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23 Agosto
FUORICORSISMO. UNA SERIE DI RIMEDI PER RIDURLO PDF Stampa E-mail

I rimedi al “fuoricorsismo” per essere efficaci, dovrebbero agire su più fronti contemporaneamente: sui meccanismi di accesso all’università, sui contenuti e sull’organizzazione dell’attività didattica, sul finanziamento del sistema universitario e, infine, sui collegamenti con il mercato del lavoro. Anzitutto emerge la necessità di rafforzare le attività di orientamento già negli ultimi anni delle scuole superiori, in modo da consentire ai giovani di individuare per tempo il percorso universitario più adatto alle loro caratteristiche. Tali misure dovrebbero poi essere accompagnate – al completamento degli studi secondari superiori – da efficaci meccanismi di regolamentazione degli accessi all’università. La creazione di percorsi professionalizzanti da affiancare a quelli più teorici, in particolare, consentirebbe di indirizzare in maniera appropriata i vari candidati verso percorsi di formazione in linea con le attese e competenze maturate. In attesa di interventi volti a creare percorsi differenziati all’interno del sistema universitario sarebbe comunque utile porre più attenzione – anche negli attuali percorsi di studio – al risvolto applicativo degli studi, stimolando gli studenti a sviluppare capacità di problem solving, le più utili nel mercato del lavoro.
Anche l’attuale organizzazione degli studi andrebbe rivista: riducendo l’eccessiva flessibilità nella programmazione degli esami da parte degli studenti, limitando la possibilità di sostenere più volte lo stesso esame e vincolando l’iscrizione all’anno accademico successivo solo agli studenti che hanno superato tutti gli esami previsti nel piano di studio dell’anno precedente. Gli interventi appena descritti, tuttavia, non sarebbero in grado di incidere positivamente sulla regolarità degli studi in assenza di una migliore allocazione delle dotazioni di capitale fisico e umano, tale da consentire lo svolgersi di attività didattiche per piccoli gruppi e di agevolare di conseguenza l’interazione continua tra docenti e studenti. Ricadute positive in termini di riduzione degli abbandoni e della durata degli studi si avrebbero poi dal rafforzamento del diritto allo studio, in modo da garantire agli studenti meritevoli di completare la formazione terziaria indipendentemente dalla ricchezza personale e familiare.
Dal lato del finanziamento derivante dalle famiglie, sembra condivisibile l’ipotesi sollevata dal ministro Profumo di introdurre maggiori incentivi (o quanto meno eliminando gli attuali disincentivi) a un percorso di studi regolare. Dal lato del finanziamento derivante dallo Stato, invece, l’introduzione nel meccanismo di determinazione del Fondo di finanziamento ordinario delle università di indicatori che penalizzano le università con una quota elevata di fuoricorso sembra andare nella logica di incoraggiare gli atenei a creare le condizioni affinché gli studenti si laureino nei tempi previsti. Tali misure dovrebbero essere però accompagnate da adeguati strumenti di verifica, al fine di evitare uno scadimento della qualità della didattica.
Considerando poi come le difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro costituiscano un forte disincentivo a laurearsi nei tempi previsti, l’ultimo fronte su cui si dovrebbe agire è quello – cruciale – della transizione università-lavoro.
(Fonte: F. Pastore, Il Mulino 07-08-2012)

 
STUDENTI. ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ. CORSI A NUMERO PROGRAMMATO: CAMBIANO LE REGOLE PER L’ASSEGNAZIONE DELLA SEDE PDF Stampa E-mail

