Home 2013 11 febbraio 11 Febbraio VARIE. UN PAESE CHE “CONSUMA” INNOVAZIONE MA CHE NON NE PRODUCE A SUFFICIENZA
VARIE. UN PAESE CHE “CONSUMA” INNOVAZIONE MA CHE NON NE PRODUCE A SUFFICIENZA PDF Stampa E-mail

Decenni di mancati interventi di politica industriale, unitamente all’abbandono dell’investimento pubblico in ricerca, hanno prodotto un’endemica fragilità del debito estero dell’Italia, l’esemplificazione più netta di un Paese che “consuma” innovazione ma che non ne produce a sufficienza da rendere sostenibile il suo status di economia industriale avanzata. La grande sfida che immediatamente deve essere lanciata in nome della “guerra” allo “spread” – e dunque in nome di prospettive di rilancio dell’economia e di sviluppo duraturo – non può dunque non partire che da un’attenzione per politiche di intervento pubblico significativamente focalizzate sul rilancio degli investimenti in ricerca e sulla rigenerazione del tessuto industriale in settori a più “alta intensità tecnologica”, con ciò intendendo una reale riedizione dei settori produttivi e non, come spesso erroneamente si argomenta, la messa in atto di correttivi finanziari volti a incentivare le spese in ricerca e sviluppo delle imprese. Le componenti scientifiche e tecnologiche del sistema italiano non sono, infatti, seconde per qualità a quelle degli altri maggiori paesi europei (Oecd, STI Outlook 2012), ma non rappresentano una massa critica adeguata a rendere competitivo il Paese, innalzandone il potenziale di sviluppo. Di tempo ne è stato perso già molto, ma – a maggior ragione - è questa la strada che deve essere intrapresa al più presto per non rischiare che il Paese registri ritardi ancor più significativi alla ripresa del ciclo internazionale e non sia in grado di cogliere tutte quelle opportunità che con i nuovi contesti tecnologici – quali ad esempio quelli prospettati dalle necessità della riconversione ambientale – si stanno prefigurando all’orizzonte.
(Fonte: D. Palma, roars 13-01-2013)