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18 Novembre
RICERCA. SUL FARE GIOCO DI SQUADRA PDF Stampa E-mail

Il Ministro Profumo ha idee semplici ma chiare: poiché l’Italia riceve dall’Europa finanziamenti per la ricerca che sono circa la metà di quello che versa, è necessario “allenarsi a fare gioco di squadra” in vista del futuro programma Europeo Horizon2020. In pratica l’idea è che i ricercatori italiani sono individualisti e che ognuno va per la sua strada. Invece bisogna che facciano “gioco di squadra” concentrandosi su pochi obiettivi scientifici in modo da poter fare massa critica e portare a casa qualche fondo europeo in più. Come ha spiegato Andrea Bellelli, quello di Profumo “è un ragionamento semplicistico. Tra le varie cose che si potrebbero dire in merito, ne cito una sola: l’Italia ha la metà degli addetti alla ricerca della Francia e un terzo di quelli della Germania in rapporto alla popolazione … Se si tiene conto di questo punto, il dato del Ministro Profumo assume un preciso significato: l’Italia finanzia la ricerca Europea in proporzione al PIL e riceve indietro finanziamenti dall’Europa in proporzione al numero di ricercatori che ha. Per riottenere il 100% di quanto l’Italia versa all’Europa, ciascun ricercatore italiano dovrebbe ottenere in media il doppio dei finanziamenti che ricevono i suoi colleghi francesi o tedeschi. L’idea di aggregare gruppi di ricerca facendo pressione sulla leva del finanziamento è a svantaggio del finanziamento della ricerca di base e a vantaggio dei grandi gruppi che fanno ricerche più applicative.
(Fonte: F. Sylos Labini, MicroMega 12-11-2012)

 
RICERCA, INNOVAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE. TAGLI ALLE SPESE PDF Stampa E-mail

Per centrare gli obiettivi della spending review lasciando inalterato l’orario degli insegnanti, la Commissione Bilancio della Camera, approva un emendamento che taglia le spese a danno di ricerca, innovazione, nuove tecnologie. L’emendamento, in particolare, raggiunge le risorse programmate dal taglio della spending review per il ministero dell’Istruzione attraverso diverse misure. Si interviene sul fenomeno dei distacchi «non sindacali», cioè su quella massa di docenti dislocata in altri comparti della pubblica amministrazione. Il risparmio da questa voce di spesa sarà di 1,8 milioni di euro per l'anno venturo e 5,4 sia per il '14 che il '15. Per tutti e tre gli anni saranno tagliati anche 20 milioni l'anno per i piani PRIN e FIRST. I PRIN sono i Progetti di rilevante interesse nazionale, cioè quei campi di ricerca - definiti al tempo della ministra Moratti - su cui l'Italia deve puntare per la competitività del suo sistema produttivo. I FIRST sono i fondi di intervento per la ricerca scientifica e tecnologica: entrambi perdono in totale 60 milioni nel triennio. Poi c'è un altro acronimo caro al mondo della scuola: Mof, cioè miglioramento dell'offerta formativa. E' un generoso capitolo di spesa ricco di quasi un miliardo l'anno, che viene però tosato di quasi 50 milioni l'anno (47,5) nel triennio. I corsi Mof sono tutti quelli attraverso cui sono immessi nuovi insegnamenti nella scuola: educazione ambientale, stradale, alla legalità e simili. Per il solo 2013 è previsto il taglio di 30 milioni per il programma Smart City, che dovrebbe rendere più vivibili e tecnologiche le città e che coinvolge anche le tecnologie scolastiche. Ma la voce più consistente riguarda il fondo per la valorizzazione della scuola e dell'università, istituto nel 2011 dall'allora ministro Gelmini. Avrebbe dovuto sostenere tra l'altro gli studenti migliori con borse di studio, ma non è stato mai attivato. Da ultimo ci aveva provato il ministro Profumo, con il provvedimento sul merito degli studenti. Ma, dopo averlo annunciato, visto il fuoco di sbarramento del parlamento e dei sindacati, il decreto legge non è mai stato presentato al Consiglio dei Ministri. Nel triennio questo fondo sarà prosciugato di oltre 328 milioni. Servirà a pagare quote sempre più consistenti dei risparmi dovuti da viale Trastevere al Tesoro: per il 2013 si tratta di un contributo di 83,6 milioni di euro, che diventano 119,4 milioni nel 2014 e poi 125,5 dall’anno successivo. Per il solo 2015, infine la rimodulazione della spesa ordinaria consentirà delle economie di ulteriori 58 milioni (57,9).
«L'Italia dovrebbe capire che si possono fare tagli su tutto, ma non sulla ricerca che è elemento essenziale su cui si basa la crescita economica, culturale e sociale di ogni Paese - è stato il commento inascoltato del presidente del CNR, Luigi Nicolais, in relazione ai tagli sui fondi FIRS e PRIN - il problema del nostro Paese è aver perso di vista l'obiettivo primario, la crescita che non si ottiene senza investire in ricerca e formazione».
(Fonti: R. Masci, La Stampa 13-11-2012; ItaliaOggi 13-11-2012 )

