Home 2012 18 Novembre LE PROFESSIONI DELLA TUTELA IN EMERGENZA
LE PROFESSIONI DELLA TUTELA IN EMERGENZA PDF Stampa E-mail

Un convegno organizzato dall’Associazione Bianchi Bandinelli ha da poco richiamato l’attenzione sull’emergenza in cui versano le professioni della tutela. Scavi archeologici e campagne di catalogazione sono affidate a giovani precari mentre crescono collaborazioni esterne con società prive di personale qualificato. Si moltiplicano i manifesti per “sviluppo e cultura” ma lo Stato taglia le cattedre di storia dell’arte negli istituti tecnici e perfino in quelli turistici. A che pro, deve avere pensato il legislatore, insegnare chi fossero Veronese, Palladio o Valadier a futuri geometri, progettisti di servizi culturali per la Rete o guide? “Impresa innanzitutto”, stabiliscono gli esperti del Sole 24Ore nel ripresentare il “Manifesto della cultura” in edicola. “La cultura ha bisogno di uno spirito imprenditoriale nuovo capace di superare vecchi steccati e vecchie ideologie”. Concordiamo. Ma la domanda è: innovazione, efficienza o “spirito imprenditoriale” coincidono necessariamente con “privato”? Potremmo supporre che non sia sempre così. Esiste un modello politico-istituzionale specificamente italiano, esemplificato dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro e dall’Opificio delle Pietre Dure, che ha riscosso nei decenni il più ampio riconoscimento internazionale: un’agenzia tecnica centrale a finanziamento pubblico capace di porre in connessione ricerca, conservazione e didattica. Questo stesso modello oggi è in crisi perché sottofinanziato: per incuria o ostilità politico-ideologica, in altre parole, non per impasse interna.
Il dibattito sulla trasformazione di Brera in Fondazione di diritto privato oppone storici dell’arte a storici dell’arte, responsabili della tutela a “decisori” e economisti. Con l’attribuzione alla Fondazione della duplice competenza su beni immobili e collezioni il governo è apparso consolidare la fuorviante distinzione tra “tutela” e “gestione” e svilire le funzioni pubbliche di custodia, pure previste dalla Costituzione. Esistono garanzie che gli obiettivi scientifici e didattici risultino vincolanti anche in futuro? Inoltre: è ammissibile che il problema della riqualificazione delle competenze pubbliche sia ancora una volta tralasciato?
Sul tema del decentramento degli enti di tutela si sono recentemente espressi in modo assai negativo Ernesto Galli della Loggia, Il paesaggio preso a schiaffi, in: Corriere della Sera, 27.8.2012, pp. 1, 30; Antonio Paolucci, Il federalismo irresponsabile che devasta il nostro paesaggio, in: Corriere della Sera, 28.8.2012, p. 24. Per un inquadramento complessivo della questione con particolare riferimento agli aspetti politici e storico-giuridici (preunitari e unitari) della questione cfr. Salvatore Settis, “Italia S.p.A.” (2002) e “Paesaggio Cemento Costituzione” (2010). Cfr. anche Luigi Piccioni, “Un punto d’arrivo, un punto di partenza”. Discutendo di “Paesaggio Costituzione cemento”, in Storica, XVIII, 52, 2012, pp. 86-111.
(Fonte: M. Dantini, roars.it 09-11-2012)