Home 2013 11 febbraio 11 Febbraio VARIE. UNIVERSITÀ IN VIRTUOSA COMPETIZIONE
VARIE. UNIVERSITÀ IN VIRTUOSA COMPETIZIONE PDF Stampa E-mail

Questi ultimi anni di regolamentazione centralistica e uniformante non hanno fatto altro che esacerbare le differenze tra atenei, ed hanno ulteriormente aggravato la situazione mettendo in moto politiche perverse di umiliazione degli atenei migliori. Un esempio basti a rendere conto di questo modus operandi: la scelta di bloccare il turnover del personale, finalizzato a contenere la spesa pubblica (che andava crescendo fuori controllo) da parte di atenei poco attenti, ha, di fatto, penalizzato quegli atenei che, negli anni, avevano invece gestito in modo oculato le proprie risorse e che avrebbero potuto, mediante l'assunzione di nuovi giovani ricercatori o professori, migliorare la qualità delle proprie attività didattiche e di ricerca. Perché il ministero non ha applicato la regola del blocco del turnover solo ad alcuni atenei, e non ad altri? Perché il ministero vive nella paura di trattare in modo diverso le diverse università, in nome di una presunta (ma irragionevole e anti-meritoria) "parità di trattamento". Quale strada occorre dunque intraprendere per provare a cambiare la situazione, cercando di migliorare la qualità del nostro sistema universitario? II documento del CUN (Le emergenze del sistema) sembra suggerire che andrebbe favorito un nuovo aumento di risorse (pubbliche) per le università. L'evidenza empirica sembra suggerire, purtroppo, che quando nel passato si è perseguita questa via i risultati sperati non sono stati conseguiti: molte università hanno utilizzato le risorse in modo "allegro", e il ministero non ha fatto valere il suo ruolo di controllore. Peraltro, la situazione contingente delle finanze pubbliche sembra rendere la prospettiva di un aumento dei finanziamenti non solo incerta, ma improbabile.
Perché non tentare, invece, la via della differenziazione e della virtuosa competizione tra università? Si potrebbe rivoluzionare il modo con cui il ministero assegna le risorse alle università sperimentando un meccanismo di finanziamento degli atenei basato su due dimensioni:
1. con riferimento alla didattica, Si dovrebbe assegnare una "dote" a ciascuno studente universitario, da spendere presso un qualunque ateneo (statale o non statale); così, le risorse "seguirebbero" le scelte degli studenti, e gli atenei sarebbero costretti a migliorare la propria offerta didattica per attrarre gli studenti ("pesando" i finanziamenti sul numero di studenti regolari e laureati, si eviterebbero anche gli incentivi perversi al puro marketing attrattivo);
2. con riferimento alla ricerca, i finanziamenti pubblici dovrebbero essere proporzionali alla capacità di attrarre finanziamenti da soggetti esterni alle università (imprese, bandi competitivi di enti pubblici e privati, ecc.), prevedendo un peso diverso per le discipline scientifiche e umanistiche, in modo da non penalizzare queste ultime.
Con un sistema di finanziamento così congegnato, si metterebbero in competizione gli atenei, per incentivarli a un miglioramento qualitativo costante. Inoltre, si definirebbero in modo esplicito gli obiettivi dei diversi atenei: ciascuno di essi, infatti, sarebbe portato a specialinarsi su quelle discipline e su quelle tipologie di attività (lauree triennali o specialistiche, dottorati, ricerca di base o applicata) sulle quali ha migliori chance di ottenere vantaggi competitivi rispetto alle altre istituzioni.
(Fonte: T. Agasisti, sussidiario.net 05-02-2013)