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16 Luglio
I NUOVI LAUREATI. LA RIFORMA DEL 3+2 ALLA PROVA DEL MERCATO DEL LAVORO PDF Stampa E-mail

Curatore: Fondazione Giovanni Agnelli. Editore: Laterza  (collana Percorsi Laterza) 2012, p.p.117.
Obiettivo, evidenziare punti di forza e criticità di una riforma che ha segnato una svolta epocale per gli atenei italiani. Nel bene e nel male. Il rapporto della Fondazione Agnelli (impegnata da tempo a scandagliare i nodi critici della scuola e dell’università) è scandito in sette capitoli: dallo studio della situazione pre e post-riforma ai cambiamenti registratisi in seno alla popolazione universitaria e ai percorsi di studio; dai rapporti tra università e imprese alle prospettive di lavoro per i neo laureati; fino alla situazione in Europa e alle proposte di miglioramento per il futuro. Una fotografia in chiaroscuro, che mette in evidenza sia le buone pratiche, sia le contraddizioni del processo di attuazione della riforma, evidenziando le prospettive di scenario che attendono il nostro sistema universitario, chiamato alla difficile sfida del rinnovamento imposta dall’Europa.
Numerosi gli spunti di riflessione ricavabili dal Rapporto. In primis, l’efficacia della riforma nell’attrarre un numero maggiore di studenti e di congedare una quantità sempre crescente di laureati, in tempi più rapidi rispetto al passato. Accanto a questi buoni segnali, ve ne sono altri meno incoraggianti, che attestano come il processo di attuazione vada ancora migliorato in alcuni passaggi fondamentali. In particolare, sono mancati una regia centralizzata della riforma e un efficace sistema di controllo e di valutazione, fattori che hanno determinato l’accentuarsi della innata autoreferenzialità delle Università: in molti casi si è pensato più ad espandere gli organici che a innovare l’offerta formativa, con scelte solo in parte ispirate ai reali bisogni formativi di una popolazione studentesca in rapida evoluzione, sempre più ampia e diversificata.
In ogni caso il Rapporto mette in evidenza i due risultati conseguiti sul fronte dell’allargamento della base sociale dell’Università: l’attrazione di ceti sociali precedentemente esclusi (o solo parzialmente inclusi) e la correzione (ma soltanto parziale) del carattere di selettività sociale dell’università, risultante dall’aver agevolato l’immatricolazione alle lauree magistrali e a ciclo unico. Ma come sono cambiati i corsi? Si conferma una tendenza già acclarata: ad eccezione degli ex-diplomi, le lauree triennali del nuovo ordinamento offrono una formazione breve, ma non professionalizzante. Il quadro generale è sostanzialmente deficitario: «la riforma è stata vittima della mancanza di un interesse collettivo. Quasi come se l’università fosse un’immensa impresa autogestita, in cui singoli o gruppi hanno facoltà di scegliere i comportamenti individualmente più opportuni e le attività sono orientate a fini particolari: bastava trovare una città senza una sede universitaria, una disciplina bisognosa di risorse, uno studente desideroso di iscriversi a qualunque condizione». Di qui le non poche anomalie registratesi sul versante della coriandolizzazione dei corsi, della stanzialità del corpo docente, della mancata internazionalizzazione, della limitata accountability, della proliferazione delle sedi decentrate. Ecco spiegato il parziale fallimento di una riforma il cui impianto normativo, «non mal disegnato, è stato mal gestito in assenza di linee di indirizzo e di incentivi corretti».
La Fondazione suggerisce pertanto cinque proposte correttive per migliorare il grado di attuazione della riforma: differenziare il sistema universitario, distinguendo meglio formazione triennale, professionalizzante e magistrale/dottorale; conseguire un accreditamento basato sulle risorse effettivamente disponibili e su un monitoraggio costante; ancorare il finanziamento ai costi standard per studente e interiorizzare un sistema di incentivi volto a trasformare i diplomati in buoni laureati (condizione necessaria per poter procedere con la liberalizzazione delle tasse); differenziare le carriere lavorative del personale docente, in funzione di una diversa definizione delle prerogative gestionali, didattiche e di ricerca; abolizione delle lauree a ciclo unico, che «non hanno ragione di esistere dal punto di vista del processo formativo e nemmeno da quello del funzionamento di un mercato del lavoro competitivo».
(Fonte: A. Lombardini)

