FUORI CORSO. INDAGINE NELLE FACOLTÀ DI ECONOMIA DOPO LA RIFORMA 3+2 |
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In un recente articolo (Rivista di Politica Economica, n. 3, 2013) abbiamo condotto un’indagine sui tempi effettivi di laurea nei corsi di laurea triennali delle facoltà di economia attivati nell’anno accademico 2001-2002. L’anno di riferimento dell’indagine è il 2007-2008, anno che consente una significativa considerazione di un massimo di quattro anni teorici di studio fuori corso. I risultati dell’indagine non sono confortanti. Nell’insieme dei corsi, la quota di laureati fuori corso sul totale dei laureati è pari al 59.2% e il numero medio di anni fuori corso è pari a due anni. Rilevanti sono le differenze di genere e, soprattutto, le differenze territoriali. La quota di laureate fuori corso è 56.5%, quella dei laureati 62.2%. La quota aumenta fortemente da Nord a Sud: è pari al 44.6% nell’insieme dei corsi dell’area settentrionale, al 65.3% nell’area centrale e al 78.2% nell’area meridionale. Per quanto riguarda i tempi effettivi di laurea, la differenza è meno accentuata rispetto a quella delle quote di laureati fuori corso, ma comunque rilevante: in media lo studente fuori corso si laurea al Nord con un anno e 10 mesi circa di ritardo, al Centro con due anni, al Sud con 2 anni e tre mesi circa. Concludendo, dai limitati dati disponibili il problema dei fuori corso sembra molto aperto anche dopo la riforma 3+2. Interventi, su una molteplicità di piani, diretti a ridurre l’eterogeneità e ad accrescere l’efficienza generale del sistema universitario sarebbero oltremodo opportuni. (Fonte: P. Potestio e C. Conigliani, Roars 25-12-2013)
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