Home 2013 28 marzo EU. ESTERO FRANCIA. È GIUSTO CHE I DOCENTI UNIVERSITARI SIANO VALUTATI DAGLI STUDENTI?
FRANCIA. È GIUSTO CHE I DOCENTI UNIVERSITARI SIANO VALUTATI DAGLI STUDENTI? PDF Stampa E-mail

Se ne parla in Francia in questi giorni, dopo che in gennaio il parlamentare socialista Jean-Yves Le Déaut ha presentato un rapporto conoscitivo, propedeutico alla discussione della nuova Loi sur l’ensegneiment supérieur et la recherche proposta dal ministro Geneviève Fioraso. “Dappertutto nella società si viene valutati”, sottolinea il deputato francese, “e accettare che un corpo sociale sfugga a questo principio non è sano”.
Le dichiarazioni hanno ovviamente messo in allerta sia i sindacati dei professori che quelli degli studenti, che Oltralpe hanno un peso politico molto maggiore che in Italia: in gioco ci sono valori come la qualità, ma anche la libertà d’insegnamento. Del resto la valutazione è presente fin dal 1984 nella legislazione universitaria francese, in quasi trent’anni però questo principio è stato a dir poco trascurato, se non proprio osteggiato in primo luogo dal corpo docente. Oggi le procedure di valutazione sono diffuse soprattutto nella fascia alta del sistema universitario, in particolare nelle Grandes écoles (come le famose Normale o Ena) e in diversi istituti universitari tecnologici (Iut). Per quanto riguarda invece le altre università il quadro è striminzito e anche molto frammentario: alla Grenoble Ecole de management (Gem) ad esempio le valutazioni hanno luogo alla fine di ogni corso, alla Supélec (Ecole supérieure d’électricité) ogni otto settimane, mentre alla Sciences Po di Bordeaux ogni anno. Anche sui sistemi e i modelli di valutazione la confusione è pressoché completa.
Perché la valutazione è importante, e perché tanti docenti ancora vi si oppongono? Se sono in molti a paventare che con i “voti” sarebbero privilegiati gli insegnanti più superficiali o i “professori-guru”, pronti a fare di tutto per ingraziarsi gli studenti, dall’altra parte si sottolinea come una valutazione ben fatta non sia minaccia o una punizione, bensì uno strumento a disposizione anzitutto dei docenti per migliorare la qualità e l’efficacia dei corsi. “Se un piccolo numero di studenti critica un corso non vi prestiamo attenzione; se sono cinquanta, allora ci poniamo delle domande” ha dichiarato ad esempio a Le Monde Emmanuel Cuny, Professore di neurochirurgia e responsabile della valutazione presso l’università di Bordeaux II, uno degli istituti in prima linea in questo ambito. I questionari vengono raccolti, sintetizzati e inviati al docente, che in caso di problemi deve proporre delle soluzioni, o anche esaminare quelle che gli vengono fornite dal Centre de recherches applicquées en méthodes educatives (Crame), l’organismo interno che si occupa della valutazione. In nessun caso vengono messe in discussione la carriera e lo stipendio del docente.
(Fonte: D. Mont D’Arpizio, unipd.it/ilbo 27-02-2013)