Per l'anno accademico 2012-2013 il MIUR ha reso noti calendari, posti disponibili e modalità di ammissione ai corsi universitari a numero programmato. Una delle grandi novità riguarda le regole per l'assegnazione della sede universitaria agli idonei delle prove di ammissione ai corsi a numero programmato: il D.M. 28/6/2012, n. 196 ha stabilito - in via sperimentale - l'aumento delle graduatorie territoriali per aggregazione di Atenei, anziché per singole sedi. Utilizzando le modalità di apparentamento di Università, che per Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria erano state già utilizzate lo scorso anno in due soli gruppi di Atenei (Udine - Trieste e Sapienza Università di Roma), il prossimo anno saranno estese a 12 analoghe fattispecie (Vedi nel link all’articolo esteso).
Per Medicina Veterinaria saranno confermate le disponibilità unificate dello scorso anno (Bologna, Milano, Parma, Padova, Teramo e Camerino) così come per Architettura (Napoli "Federico II" e Salerno).
Il D.M. 04/07/2012, n. 214 si riferisce, in particolare, alle prove per l'ammissione al corso di laurea in Medicina in lingua inglese - predisposte dal Ministero, avvalendosi di Cambridge Assessment - cui dovranno sottoporsi gli studenti comunitari, gli stranieri migranti già presenti sul nostro territorio (ex L. 189/2002) e gli stranieri residenti all'estero nell'ambito della riserva di posti a loro favore. Tali corsi sono organizzati dalle Università di Bari, Milano, Pavia, Sapienza Università di Roma, Roma - Tor Vergata e Napoli "Federico II".
L'estensione sopra descritta per i corsi di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria in lingua italiana costituisce una soluzione di compromesso alla pronuncia del Consiglio di Stato (Ordinanza 18/6/2012, n. 3541), che ha rimesso alla Corte Costituzionale la Legge n. 264/1999 istitutiva dei test per i corsi a numero programmato e adottata in ottemperanza della Sentenza della Consulta n. 383 del 27/11/1998, rinvenendovi una possibile incostituzionalità della stessa nella parte in cui "all'esito dello svolgimento delle prove preselettive non prevede la formazione di una graduatoria unica nazionale in luogo di graduatorie plurime per singoli Atenei". (1)
La decisione della Corte Costituzionale avrà il potere di consolidare o minacciare l'esistenza delle regole per il mantenimento del numero programmato nell'accesso a una particolare tipologia di corsi universitari, quali quelli del settore sanitario.
(1). Come precisa il massimo organo di giustizia amministrativa, l'ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito del candidato, "ma da fattori casuali e affatto aleatori, legati al numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo e dal numero di concorrenti presso ciascun Ateneo, ossia fattori non ponderabili "ex ante"". Lo scorso anno, ad esempio, per l'ammissione a Medicina presso l'Università di Verona è stato necessario un punteggio di 49,5 punti, mentre nel Molise ne sono bastati 40,75. Tale sistema "lede l'eguaglianza tra i candidati e il loro diritto fondamentale allo studio", originando un’ingiusta penalizzazione delle aspettative dei candidati di essere giudicati con un criterio meritocratico senza consentire alle Università la selezione dei migliori.
(Fonte: L. Moscarelli, rivistauniversitas.it luglio 2012)

 
ORIENTAMENTO UNIVERSITARIO. PRINCIPALI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI IN MATERIA PDF Stampa E-mail

