Home 2012 31 Dicembre VALUTAZIONE SOCIALE DEL RICERCATORE
VALUTAZIONE SOCIALE DEL RICERCATORE PDF Stampa E-mail
Credo che un sistema perfetto non esista in nessun Paese, ma ritengo anche che un tentativo serio di rilancio della ricerca dovrebbe partire da una riflessione sulla figura del ricercatore e sulle sue necessità per svolgere al meglio il suo ruolo. Credo che un “ricercatore”, nell’accezione corretta del termine, dovrebbe essere tale per vocazione ed essere definito come chi spinge in avanti la conoscenza nel suo settore, scoprendo nuove soluzioni, adottando approcci innovativi nell’analisi di tematiche già affrontate per giungere a conclusioni originali, aprendo nuove linee di ricerca magari anche interdisciplinari, ecc. … in altre parole, il “ricercatore” dovrebbe essere percepito come un “creatore di conoscenza”, naturalmente di una “conoscenza” che, in qualunque campo e dovunque venga prodotta (Università o Ente di ricerca), abbia effetti positivi sul progresso economico e sociale. Quando tre anni fa andai a Stoccolma per una Conferenza internazionale nel mio settore, rimasi impressionato notando come, sul treno “Arlanda Express” (dall’aeroporto alla città), vi erano depliants che, al visitatore estero, presentavano il Paese sottolineando tutti i traguardi raggiunti dai suoi ricercatori. Evidentemente, ciò sottolinea quanto sia elevata, da quelle parti, la valutazione sociale del ricercatore. La Svezia (nell’esempio che sto citando) è anche uno dei Paesi la cui situazione complessiva é molto migliore di quella italiana. Ora, se la figura del “ricercatore” fosse (correttamente) intesa in questo significato, sarebbe facile dedurne di quali condizioni di lavoro il ricercatore avrebbe bisogno: libertà accademica (per lavorare in autonomia applicandosi al meglio della propria creatività intellettuale-scientifica), stabilità (raccomandazioni UNESCO: la “tenure” come necessario complemento della libertà accademica) e naturalmente stipendi che riflettano l’importanza del suo ruolo … una concezione della figura del ricercatore, e delle sue necessarie condizioni di lavoro, distante anni luce dall’idea sottostante alle figure di ricercatore precario introdotte in Italia.
(Fonte: L. Cerioni, roars.it 16-12-2012)