Home 2012 31 Dicembre VALUTARE E PUNIRE
VALUTARE E PUNIRE PDF Stampa E-mail

Autore: Valeria Pinto. Editore Cronopio, pp. 190, 2012.
Qui si mette in opera una critica della cultura della valutazione: dei suoi presupposti ideologici, della sua retorica e delle sue pratiche concrete. Interrogazione filosofica e analisi del presente concorrono a portare allo scoperto le tecnologie invisibili, la rivoluzione silenziosa che sta cambiando il significato della conoscenza nella "società della conoscenza". Parole familiari come qualità, eccellenza, merito, la stessa valutazione, assumono valori inediti, risemantizzano l'ethos della scienza in un nuovo governo delle condotte.
“Valutare e punire” rappresenta il primo studio italiano su una materia oscura, o esotica, fino a un anno fa in Italia: i processi di valutazione nell'ambito della formazione e dell'istruzione pubblica.
Questi processi sono invece in atto da almeno vent’anni dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti, dalla Germania all'Inghilterra, come del resto anche nel nostro paese. Valeria Pinto ne ricostruisce la genesi e coglie l'importanza. Libro ispirato dalle più recenti letture di Foucault condotte dai governmentality studies nell'ambito della pedagogia neoliberale, Valutare e punire è tutt'altro che il riflesso senile o un rifiuto della valutazione. È la difesa appassionata del ruolo della libertà di ricerca. Ed è la storia lunga di una politica. La retorica neoliberale sulla formazione guarda alla «legge» della domanda e dell'offerta come misura dell'apprendimento che governa la nostra vita, non solo quella dei ricercatori universitari. Il processo di governamentalizzazione dell'università è iniziato con la riforma Ruberti nel 1989 che istituì l'autonomia degli atenei. Questa «autonomia» diventò il faro dalla riforma del centro-sinistra, la Berlinguer-Zecchino del 2000, che impose la rimozione degli ostacoli burocratici per favorire «una maggiore funzionalità degli atenei» e promuoveva l'idea di monitorare e controllare «l'efficienza nell'autogovemo, l'efficacia dei processi e la qualità dei prodotti». Attraverso l'ANVUR, ad esempio. Nell'amministrazione dello Stato veniva così introdotto il new public management, cioè una logica di governo di stampo commerciale e aziendale che spostava le redini del comando da un controllo di natura statale a uno di natura privatistico-manageriale. Da allora la sanità, il mercato del lavoro, le risorse idriche, le politiche del territorio, la cittadinanza, e non solo gli studenti destinatari dell'«offerta formativa», sono stati trasformati in «utenti-clienti». Centrale in questa strategia è diventata la garanzia dell'accountability dei soggetti coinvolti, dagli studenti ai docenti, dai pazienti ai medici. I sostenitori della valutazione escludono che il concetto di accountability sia assimilabile a quello di «rendicontazione contabile» ma alla fine si devono arrendere. Rispetto alle sue velleità originarie, prevale il significato di «burocrazia imprenditoriale». La responsabilità sociale dell'istruzione è stata ormai consegnata all'idea di un servizio prestato contro compenso. Valeria Pinto analizza a fondo gli esiti di questo paradosso nato dalla teoria del management alla fine degli anni 80 e dimostra come l'istruzione sia diventata un campo di battaglia. Non solo perché, come dicono i neoliberisti, essa è fondamentale per lo sviluppo del «capitale umano», ma perché la conoscenza è diventata l'oggetto stesso del governo e viene valutata solo come cognizione, calcolo, expertise e tecniche: i saperi disinteressati, quelli che non rientrano immediatamente nella professionalizzazione, sono esclusi per definizione. Ciò che conta è l'istruzione tecnica e professionale, spendibile just-in-time sul mercato, amministrabile attraverso i «numeri tossici» della valutazione.
(Fonte: R. Ciccarelli, Il Manifesto 14-12-2012; ibs.it)