Home 2014 14 marzo CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI CLASSIFICA DEI 400 SCIENZIATI PIÙ INFLUENTI DEL MONDO. OTTO SONO ITALIANI
CLASSIFICA DEI 400 SCIENZIATI PIÙ INFLUENTI DEL MONDO. OTTO SONO ITALIANI PDF Stampa E-mail

I loro nomi sono tra i più citati nelle pubblicazioni scientifiche in campo biomedico. Compaiono nella speciale classifica dei 400 scienziati più influenti del mondo: Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Umanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano, e Vincenzo Di Marzo, direttore di Ricerca presso l’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli. Sono, insieme con altri sei colleghi, i soli italiani menzionati all’interno di una vasta platea di più di 15 milioni di ricercatori in uno studio di un team di scienziati americani del Research Center della Stanford University School of Medicine. Ma su quali criteri di valutazione si basano queste classifiche? Quali i limiti e le eventuali distorsioni? Lo abbiamo chiesto ai due studiosi citati sopra. Nello studio americano sono solo otto gli scienziati italiani menzionati, di cui due lavorano all’estero. Perché così pochi? Quali le principali criticità del nostro Paese?
Di Marzo – Si possono riassumere in due parole: burocrazia e scarso interesse politico per la ricerca scientifica. La prima rallenta tutte le nostre attività. Anche chi ha la fortuna/bravura di procurarsi fondi esterni può incontrare difficoltà a spenderli. Per ogni cosa bisogna riempire risme di carta e fare mille richieste. Lo scarso interesse dei governi italiani per la ricerca è atavico. Risulta non solo in un ormai quasi inesistente finanziamento alle nostre attività di ricerca, con conseguente ridotta possibilità di sviluppare, brevettare e sfruttare commercialmente nuove idee. Ma anche in una mediocre conoscenza generale, a partire dalla scuola superiore, degli argomenti scientifici da parte dell’opinione pubblica. Alla quale poi è più facile far credere, come accade puntualmente, in cure miracolose e di scarso contenuto scientifico. O che si possa fare ricerca medica senza alcuna sperimentazione sugli animali.
Mantovani – Le criticità purtroppo non sono poche. Innanzitutto il nostro Paese investe poco e male in ricerca scientifica: meno della metà dei nostri competitors in rapporto al Pil (1% contro oltre il 2%). Inoltre, il nostro sistema di ricerca soffre di scarsa meritocrazia, poca flessibilità, insufficiente trasferimento tecnologico. La produzione scientifica italiana – se normalizzata per l’investimento in ricerca o per il numero dei ricercatori – è molto buona (pari al 3% del totale mondiale, secondo dati Ocse e dati inglesi recenti), ma è sostenuta da una parte dei ricercatori con una quota importante totalmente improduttiva. In una partita Italia-Germania, noi rappresentiamo il 75% come output di ricerca ma solo il 19% come brevetti.
(Fonte: D. Patitucci, FQ 16-02-2014)