Home 2013 6 Maggio IN EVIDENZA LE NUOVE POLITICHE PER L’ISTRUZIONE
LE NUOVE POLITICHE PER L’ISTRUZIONE PDF Stampa E-mail
Le politiche formative messe in atto negli ultimi anni si sono basate su un radicale cambio di paradigma, che ha invertito il nesso di causalità che le aveva legittimate in passato: non è più l’istruzione a promuovere crescita, ma è la crescita economica a consentire di recuperare risorse per (eventualmente) finanziare il sistema formativo.  In questa prospettiva, il finanziamento dell’istruzione è un puro costo. L’inversione del nesso di causalità viene spesso motivato adducendo il fatto che la c.d. “bolla formativa” dei primi anni Duemila (l’aumento delle immatricolazioni, il proliferare di sedi universitarie e di corsi di studio) ha prodotto un esercito di individui altamente scolarizzati, ma disoccupati, sotto-occupati o emigrati. Verificato questo esito, ci viene detto, si è cambiato rotta, sottoponendo gli Atenei italiani a una drastica “cura dimagrante”. E’ un’interpretazione accettabile ma che non tiene conto delle cause strutturali che motivano le nuove politiche per l’istruzione. Le quali sono riconducibili sostanzialmente a due fattori. a. Alla decisione politica – assunta in sede europea – di rispondere alla crisi con politiche di austerità. Le politiche di austerità accrescono il tasso di disoccupazione e, accentuando il ‘nanismo imprenditoriale’, accrescono, in particolare, la disoccupazione intellettuale. b. Alla reazione delle imprese italiane finalizzata a recuperare i margini di profitto desiderati, mediante compressione dei costi, in una condizione nella quale esse possono tenere alta la produttività avvalendosi (in virtù della crescente precarizzazione del lavoro e della crescente disoccupazione) di minacce di licenziamento sempre più credibili ed efficaci. E competere riducendo i costi, in un assetto produttivo poco innovativo, significa preferire l’assunzione di individui poco scolarizzati, dal momento che i salari da loro percepiti sono normalmente più bassi di quelli che le imprese dovrebbero pagare a individui con più elevati livelli di istruzione. E’ uno scenario palesemente contraddittorio: l’obiettivo della riduzione del rapporto debito pubblico/PIL non solo non viene raggiunto attraverso l’attuazione di politiche di austerità, ma questo stesso obiettivo si allontana anche a ragione della crescita della disoccupazione intellettuale, a ragione della perdita di produttività che questa comporta.
(Fonte: G. Forges Davanzati, http://tinyurl.com/c5okq8w 05-04-2013)