Home 2013 28 marzo STUDENTI STUDENTI. LA SCELTA DELL’ATENEO
STUDENTI. LA SCELTA DELL’ATENEO PDF Stampa E-mail

Il primo fattore di crisi degli atenei è la genericità e uniformità della loro offerta. Troppi atenei sono uguali tra loro, non si distingue tra quelli che possono rimanere generici (offrono di tutto), quelli specialistici (per esempio i politecnici, i quali peraltro tendono ad allargare il proprio campo di azione), quelli sotto casa che offrono una formazione da super liceo, e quelli fatti per "vendere" semplicemente lauree. Tutti ugualmente finanziati dallo Stato a pioggia, all'italiana. Eppure sarebbe necessario distinguere, soprattutto quelli che producono ricerca, da chi fa soltanto didattica (e non è mica un male di per sé, basta che sia dichiarato). Se invece tutto è uguale che senso ha scegliere?
In un paese di furbetti, com’è l'Italia, la vera scelta nella formazione, quella cioè che si fa pensando all'investimento e non solo al costo, avviene in base a quanto è premiato il merito e al collegamento reale con il mondo del lavoro. In altri termini, se in un ateneo si iscrivono i talenti è perché c'è una reale preparazione e perché questo è inserito e collegato in un sistema produttivo-professionale che consente una scelta e un'entrata reale nel ciclo lavorativo.
C'è indubbiamente un problema di costi, data la crisi epocale in cui viviamo. Ma il punto è distinguere se le spese per frequentare l'università sono considerate spese di investimento per il futuro o no. Se lo sono e gli atenei concorrono a far sì che lo siano (considerando l'università non appena l'ennesimo ente pubblico il cui scopo sia innanzitutto assicurare posti di lavoro, ma un servizio da offrire) una famiglia è disposta, per il futuro dei figli, ad affrontare la spesa. Deve però essere convinta che ne valga la pena. Non si spiegherebbe diversamente il successo di alcuni atenei italiani e di altri no, o la scelta che riscontriamo tra alcuni nostri studenti, magari per la laurea specialistica, di andare in atenei esteri che costano molto di più di quelli italiani.
(Fonte: M. Carvelli, ilsussidiario.net 14-02-2013)