 
VALUTARE LA RICERCA? CAPIRE, APPLICARE, DIFENDERSI PDF Stampa E-mail

A cura di: Paolo Miccoli, Adriano Fabris. Edizioni ETS 2012, pp. 100. ISBN: 9788846732965.
In questo periodo la discussione sulla valutazione della ricerca in Italia è un tema all’ordine del giorno. Non solo la metodologia, ma il senso stesso del concetto di valutazione - quella che riguarda il sistema della ricerca nel nostro Paese - è oggetto di ampio dibattito, imprevedibile fino a poco tempo fa. Ben venga dunque questo volume che, per primo nel contesto italiano, vuol fare il punto sulla questione e offrire, grazie agli interventi di studiosi, ricercatori ed esperti, una guida e un aiuto a orientarsi nelle nuove procedure. Contributi di: Andrea Lenzi, Paolo Miccoli, Luciano Modica, Vincenzo Barone, Orlando Crescenzi, Adriano Fabris, Giorgio Sesti, Andrea Graziosi, Andrea Bonaccorsi.
(Fonte: edizioniets.it luglio 2012)

 
FEDERALISMO UNIVERSITARIO – LE RELAZIONI TRA REGIONI E UNIVERSITÀ. ESPERIENZE IN ITALIA, GERMANIA E SPAGNA PDF Stampa E-mail

A cura di Benedetto Coccia. Ed. Apes, Roma 2012, pp. 148. ISBN: 978-88-7233-080-7.
L’Istituto di studi politici “San Pio V” ha deciso di fornire un proprio contributo di conoscenza e di idee sul tema del rapporto tra Regioni e università in un momento di particolare attualità della legislazione federalista che ha però alle spalle un corposo background di norme e di esperienze. Questo libro, con dati dettagliati sulla situazione italiana, spagnola e tedesca – paesi “federalisti” a livello di offerta formativa – spiega come le università affrontano l’internazionalizzazione nel loro regionalismo.
Carlo Finocchietti passa in rassegna le università italiane nate a sostegno delle aree produttive specializzate delle diverse regioni italiane, come è il caso formativo e industriale di Biella, in cui eccelle l’ingegneria tessile.
Manuela Costone analizza le leggi e i protocolli d’intesa Stato-Regioni per rafforzare le università mantenendo l’autonomia delle regioni e degli atenei. In Lombardia si è scelta la strada di rafforzare la ricerca e il diritto allo studio siglando un protocollo d’intesa tra Regione e MIUR. La Regione Campania ha firmato un accordo di programma con il MIUR e le sette università campane per razionalizzare l’offerta formativa e offrire servizi più efficienti. La Toscana si sta organizzando per la creazione di un maxidistretto universitario per rilanciare gli studi nella regione a livello internazionale.
Il federalismo universitario caratterizza anche altri paesi europei. In Spagna, ad esempio, le Regioni aumentano le competenze a scapito del centro e negli ultimi venti anni si sono sviluppati sistemi universitari regionali. Marzia Foroni approfondisce i sistemi di valutazione e di finanziamento e descrive il caso catalano, con una forte identità, storia e lingua proprie.
L’esperienza federale della Germania è affrontata da Claudia Checcacci. Due le riforme verso il federalismo: Foederalismusreform I del 2006 e Foederalismusreform II del 2009, con un incremento della spesa pubblica destinata all’istruzione. La studiosa ne affronta i limiti e i punti di forza, sempre nell’ottica dell’internazionalizzazione, della ricerca e della formazione d’eccellenza.
(Fonte: M. Viglione, rivistauniversitas luglio 2012)

 
QUATTRO ANNI DI CUN PER L’UNIVERSITÀ 2007-2010 PDF Stampa E-mail

Consiglio Universitario Nazionale. Servizio informazione e documentazione CUN-Comunicare Università, pp. 423
Curato da Emanuele Toscano “Quattro anni di CUN per l’università” cerca di fare il punto sulle attività del Consiglio Universitario Nazionale nel periodo 2007-2010. Il volume, suddiviso in sette capitoli, contiene testi di Andrea Lenzi, Mario Morcellini, Enzo Siviero, Paolo Rossi, Vincenzo Russo, Andrea Stella, Fabio Naro, Francesco Favotto, Massimo Realacci, Agnese Ferrara, Emanuele Toscano. Ad ogni capitolo, ove necessario, sono stati allegati Pareri, Mozioni e Documenti di lavoro in esteso.
Il CUN è un organo che rappresenta tutte le componenti del mondo universitario – studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo, presidi, rettori, dirigenti amministrativi – e svolge una funzione di anticipazione e armonizzazione delle istanze che provengono dal mondo dell’università con quelle che vengono dagli organi politici e d’indirizzo, nonché dalle altre parti interessate. «Il mondo accademico – spiega il presidente Andrea Lenzi nell’introduzione – attraverso l’opera del suo organo di rappresentanza, il CUN, ha compiuto una serie di micro-rivoluzioni che rappresentano la migliore risposta a una campagna mediatica negativa di inusitata violenza, intesa a dipingere la comunità universitaria italiana come l’insieme dei peggiori vizi nazionali. Il CUN, di concerto e in piena sintonia con il mondo universitario, ha risposto in modo chiaro e in tempi brevi a un’opinione pubblica che chiedeva a gran voce maggiore comunicazione e trasparenza nei criteri di selezioni dei docenti, nonché parametri certi per valutarne oggettivamente l’attività e la produttività e una riduzione della frammentazione e del particolarismo accademico». «La comunità accademica italiana – afferma Lenzi – attraverso il CUN ha suggerito in qualche modo che il rinnovamento del sistema universitario può realmente avviarsi sulla strada della valutazione, della trasparenza e dell’internazionalizzazione. [...] Il sistema universitario si sta sempre più orientando verso criteri di efficienza promossi in questi 4 anni dal CUN e condivisi dalla comunità. Proprio in virtù di questa sua documentata capacità il CUN gestirà, insieme al Ministero e ad altre istanze la fase di applicazione della riforma universitaria, sia dando i suoi pareri ai decreti collegati, sia, e soprattutto, nella predisposizione della cornice condivisa all’interno della quale devono giocare gli attori del sistema».
(Fonte: L. Cappelletti, rivistauniversitas.it luglio 2012)

