Home 2012 8 Ottobre UNIBO. PROGETTO BIOCLEAN
UNIBO. PROGETTO BIOCLEAN PDF Stampa E-mail
Si conoscono batteri e funghi che mangiano la plastica e occorre aiutarli a digerirla più rapidamente. E’ l’obiettivo principale di un grande progetto di ricerca europeo denominato “Bioclean”, coordinato dall’Università di Bologna e al quale partecipano 19 partner, fra cui sette piccole e medie imprese del continente, l’ateneo cinese Nanjing University e l'associazione europea delle industrie dei polimeri (PlasticsEurope). Tre milioni di finanziamento per tre anni di lavori al termine dei quali, si spera, ci saranno nuovi brevetti e nuovi microrganismi in grado di apprezzare gli indistruttibili polimeri come un piatto prelibato, di conseguenza biodegradabile, sia sulla terra sia in mare. Non sarebbe una soluzione da poco, poiché il problema dell’inquinamento da prodotti plastici derivanti da idrocarburi è allarmante: in Europa, la produzione totale è a quota 57 milioni di tonnellate, mentre i rifiuti post-consumo sono oltre 24 milioni di tonnellate; di questi 10,4 milioni di tonnellate vengono smaltiti e 14,3 milioni di tonnellate recuperati. Una delle conseguenze più inquietanti dello smaltimento è quella dei micro frammenti di plastiche che finiscono in mare e da lì, purtroppo, nella pancia dei pesci e quindi in quella degli esseri umani. L’idea alla base del progetto è semplice e geniale, come spiega Fabio Fava, professore di Biotecnologia Industriale del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell'Università di Bologna, a capo del pool dei partecipanti: “Noi sappiamo - dice - che in vecchie discariche di idrocarburi si formano microrganismi in grado di smaltire rapidamente i prodotti di scarto. All’inizio la maggior parte muore, ma chi sopravvive si rafforza, cambia e diventa capace di nutrirsi di ciò che prima lo avvelenava, trasformando un potenziale nemico in una riserva di cibo inesauribile. La scommessa che stiamo facendo è la stessa. Nelle discariche su terra o marine ci sono già microrganismi in grado di biodegradare i polimeri, ma il loro processo è molto lento, vorremmo accelerare questa capacità e poi sperimentarne gli effetti, anche in mare”.
(Fonte: firstonline.info 04-10-2012)