 
RICERCA SANITARIA. NE PARLA IL MINISTRO DELLA SALUTE PDF Stampa E-mail

La ricerca sanitaria rappresenta uno strumento indispensabile e formidabile per ottimizzare l'investimento non solo in termini di salute, ma anche di sostenibilità economica, cioè di sviluppo e di crescita culturale e sociale. Nel mondo della ricerca italiana quella sanitaria è il comparto che meglio ha saputo utilizzare finanziamenti. Ma non basta. Occorre fare più rete e per la prima volta quest'anno è stato avviato un piano triennale, di maggiore respiro. Il valore complessivo del finanziamento è intorno ai 300 milioni di euro, di cui 177 per la ricerca corrente e il resto per la ricerca finalizzata. Per quest'ultima è stato emesso un bando per 136 milioni di euro.
Con alcune innovazioni. Ci sono 56 milioni euro per giovani ricercatori sotto i 40 anni, perché vogliamo stabilizzare i «nostri cervelli». Abbiamo previsto anche una quota per il salario dei giovani rícercatori per i tre anni di durata della ricerca. Ci sono 10 milioni per i progetti di ricercatori italiani all'estero, cinque milioni di euro per progetti che coinvolgono l'industria che dovrà finanziare per il cinquanta per cento progetti che potrebbero avere sviluppo produttivo. Infine abbiamo previsto 22 milioni di euro per programmi di rete, dalla ricerca pre-clinica agli studi di sostenibilità economica per dare risposte concrete a molte patologie, che hanno un rilevante impatto sui cittadini e sul Servizio sanitario nazionale, come ad esempio l'Alzheimer.
Mettere denaro nella ricerca significa in prospettiva ridurre la spesa sanitaria, perché investiamo in prevenzione e in diagnosi precoce. E questo è un buon modo di spendere denaro pubblico.
(Fonte: Il Messaggero 13-11-2012)

 
RICERCA E INNOVAZIONE. UN APPELLO PDF Stampa E-mail

La recente indicazione che sta emergendo anche in sede europea per un maggiore impegno verso le questioni dello sviluppo, della ricerca e dell’innovazione coglie finalmente un punto centrale del ruolo europeo, ma nel contempo esalta i ritardi e le difficoltà crescenti del nostro Paese. L’iniziativa vuole essere un Appello perché il mondo della ricerca e della cultura cosi direttamente chiamato in causa contribuisca con un proprio impegno e con una propria elaborazione a questo processo. Evitando accuratamente posizioni corporative e allargando l’analisi ai problemi generali del Paese, ci sembra che proprio i ritardi “culturali” in materia di società della conoscenza rappresentino un ostacolo e un limite da superare necessariamente anche con il contributo di quanti non da oggi, peraltro, lamentano e segnalano il declino italiano. A questo fine riteniamo di poter indicare intanto tre obiettivi generali, intorno ai quali articolare una serie di interventi e, in definitiva, un Progetto da sottoporre alle responsabilità politiche che avranno manifestato un’apertura e una condivisione nel tradurre questo Progetto in un’azione di governo. Questi Obiettivi generali potrebbero essere cosi espressi:

  • Portare il sistema formativo, universitario e della ricerca ai livelli della media dell’Unione Europea nell’Arco di tempo di due legislature (politiche economiche).

  • Promuovere nello stesso arco temporale una struttura e una specializzazione produttiva capace di perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile del Paese (politiche industriali).

  • Promuovere nella società civile –anche attraverso il concorso di autonome iniziative– la coscienza critica delle trasformazioni rese possibili dalla civiltà della conoscenza, nonché l’individuazione di tematiche sensibili e di interesse generale relative alla qualità etica, economica e sociale di uno sviluppo intrecciato con lo sviluppo delle conoscenze scientifiche (politiche educative).

Per le ipotesi d’intervento conseguenti ai tre obiettivi generali e per sottoscrivere l’appello si veda http://www.roars.it/online/riprendiamo-il-dibattito-per-costruire-un-progetto-per-il-paese/
(Fonte: roars 14-11-2012)

