Home 2013 2 settembre EU. ESTERO EU. RAPPORTO DEL GRUPPO PER LA «MODERNIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE»
EU. RAPPORTO DEL GRUPPO PER LA «MODERNIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE» PDF Stampa E-mail

Il Rapporto del gruppo per la «Modernizzazione dell’Istruzione Superiore» (Improving the quality of teaching and learning in Europe’s higher education institutions, http://ec.europa.eu/education/higher-education/doc/modernisation_en.pdf) stabilito dalla Commissione europea è stato presentato il 18 giugno a Bruxelles.
Non ci vuol molto a capire che la maniera più a buon mercato per aumentare il numero dei laureati consiste nell’abbassare il livello dell’Università. Questa è sovente anche la critica che viene rivolta alla riforma del sistema universitario italiano (il celebre 3+2): esso ha sì aumentato il numero di laureati, ma solo perché fregia del titolo di «dottore» coloro che prima abbandonavano gli studi dopo qualche anno, non perché sia capace di condurli efficacemente all’obiettivo di una laurea (magistrale). È dunque un’ottima sorpresa vedere che il Rapporto affronta esplicitamente il problema e capovolge i termini: l’unica maniera corretta di estendere l’istruzione superiore e aumentare il numero dei laureati consiste nell’alzare il livello dell’Università, cioè nel renderla più funzionante, più accogliente, con un insegnamento più qualificato e attento e per questo anche più attraente. Quest’ultimo è in effetti il punto centrale affrontato dal gruppo per la «Modernizzazione dell’Istruzione Superiore»: pur essendo ricerca e insegnamento entrambe attività centrali dell’Università, il baricentro appare ora spostato sul primo elemento. Pur senza affrontare esplicitamente il problema, gli estensori del Rapporto non paiono avere del resto alcuna simpatia per la distinzione tra «Università di insegnamento» e «Università di ricerca». Secondo le raccomandazioni finali del Rapporto, il reclutamento e la progressione di carriera dei docenti universitari devono tener conto della valutazione della qualità dell’insegnamento (raccomandazione 5). Fino a poco tempo fa nel sistema accademico italiano una valutazione delle capacità didattiche avveniva un’unica volta in tutta la propria carriera: cioè nel concorso per professori associati, dove uno dei tre elementi di giudizio (accanto ai titoli scientifici e alla loro discussione) consisteva appunto nella presentazione davanti alla commissione di una lezione accademica di 45 minuti. Ora anche quest’unica occasione è stata di fatto soppressa. Il passo preliminare dell’abilitazione nazionale elaborato dall’ANVUR peggiora la cosa, perché da esso è escluso intenzionalmente qualsiasi riferimento all’attività didattica e alla sua qualità e la valutazione riguarda solo la produzione scientifica.
Non è sufficiente preoccuparsi della qualità dell’insegnamento universitario senza contestualmente discutere la questione del livello di uscita dalla scuola secondaria superiore e delle condizioni di ingresso all’Università. La raccomandazione 4 chiede che entro il 2020 tutti i docenti universitari (a somiglianza di ciò che grosso modo avviene per gli insegnanti di scuola) abbiano una formazione pedagogica certificata, e che essa sia seguita da continui corsi di aggiornamento. Il motivo di ciò, formulato dagli estensori con realismo e ironia, è che «non esiste nessuna legge della natura umana che decreta che un buon ricercatore sia automaticamente un buon insegnante». Giustissimo. Ma ci pare un po’ dubbio che l’insegnamento nell’Università migliori riportando sui banchi di scuola migliaia di professori universitari per ascoltare le lezioni dei loro pur validissimi colleghi pedagogisti (di chi sennò?). Forse timidamente bisognerebbe anche aggiungere che alcune parole d’ordine di certa pedagogia contemporanea (non tutta), che qua e là purtroppo occhieggiano anche nel Rapporto, sono un concentrato di vuotezza e di presunzione nei confronti di una tradizione educativa millenaria che non ha certo dato cattiva prova di sé. I grandi problemi dell’insegnamento universitario hanno, ci pare, soluzioni molto più verosimili ed efficaci: valorizzare il tempo dedicato agli studenti, non permettere che esso sia cancellato dalla ricerca né divorato dalla burocrazia, adempiere con serietà i propri doveri.
(Fonte: G. Salmeri, Roars 08-08-2013)