Home 2013 2 dicembre RECLUTAMENTO RECLUTAMENTO. CHI DEVE GIUDICARE LA CONGRUITÀ DEI CONCORSI
RECLUTAMENTO. CHI DEVE GIUDICARE LA CONGRUITÀ DEI CONCORSI PDF Stampa E-mail

Il punto che viene in mente è: se ci sono stati pasticci nelle università, giudicano i magistrati. Se poi ci sono stati pasticci al Tar, chi giudica? Ancora magistrati. Non quadra, non quaglia. Che i magistrati abbiano un supremo organo di giudizio - il Csm - pare un'ovvietà nella visione moderna della divisione dei poteri. Certo chi, se non un uomo di legge, può verificare se la legge è stata applicata? Chi ne sa di più, di legge, dei giuristi? È dunque più che legittimo che la magistratura nel suo complesso si doti di un organo supremo di autogoverno, o autocontrollo. Fin qui torna. Ma poi viene un altro problema. Chi ne sa di più di filologia romanza se non un accademico di filologia romanza? Giudicare nel merito della cultura, in questo periodo di furore demoniaco per la valutazione, pone un problema del tutto analogo a quello dei magistrati. Posso supporre di far giudicare la congruità di una valutazione «scientifica», o «culturale» da chi ricopre una posizione di grado più elevato entro lo stesso ambito. Ma quando si arriva al livello dell'università come si fa? In teoria, almeno, dovremmo essere al livello massimo della competenza. Allora, volendo banalmente percorrere un'analogia, anche l'accademia dovrebbe avere un suo organo supremo di autogoverno, in grado di censurare eventuali comportamenti scorretti. Ma non sarebbe logico che in analogia al Csm anche per il mondo accademico fosse un organo trasparente ed elettivo come il CUN a giudicare della congruità dei concorsi?
(Fonte: M. Matteuzzi, Il Manifesto 29-11-2013)