 
RICERCA. L'ITALIA NON SOFFRE DI FUGA DEI CERVELLI MA DI SCARSA MOBILITÀ DEI RICERCATORI PDF Stampa E-mail

Non più fuga dei cervelli, ma circolazione dei cervelli a livello globale: è questo il nuovo elemento di forza dei Paesi che puntano sulla ricerca. Tanto che i ricercatori che restano fermi, senza fare nemmeno un'esperienza all'estero, finiscono con il restare indietro in termini di produttività scientifica. Lo dimostra lo studio condotto dalla Elsevier, analizzando i dati della banca dati bibliometrica Scopus. Quest'ultima raccoglie 15 anni di dati relativi alle pubblicazioni scientifiche. Grazie ad essi ''e' possibile 'tracciare' la produttività di un ricercatore'', ha detto il vicepresidente senior della Elsevier, Michiel Kolman. ''L'attivita' di ogni ricercatore o gruppo di ricerca - ha spiegato - può essere registrata per mezzo delle pubblicazioni''.
In questo contesto l'Italia si colloca al quarto posto a livello internazionale per numero di pubblicazioni, preceduta da Francia, Germania e Stati Uniti. Un dato questo che riguarda i ricercatori più aperti alla collaborazione o a trascorrere almeno un periodo di lavoro all'estero. Tanto che la circolazione dei cervelli (italiani che pubblicano all'estero o ricercatori che dall'estero pubblicano in Italia) riguarda nel nostro Paese il 32,6% dei ricercatori, con un indice di produttività maggiore del 52% rispetto alla media italiana. I ricercatori che non hanno mai lasciato l'Italia, pari al 58%, hanno invece una produttività minore del 40% rispetto alla media italiana. Un dato, secondo Kolman, dal quale emerge che ''l'Italia non soffre di fuga dei cervelli, ma di scarsa mobilità dei ricercatori''.
(Fonte: ansa.it 14-11-2012)

 
RICERCATORI. STANZIALI, MIGRATORI (EMIGRATI E IMMIGRATI) E VISITATORI. PIÙ ALTA LA PRODUTTIVITÀ DEI VISITATORI. BRAIN IMPORT-EXPORT: SALDO NEGATIVO DELLO 0,8% PDF Stampa E-mail

In un’analisi condotta dalla casa editrice scientifica Elsevier nel periodo 1996–2011 sulla base dati Scopus, emerge che l’internazionalizzazione della ricerca, che in gran parte si realizza attraverso la mobilità dei ricercatori, è un fattore critico di successo per la ricerca scientifica, sia per produttività sia per qualità. Lo studio è stato presentato il 14 novembre in occasione del “National Research Policy Forum”, organizzato dalla Elsevier in collaborazione con il CNR. L’analisi effettuata da Elsevier in merito ai cosiddetti fenomeni di “brain circulation” in Italia, condotta nel periodo 1996 – 2011 sulla base dati Scopus, restituisce un’immagine più complessa dei flussi migratori dei ricercatori da e verso l’Italia. Questa analisi, dal titolo “Directing and Driving Research Excellence”, “insegue” i ricercatori nei loro spostamenti analizzando le affiliazioni che hanno utilizzato nel firmare i propri articoli scientifici. L’analisi individua diverse categorie di ricercatori: gli “stanziali”, che hanno pubblicato esclusivamente con istituzioni italiane; i “migratori”, che hanno lavorato e pubblicato all’estero per almeno due anni o che si sono definitivamente stabiliti fuori dai confini nazionali; i “visitatori”, ovvero coloro che hanno effettuato ricerca per meno di due anni in nazioni diverse da quella in cui hanno operato prevalentemente. Per ciascuna categoria sono misurati i seguenti indicatori: la produttività, in termini di numero di articoli per anno; l’anzianità professionale media, ovvero il numero di anni trascorso tra la prima e ultima pubblicazione; l’impatto scientifico, in termini di numero medio di citazioni ricevute dai propri articoli. Lo studio è stato condotto in entrambe le direzioni, ovvero sia per i ricercatori che hanno iniziato la loro carriera in Italia che per coloro che sono invece transitati o immigrati provenendo dall’estero.
Tra i risultati, emerge che il 58% dei ricercatori sono “stanziali”, in grande maggioranza di nazionalità italiana; il 5,1% sono emigrati definitivamente dall’Italia; il 4,3% sono immigrati stabilmente in Italia. Infine, il 32,6% sono ricercatori visitatori, cioè sia coloro che sono prevalentemente attivi in Italia e per meno di due anni hanno pubblicato con istituzioni internazionali, sia coloro che sono prevalentemente attivi all’estero e hanno pubblicato con istituzioni italiane per meno di due anni.
Gli “stanziali” presentano di gran lunga la più bassa produttività ed impatto scientifico. Anche l’anzianità professionale misurata è inferiore a quella di tutti gli altri gruppi. I “visitatori” hanno la produttività e l’impatto più alti in assoluto, mentre sono al secondo posto come anzianità professionale media. Gli “immigrati” presentano una produttività molto alta (la seconda in assoluto), un impatto scientifico analogo a quello degli “emigrati” ma l’anzianità professionale media più alta di tutti i gruppi. Considerando la differenza tra “importazione” e “esportazione” di cervelli, il saldo è negativo dello 0,8%. I paesi verso i quali i ricercatori prevalentemente si spostano, sono gli Usa, la Francia, la Svizzera e la Germania; i settori in cui maggiore è la fuoriuscita, sono la fisica, l’ingegneria, la biochimica, la biologia genetica e molecolare.
(Fonti: R. Giovannini, La Stampa 14-11-2012; uninews.it 14-11-2012)

 
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