La comparsa del concetto di orientamento universitario è nato negli anni Settanta del Novecento con la liberalizzazione degli accessi conseguente alla legge 910 del 1969 che istituiva la cosiddetta “università di massa”. L’orientamento universitario trovava poi una chiara collocazione nel D.P.R. 382/80 sul riordino della docenza. All’articolo 10, infatti, tra i compiti istituzionali del docente figurava anche quello relativo ai “compiti di orientamento per gli studenti”, un compito che, soltanto in apparenza, si limitava “alla predisposizione dei piani di studio”. Il D.P.R. 382, infatti, faceva esplicito riferimento sia alle attitudini degli studenti, sia a eventuali percorsi personalizzati legati ai risultati già conseguiti: l’attività di orientamento diveniva così garante delle attitudini degli studenti.
Negli anni Novanta l’orientamento trovava spazio nella legge 341/90 sulla riforma degli ordinamenti didattici laddove venivano previsti una serie di servizi integrativi per assicurare agli studenti forme di sostegno nei momenti cruciali della loro carriera, dall’iscrizione all’elaborazione dei piani di studi, fino all’iscrizione a corsi post-laurea. L’articolo 6 della legge 341 imponeva agli Atenei italiani di realizzare “corsi di orientamento degli studenti, gestiti dalle università anche in collaborazione con le scuole secondarie superiori”, inaugurando, così, una tendenza, confermata dalla successiva legge quadro 390/1991, che separava l’“orientamento al lavoro” – la cui gestione spettava alle Regioni ed agli Enti locali – dall’“orientamento agli studi”, di competenza universitaria. È con la legge 127/1997 che l’orientamento universitario comincia a concretizzarsi in opportunità operative. Al comma 95 dell’articolo 17 si rinviano a successivi decreti ministeriali alcune attività fondamentali delle università, tra cui: “Modalità e strumenti per l'orientamento e per favorire la mobilità degli studenti, nonché la più ampia informazione sugli ordinamenti degli studi, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici”. Il decreto attuativo (D.M. 245/97), promulgato lo stesso anno, conteneva una serie di indicazioni sulle attività accademiche di orientamento: “Le università – si legge al comma III dell’articolo 3 – di norma prima dell’inizio dei corsi ufficiali e in relazione ad uno o più corsi di laurea, organizzano attività di orientamento e insegnamento, le quali comprendono i contenuti caratterizzanti, le conoscenze generali e propedeutiche, forme di tutorato e di assistenza agli studenti, nonché test autovalutativi. Tali attività si concludono con una valutazione finale, non condizionante l’iscrizione”.
Nonostante questi provvedimenti legislativi nell’orientamento universitario, insomma, continuava a prevalere il momento puramente informativo, come confermato dalla legge 264/99 che, precisando ulteriormente le norme in materia di accesso ai corsi universitari, rinnovava l’invito a prevedere “attività di informazione e orientamento degli studenti da parte degli atenei e del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, introduzione graduale dell’obbligo di preiscrizione alle università, monitoraggio e valutazione da parte del citato Ministero dell’offerta potenziale degli atenei” (art. 3, comma d). La svolta sarebbe avvenuta pochi mesi dopo: il Decreto ministeriale numero 509 del 3 novembre 1999, nel regolamentare l’autonomia didattica degli atenei, predisponeva una gamma articolata di interventi orientativi da espletarsi prima, durante e dopo il percorso accademico. Il Decreto Legislativo numero 276/2003 (la cosiddetta “Legge Biagi”), peraltro, ha investito le università del compito di mediare tra il sistema dell’alta formazione e il mondo del lavoro. Numerose sono state le risposte del mondo accademico a questa nuova responsabilità: spiccano, tre le altre iniziative, la costruzione di una banca dati e la progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate all’inserimento lavorativo. Nella Legge 240 del 30 dicembre 2010, vi sono riferimenti espliciti al tema dell’orientamento che sebbene piuttosto ridotti hanno conseguenze molto incisive. In particolare, nel c. 3 dell’articolo 5, alla lettera f), vengono stabilite, tra le condizioni di sopravvivenza, anche finanziaria, dei collegi universitari legalmente riconosciuti, le loro capacità di assicurare agli studenti, oltre che servizi educativi e integrativi dell’offerta formativa, anche percorsi di orientamento in ingresso e in uscita. Nell’articolo 6, poi, a proposito dello stato giuridico del personale docente, la Legge 240 sancisce l’obbligo per professori e ricercatori di ruolo di riservare un certo numero di ore alle attività di orientamento agli studenti, consolidando la già citata tendenza apparsa nei precedenti DD.MM. 270/04, 362/07 e 506/07 sul possibile impiego dei docenti nelle attività di supporto alla didattica.
(Fonte: L. Traetta,metis.progedit.com luglio 2012)

 
STUDENTI. ORIENTAMENTO UNIVERSITARIO. IL SISTEMA “ALMAORIENTATI” PDF Stampa E-mail

Come AlmaLaurea abbiamo valutato che la maggior parte di chi si iscrive all'università viene da famiglie in cui non ci sono laureati. Secondo, abbiamo rilevato che ogni anno l'università perde, in media, 18 immatricolati su 100. Inoltre i dati dell'Ocse dicono che abbiamo una quota di laureati, nella popolazione fra i 24 e i 35 anni, di 20 su 100 mentre la media Ocse è di 38. Partendo da queste considerazioni, il nostro sistema “AlmaOrientati” è diviso in quattro tappe: la prima è stata fatta con la collaborazione di colleghi psicologi ed è volta ad accertare i punti di forza e di debolezza del ragazzo che compila il questionario. Il secondo mostra qual è il vantaggio di fare l'università in termini occupazionali. Il terzo percorso racchiude un elenco di materie che costituiscono la spina dorsale di ogni corso di laurea e ad ognuno occorre dare un voto per capire quali sono i desiderata dello studente. Questi dati vanno ad incrociarsi con quelli della banca dati del ministero, restituendo i corsi di laurea che sono più affini alle capacità del ragazzo, specificando università, nomi di professori e persino di tutor. L'ultimo step è un questionario che è volto a capire quale lavoro desidera svolgere il ragazzo.
(Fonte: A. Cammelli, ilsussidiario.net 19-07-2012)

