Home 2013 11 febbraio 11 Febbraio VARIE. START UP. UNO STUDIO COMPARATIVO
VARIE. START UP. UNO STUDIO COMPARATIVO PDF Stampa E-mail

Mentre all'estero trainano la crescita, le giovani imprese innovative in Italia quasi non hanno cittadinanza e l’Italia resta fanalino di coda della new economy. A tracciare l'impietoso bilancio è uno studio realizzato per la Fondazione Lilly dall'Istituto per la Competitività (I-Com) presentato la settimana scorsa a Roma in occasione dell'edizione 2013 del premio Lilly sulla ricerca. Dai dati dello studio emerge con chiarezza che rispetto ai principali mercati internazionali, l’Italia è il Paese con la performance peggiore in termini di quote di aziende innovative: è ultima non solo in Europa, dopo Francia e Germania, ma si posiziona all'ultimo posto anche rispetto alle economie emergenti di Asia e Sud America come Corea del Sud, Cina e Cile. In particolare, le nuove imprese italiane impegnate in settori tecnologicamente avanzati e innovativi sono solo 4 tra le prime 150 quotate alla borsa di Milano (17 le americane, 16 le tedesche, 9 le cinesi) e generano un fatturato di poco superiore al miliardo di euro, contro i 325 degli Usa, i 28,5 della Cina, i 15,7 della Germania. Di pari passo, ovviamente, il gap occupazionale: le start up italiane di successo impiegano solo 3.500 persone, contro ad esempio i circa 500mila addetti negli USA. E anche ad accontentarsi di confronti meno eclatanti il risultato non premia: in Cile, ad esempio, le start-up innovative danno lavoro a circa 13mila persone. In sintesi: se fossimo come la Germania per presenza di imprese innovative, il fatturato sarebbe di 47 miliardi e gli occupati 158mila, ovvero se le start up in Italia avessero lo stesso peso sul mercato azionario che hanno negli Stati Uniti, esse genererebbero un fatturato di 108 miliardi e 367mila posti di lavoro. Indicativo anche il dato relativo alla percentuale di giovani imprese che tra il 2005 e il 2007 hanno registrato almeno un brevetto: siamo ultimi con appena il 4%, contro il 15% di Germania e Spagna, il 16% di Francia e Belgio, il 29% degli Usa e il 32 e 26%, rispettivamente, di Norvegia e Danimarca. Lo studio passa anche in rassegna le ricette per la sburocratizzazione e le politiche per l'innovazione adottate negli altri Paesi.
(Fonte: S. Tod., IlSole24Ore Sanità 04-02-2013)