Home 2012 10 Dicembre RICERCA. GENERAZIONE PERDUTA E FUGA DEI CERVELLI
RICERCA. GENERAZIONE PERDUTA E FUGA DEI CERVELLI PDF Stampa E-mail

Di questa generazione perduta fa parte, ad esempio, il cultore della materia al quale non si può dare più un contratto per le attività didattiche integrative che svolge: inizialmente, perché la riforma Gelmini escludeva coloro che non avessero già un reddito di almeno 40.000 euro (avete letto bene, quarantamila annui; nessun neolaureato li guadagna; e se li guadagnasse, non avrebbe certo bisogno di un contratto!), e ora, semplicemente, perché non ci sono i fondi. C'è, poi, il dottorando senza borsa - si tratta di circa un terzo dei dottorandi - che, per il suo lavoro di ricerca e di aiuto alla didattica, non solo non riceve un euro, ma deve pagare fino a duemila euro l'anno di tasse d'iscrizione; c'è il dottore di ricerca, che dopo aver investito tre anni e più nell'Università si trova drammaticamente senza sbocchi e per giunta, sostanzialmente, senza la possibilità di spendere altrove il titolo conseguito; e c'è chi, dopo il dottorato, ha continuato a lavorare nell'Università, magari ricevendo per qualche tempo una retribuzione precaria - assegni di ricerca, borse post dottorato - e ora, dopo lustri, dico lustri, di lavoro si vede disperatamente precluso un futuro lavorativo.
La conseguenza di tutto ciò è che un professore, ormai, quando si vede davanti un neolaureato promettente e con la passione per la ricerca, se ha un minimo di senso di responsabilità deve prospettargli realisticamente una graticola di un decennio - se va tutto bene! - vissuta precariamente e magari a proprie spese, e, quindi, deve consigliargli di cercare altrove il riconoscimento delle proprie capacità. Con il risultato contrario all'interesse dell'Università e della ricerca: quello della fuga dei cervelli.
(Fonte: A. Cavaliere, Il Manifesto 01-12-2012)