Home 2013 11 febbraio 11 Febbraio VARIE. POLITICHE UNIVERSITARIE. L’AGENDA MONTI
VARIE. POLITICHE UNIVERSITARIE. L’AGENDA MONTI PDF Stampa E-mail

Si discute molto di Agenda Monti. Possiamo esemplificare considerando le politiche universitarie, cui, così si afferma, l’Agenda Monti riserverebbe ben poca attenzione. “Filtrano promesse di investimenti”, si sussurra sibillini. Ma è proprio vero che manchiamo di informazione sugli effettivi propositi di Monti in tema di università e ricerca? O ha ragione chi, come ROARS, trova l’Agenda “reticente”? “E’ prioritario accrescere gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione”, così il documento, “incentivando in particolare gli investimenti del settore privato, anche mediante agevolazioni fiscali e rafforzando il dialogo tra imprese e università”. Gli investimenti in istruzione, apprendiamo, sono mirati non solo ad aumentare il “capitale umano”, ma a migliorare la competenza autobiografica e la capacità di scelta delle persone. Una considerazione per più versi in linea con quanto affermato nel manifesto Il PD e l’Agenda Monti, cofirmato da Pietro Ichino, Enrico Morando, Marco Follini e da taluni considerato come fonte primaria dell’Agenda Monti stessa. Si tratta, leggiamo nel manifesto delle componenti liberal del PD, di tornare a “investire sulla formazione del capitale umano, sulla ricerca e sull’infrastrutturazione del paese, per introdurre maggiori elementi di equità intergenerazionale nel sistema del welfare”. Come che sia quanto alla paternità dell’Agenda Monti, non ci sono dubbi sul fatto che l’abbozzo di politica universitaria del costituendo Centro riprende fedelmente le linee-guida della riforma 240/2010, la stessa, ricordiamolo, che Monti accolse a suo tempo con estremo favore in un editoriale sul Corriere della Sera. Dunque: riduzione dei finanziamenti; consolidamento dei processi di valutazione individuale, dipartimentale e di ateneo; possibili accorpamenti di atenei minori o in soprannumero. Non è tutto. “Sbagliano le università quando [vedono] solo nella carenza di fondi la ragione di comparazioni sfavorevoli con il resto del mondo”. Sfugge forse ai tanti commentatori che Monti si esprime qui con grande chiarezza sul futuro dell’università e della ricerca. Le sue affermazioni sono passate sotto silenzio forse per l’eccessiva loquacità dei suoi ministri: meritano tuttavia di essere considerate. “Ci sono altre tare che hanno bloccato la qualità delle università italiane”, conclude Monti. “La quasi totale mancanza di concorrenza. Un sistema di governance lasciato nelle mani dei professori, con il rettore eletto dagli stessi professori. Massimo spazio alle tutele delle corporazioni e scarsa voce agli studenti e alle famiglie. Emerge inoltre, dalle parole di Monti, il proposito di ristabilire i compiti di servizio dell’istituzione, oggi preda di “corporazioni” e tale da disattendere alle esigenze formative e professionalizzanti di “studenti e famiglie”. Se il cittadino-consumatore torna a costituire riferimento di politiche volte a suscitare concorrenza anche nei settori dell’istruzione, ne consegue che la relazione tra università e territori verrà a costituirsi in termini di mercato, dunque di sostenibilità culturale e occupazionale. I mutamenti saranno profondi.
(Fonte: M. Dantini, roars 07-01-2013)