Home 2014 14 marzo ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE ASN. RISULTATI E BILANCI DELLA PRIMA TORNATA
ASN. RISULTATI E BILANCI DELLA PRIMA TORNATA PDF Stampa E-mail

La tornata del 2012 costituisce l’esordio Abilitazione Scientifica Nazionale. Hanno partecipato in migliaia sia ai concorsi di prima fascia (professore ordinario) sia a quelli di seconda fascia (professori associati). Con quali risultati? La risposta a questa domanda non è né unica né semplice. L’unico dato oggettivo è che le commissioni dei 96 settori su 184 che al 29 gennaio avevano consegnato i risultati della selezione hanno abilitato circa il 43% dei candidati, sia nella prima fascia sia nella seconda fascia. Per il resto, i giudizi tra i commissari, i candidati e gli osservatori esterni sono i più vari. Alcuni addirittura divergenti. Non aiuta la mancanza, a tutt’oggi, di dati aggregati e di quadri riassuntivi ufficiali. Possiamo distinguere, tuttavia, due categorie di giudizio. Una di tipo essenzialistico: sulla bontà in sé dell’ASN. L’altra di tipo procedurale: sul modo con cui è avvenuta la selezione. Iniziamo dalla prima categoria. C’è chi rimarca che per la prima volta in Italia la valutazione dei candidati alla docenza universitaria, che nel passato ha visto innumerevoli soprusi da parte delle commissioni giudicatrici, sia stata molto facilitata e resa più obiettiva dall’utilizzazione di indici che hanno permesso prima di tutto di avere commissari validi scientificamente e quindi scelte in genere non scandalose come nel passato. C’è chi sostiene la teoria del deciso passo in avanti rispetto al passato: «In sintesi i concorsi sarebbero comunque da abolire, ma l’Abilitazione Scientifica Nazionale costituisce un grande passo avanti in termini di oggettività dei giudizi. Io e tanti altri colleghi esprimiamo soddisfazione e abbiamo la sensazione che complessivamente questo metodo sia molto, molto meglio di quelli precedenti». C’è chi sostanzialmente concorda: malgrado i suoi limiti, è comunque meglio averla che non averla l’ASN. Ma occorre riconoscere che l’abilitazione ha limiti strutturali. Il maggiore consiste nell’enorme differenza – addirittura un ordine di grandezza – tra chi è abilitato e chi troverà davvero un posto nell’organico delle università. Questa discrepanza, rimarca un senatore che da sempre segue i settori dell’università e della ricerca, è destinato a creare un’instabilità strutturale: da un lato circa 40.000 docenti universitari, tra ordinari e associati, che hanno un titolo e un posto a esso adeguato e dall’altro 40.000 abilitati che avranno un titolo ma non un posto congruo. Un altra notazione viene dalla FlcCgil: se gli abilitati sono stati finora, in media, il 43%, significa che il 57% dei candidati non aveva (si è ritenuto non avesse) i requisiti minimi per insegnare (meglio dire per fare ricerca. PSM) nelle università. E questo costituirebbe un doppio paradosso. Perché la gran parte di questi candidati non abilitati oggi già insegna e fa ricerca nelle università. (Ma, com’è noto, ciò non significa che sia un buon didatta e/o un buon ricercatore. PSM)
(Fonte: scienzainrete.it 31-01-2014)