Home 2013 2 settembre FINANZIAMENTI PREMIARE LE UNIVERSITÀ MIGLIORI
PREMIARE LE UNIVERSITÀ MIGLIORI PDF Stampa E-mail
Il problema è politico. La legge è ispirata dal principio “amerikano” di premiare le università migliori. Personalmente ritengo che l’introduzione di questo meccanismo sia non solo giusta, ma anche un passo indispensabile per la riforma del sistema. Nel lungo periodo, però, probabilmente determinerà una crescente divergenza fra università di élite ed università prevalentemente di insegnamento. Questa differenza è tipica del mondo anglosassone, dove la ricerca si concentra nelle università migliori (quelle in testa a tutte le classifiche mondiali) ed i docenti dei colleges e delle università minori insegnano e basta (salvo, se vogliono e sono bravi, cambiare università). È quindi possibile che una valutazione simile negli Stati Uniti dia una distribuzione della qualità della ricerca non dissimile da quella citata per economia. Invece in Italia formalmente le università sono tutte eguali e, fino a due anni fa, ricevevano fondi in proporzione al numero di studenti. La mia impressione è che i docenti universitari, come quasi tutti gli italiani, siano contrari al cambiamento. Probabilmente la maggioranza si trova bene nel sistema esistente, salvo auspicare un aumento generalizzato dei fondi e quindi preferirebbe che la VQR non fosse utilizzata. Alcuni obiettano al principio stesso della valutazione come attentato alla libera ricerca. I più estremi la dipingono come un bieco complotto (ameriKano) ai danni della università pubblica, libera e gratuita. Alcuni suggeriscono una critica più sofisticata, che rovescia il principio della legge Gelmini. Si sostiene che sarebbe opportuno finanziare di più le università peggiori, specie quelle delle regioni più povere, che sono meno in grado di attingere a risorse esterne (per es. finanziamenti da banche o contratti di ricerca industriale). In effetti, le università migliori secondo la VQR si concentrano al Nord. Quindi i fondi aggiuntivi affluirebbero prevalentemente al Nord e nel lungo periodo l’eventuale divaricazione fra università di ricerca ed altre assumerebbe una dimensione geografica. È perciò possibile che l'opposizione all'attuazione dell'articolo 5 della riforma, trovi appoggi politici. D’altra parte, anche le università virtuose potrebbero cercare sponde politiche per veder riconosciuti i propri diritti. Il ministro avrà il coraggio di applicare la legge – cioè di distribuire una percentuale significativa dell’FFO sulla base dei  risultati della VQR?  Se non lo facesse, sarebbe un’occasione sprecata.
(Fonte: G. Federico, NFA 24-07-2013)