Home 2013 2 dicembre IN EVIDENZA QUOTE “PREMIALI” DEL FFO. POCO SPAZIO PER PREMIARE IL MERITO
QUOTE “PREMIALI” DEL FFO. POCO SPAZIO PER PREMIARE IL MERITO PDF Stampa E-mail

Se si esamina il decreto ministeriale n. 700 dell'8 agosto scorso, che stabilisce in che modo attribuire la cosiddetta «quota premiale» del FFO del 2013, troviamo una «clausola di salvaguardia» secondo la quale non può determinarsi, per nessun ateneo, una riduzione del FFO complessivo in misura superiore al 5 per cento del valore dell'anno precedente. Questo però vuol dire che l'aumento della quota premiale del FFO indicato nella legge 98/2013 (il «decreto del fare»), dal 13,5 per cento quest'anno fino al 30 per cento nel 2021, appartiene più alla categoria della vuota retorica che a quella delle intenzioni serie: se supponiamo (in modo forse ottimistico) che il FFO complessivo resti costante, la clausola di salvaguardia implica che non ne sarà mai disponibile, a fini premiali, più del 5 per cento. In secondo luogo, un premio dovrebbe migliorare la situazione di chi è premiato. Eppure il D.M. 700 recita: «A ciascun ateneo non potrà comunque essere disposta un'assegnazione del FFO superiore a quella dell'anno 2012». Nel migliore dei casi, l'ateneo premiato riceve le stesse risorse dell'anno precedente (non è chiaro se questa disposizione si applichi anche per gli anni a venire).
In sostanza, limitando la penalizzazione dei peggiori e mettendo un tetto al premio dei migliori, di spazio per premiare il merito ne resta ben poco: è un po' come se i giudici di una gara distribuissero soltanto medaglie di bronzo, una per ogni partecipante. In terzo luogo, se la ricerca e l'istruzione superiore sono, come tutti sostengono, vitali per la crescita del Paese, ci si aspetterebbe che su di esse si investa, indirizzando le risorse sui migliori. Invece il FFO complessivo si sta progressivamente riducendo. In particolare, nel 2013 ha subito un taglio del 4,7 per cento. Se quindi non si può scendere (per nessuno) più del 5 per cento, e ciascuno è già stato tagliato del 4,7 per cento, resta solo uno 0,3 per cento di possibile margine per trasferire risorse dai peggiori ai migliori, meno di 20 milioni per l'intera università italiana. È un margine esiguo. L'Italia è un Paese che non ha l'abitudine di premiare il merito. Cominciare a farlo è indispensabile. Ma bisogna farlo sul serio, altrimenti si alimenta lo scetticismo di chi dice che è impossibile, e si offre buon gioco a chi vi si oppone perché sa che ne sarebbe penalizzato. Aboliamo le clausole di salvaguardia e i tetti; smettiamo di tagliare sull'università; e comunque, fino a che non l'avremo fatto, sfruttiamo al massimo lo spazio di differenziazione, concentrando le «risorse premiali» sui migliori, per esempio i primi due atenei in ciascuna delle tre classi dimensionali considerate dall'ANVUR.
(Fonte: D. Terlizzese, IlSole24Ore 29-11-2013)