il loro grado di visibilità sul piano internazionale. A tale riconoscimento dovrebbe conseguire un mutamento di qualità ma non si intensità della regolazione pubblica che avrà il suo baricentro, principalmente, sul sistema dei Contract de Plan introdotto dalla legge Savary del 1984 attraverso una valutazione  ex post dei risultati conseguiti dagli Atenei.
L’autonomia riconosciuta agli Atenei francesi, tuttavia, è ben lungi da assumere il significato assunto in altri sistemi europei d’istruzione superiore e non è certo tale da minare in profondità i tratti egalitari che hanno sempre caratterizzato il sistema universitario francese. Benché sia sempre più diffusa, nella classe politica francese, la convinzione dell’«irréversibilité du mouvement d’autonomie des universités» e nonostante la longue marche delle università francesi in tale direzione la sua effettiva attuazione, tuttavia, è ancora molto debole rispetto ai sistemi di istruzione superiore degli altri Paesi europei, in quanto la Francia risente ancora dell’assetto centralista e uniforme che aveva caratterizzato l’Università imperiale. La trasformazione della governance istituzionale degli Atenei come risposta alle nuove funzioni assegnate alle Università, infine, trasferisce tendenzialmente la sede del potere accademico effettivo all’istituzione nel suo complesso. Tale transizione si scontra con la tradizionale tendenza del personale accademico a sentirsi più parte del proprio settore disciplinare che dell’istituzione universitaria rivolta alla comunità degli utenti del servizio. In tal senso può giovare rifarsi alla tradizione delle università tecniche, dotate tendenzialmente di una più forte identità istituzionale, i cui accademici possiedono quindi, generalmente, una propensione assai maggiore a identificarsi con la propria istituzione universitaria piuttosto che con il settore disciplinare di appartenenza.
Infine, benché i tratti del sistema francese d’istruzione superiore, quanto all’acquisizione di una nuova missione e di una riforma della governance degli Atenei diretta a favorirne il conseguimento, convergano in modo significativo con le riforme di altri sistemi europei, quali, ad esempio, quello spagnolo e italiano, non si può dire che ci si trovi dinanzi ad un modello unico a livello europeo ma che, soprattutto il sistema francese, preservi comunque una specificità legata alla sua storia tale da farne un modello «distinct, spécific, national».
(Fonte: M.Cocconi, «La governance degli atenei francesi» pubblicato sul sito dell’IRPA, Istituto di Ricerche sulla Pubblica Amministrazione, giugno 2012)

 
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