MERITO E RICERCA PDF Stampa E-mail

Se l’Italia vuole reggere alla competizione mondiale, deve avere il coraggio di mettere in discussione tutto l’esistente sistema universitario italiano: le funzioni degli atenei (non tutti devono essere atenei di ricerca), la loro articolazione nel territorio (troppe sedi decentrate) e persino il numero (qualche buona chiusura o fusione, per risparmiare spese e aumentare la qualità). Il discorso del merito fu ripreso nel 2007, quando il secondo governo Prodi firmò il “patto con l’università” elaborato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica: il governo si impegnava a un finanziamento pluriennale aggiuntivo ma gli atenei si impegnavano ad accettarne una distribuzione meritocratica. Il successivo governo mantenne il patto per alcuni anni. Ma poi i feroci tagli al finanziamento ordinario riportarono alla logica della sopravvivenza, rinviandola a tempi migliori la prosecuzione della strada virtuosa. Nel frattempo l’Italia riuscì ad attrezzarsi per introdurre la cultura e gli strumenti della valutazione. E ora conta su una qualificata agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca, l’ANVUR, che ha da poco concluso un imponente sforzo di analisi sui risultati della ricerca e sulla politica di reclutamento degli atenei nel periodo 2004-2010. E adesso? Il fatto stesso che si debba lottare per avere un sia pur modestissimo riconoscimento del merito la dice lunga sull'immaturità della politica italiana sul fronte della ricerca.
(Fonte: G. Muraro, IlBo 26-11-2013)