 
ADIÓS A LA UNIVERSIDAD. EL ECLIPSE DE LAS HUMANIDADES PDF Stampa E-mail

Autore Jordi Llovet. Galaxia Gutenberg/Circulo de Lectores, Barcelona 2011, pp. 408.
La distruzione degli studi umanistici universitari e le sue conseguenze: questo, in breve, l’argomento trattato dal testo di Jordi Llovet. Esso costituisce, secondo l’autore, un sintomo allarmante del fatto che le università non sono più il centro della promozione dell’alta cultura, sostituite da altri tipi di istituzioni lontane anni luce dalle aule, come i centri culturali o le fondazioni. La sua visione può essere tacciata di pessimismo ma la descrizione che fa dell’attuale sistema universitario attinge alle fonti dirette della propria esperienza di docente e da una conoscenza profonda della natura classica degli studi accademici. Tutte le riforme educative, sicuramente, hanno avuto un percorso lungo e sofferto, così come è innegabile che vi sia stato, nell’arco degli ultimi anni, un progressivo impoverimento degli studi classici. L’università, antico tempio del sapere, si è trasformata man mano in una scuola professionale e l’esercizio disinteressato dell’intelligenza è stato offuscato da stimoli più mondani: denaro, successo sociale, etc. L’autore, come molti altri, sostiene che questa evoluzione sia il  frutto degli attacchi della tecnica e di una mentalità mercantilistico-neoliberale che ha portato ad assoggettare anche il mondo delle discipline umanistiche. C’è del vero in questo, ovviamente. Ciò che non si comprende è perché si dovrebbe trasformare ciò che nel corso dei secoli ha dato risultati tanto incoraggianti. Se l’istituzione universitaria, il dialogo rispettoso tra maestri e allievi, la trasmissione del sapere sotto un’autorità competente sono serviti ad umanizzarci, perché ci impegniamo a cambiare tale modello? Seguendo Tocqueville, Llovet punta il dito contro gli eccessi della democrazia egualitaria e sottolinea l’incompatibilità dei suoi dogmi con il lascito delle discipline umanistiche.
(Fonte: Josemaría Carabante, “Aceprensa”, 11-01-2012; E. Cersosimo, rivistauniversitas.it)

 
L'ACCESSO ALL'UNIVERSITÁ TRA RICERCA DELL'EQUITÁ E VALORIZZAZIONE DEI TALENTI PDF Stampa E-mail

A cura di Benedetto Coccia e Carlo Finocchietti. 2011 Ed. Aspes s.r.l. ISBN: 978-88-7233-067-8
La scelta dell’Istituto di studi politici “San Pio V” di avviare questa ricerca finalizzata a comprendere – al di là degli stereotipi e delle semplificazioni – cosa stia realmente accadendo in tema di accesso agli studi universitari in Italia e a valutare la capacità delle università di intercettare la domanda di alta formazione e l’equità delle politiche adottate nel nostro Paese, trova origine in due ranking internazionali sulla qualità dei sistemi universitari, entrambi pubblicati nel 2008, dai quali emerge una posizione italiana nelle graduatorie mondiali inaspettatamente lusinghiera.
Contenuti: Equità, merito, qualità di massa. Strategie di governo degli accessi all’università in Italia di Carlo Finocchietti. L’accesso all’istruzione superiore nel dibattito internazionale e nella costruzione dello Spazio europeo dell’istruzione superiore di Giovanni Finocchietti. La selezione in ingresso degli studenti universitari. Stato attuale, confronto internazionale e prospettive future di Giulia Gubbiotti. Valorizzare i talenti. I percorsi di eccellenza nella formazione universitaria di Maria Cinque.
(Fonte: editriceapes.it)

 
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