 
DDL ENTI REGIONE, DIRITTO ALLO STUDIO, PRIMI ARTICOLI PDF Stampa E-mail

L'Aula ha avviato l'esame del titolo V del disegno di legge di riforma degli enti regionali comprendente gli interventi in materia di istruzione, università e ricerca, con norme riguardanti il diritto allo studio universitario. E’ iniziata l'illustrazione degli emendamenti al primo articolo di questa parte della legge, il 15, riguardante oggetto e finalità. Il contesto normativo è quello europeo in cui si fondono la visione liberale e quella solidale. Quanto all'impatto economico, l'obiettivo è risparmiare spedendo di meno per la burocrazia e di più per i servizi. Infine, l'articolo 15 è stato approvato e fra le finalità introduce anche la promozione di un sistema formativo di supporto nella scelta delle opportunità in materia di istruzione universitaria e di alta formazione, compresa la formazione per la ricerca. Integrato anche l'articolo 16, sui principi, da un altro emendamento che pone l'accento sulla promozione dell'internazionalizzazione. L'articolo 22 sulla tassa regionale per il diritto allo studio universitario ha visto accogliere la modifica che stabilisce che la tassa sia articolata in tre fasce.
(Fonte: AGENPARL 31-07-2012)

 
RAPPORTO ISTAT 2012. I CAMBIAMENTI NEL SETTORE DELL'ISTRUZIONE SUPERIORE PDF Stampa E-mail

Il Rapporto annuale 2012 dell'Istat offre un quadro dettagliato della situazione italiana degli ultimi venti anni. Per quanto riguarda il sistema universitario, fino alla riforma che nel 2000 ha introdotto il modello a cicli di studio ("Processo di Bologna") l'articolazione dei corsi era poco flessibile, il numero dei laureati era tra i più bassi d'Europa, i tassi di abbandono erano alti e la durata media degli studi era molto superiore a quella prevista dagli ordinamenti. Negli anni Novanta si era registrato una flessione delle immatricolazioni; poi, con l'attivazione dei corsi del nuovo ordinamento e l'accresciuta offerta formativa, sono aumentate le immatricolazioni fino al picco nel 2003-2004, per poi calare di nuovo. Da notare che, fin dall'inizio degli anni Novanta, le immatricolazioni femminili erano superiori a quelle maschili: nell'A.A. 2009-2010 le donne hanno rappresentato il 56,2% degli immatricolati. L'introduzione delle modifiche nell'ordinamento ha fatto aumentare i tassi di conseguimento delle lauree; infatti, pur con una flessione costante negli ultimi anni, la percentuale complessiva (ovvero, sia per le lauree triennali che a ciclo unico) è del 31,6%, contro il 19,8% del periodo pre-riforma. Nonostante il complessivo miglioramento, l'Italia è ancora lontana dall'obiettivo fissato dalla Strategia Europa 2020 che prescrive di innalzare al 40% i giovani in età 30-34 anni in possesso di un'istruzione universitaria (laurea o titolo equivalente). Nel 2010 la quota italiana era ancora al 19,8%. L'istruzione è sempre un fattore chiave di mobilità sociale e un modo per stimolare la crescita economica grazie a un migliore capitale umano, ma la classe sociale della famiglia d'origine è determinante: oggi solo il 12,5% dei figli di operai raggiunge la laurea, mentre per i figli di famiglie borghesi la percentuale sale al 40%. Anche l'abbandono scolastico è più frequente nelle classi meno elevate.
(Fonte: I. Ceccarini, rivistauniversitas.it 17-07-2012)

 
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