Home 2014 14 marzo RECLUTAMENTO ASSUNZIONI 2014-2018. ERC e PNR
ASSUNZIONI 2014-2018. ERC e PNR PDF Stampa E-mail

La causa del livellamento verso il basso delle politiche delle assunzioni è individuata principalmente nelle misure di limitazione al turnover degli atenei. Introdotte nel 2008 dal ministro Tremonti sono state accompagnate da una riduzione dei fondi alle università di 455 milioni di euro in 5 anni. Le regole sono state poi emendate più e più volte, ritoccate in un continuo gioco al ribasso, senza garantire alcuna stabilità al sistema: prima modificando le norme sul reclutamento dei docenti (per opera della Gelmini), poi introducendo nuovi e ancor più stringenti vincoli di bilancio per gli atenei. Come nel caso del ministro Profumo, che ha inoltre spostato sul piano nazionale i limiti di assunzione. E lungo la stessa rotta si è mosso anche il governo Letta, posticipando al 2018 il momento in cui sarà possibile tornare al rapporto 1:1 tra chi va in pensione e chi è assunto. Insomma, la navigazione a vista dell’università continua. Il diario di bordo registra la drastica riduzione degli ordinari (ad esemio a Padova passati da 760 a 516 negli ultimi sette anni) e le ridotte prospettive di nuove assunzioni per i ricercatori di tipo b. Quelli che all’inglese sono chiamati tenure-track e per i quali gli atenei stanziano già i fondi per il passaggio ad associati, qualora ottengano un’abilitazione nazionale durante il loro contratto. Diverso è il caso dei ricercatori già in servizio. Molti di loro affidano agli esiti delle abilitazioni nazionali – attesi da più di un anno – le loro aspettative di avanzamento di carriera e proprio questo legittima la previsione di una prossima esplosione del numero degli associati. Infatti, per chi, già idoneo in sede locale, conseguirà l’abilitazione scientifica nazionale esiste un piano straordinario che, solo a Padova, conta 300 posti in due anni. Altre idee si fanno invece strada per assegnisti e precari della ricerca. È il caso, ad esempio, delle 18 proposte per una nuova università formulate dalla CRUI: un “piano quinquennale per i giovani ricercatori che preveda l’ingresso di 2.000 persone ogni anno”. Il Piano giovani talenti, cofinanziato dalle stesse università e da fondi esterni, assegnerebbe un posto di ricercatore a tempo determinato ai migliori dottori di ricerca stabiliti da un concorso nazionale.

Tabella 1. Proiezioni per la docenza 2014-2018. Elaborazione: Paolo Rossi.



Tra il 2016 e il 2018 (Tabella 1), spiega il fisico Paolo Rossi, si prevedono in Italia 6.000 pensionamenti. “Le proiezioni nazionali parlano di un possibile cambio di ruolo per 6.500 ricercatori, promossi ad associati, mentre 1.800 associati dovrebbero diventare ordinari. Tutti passaggi interni al sistema, visto che i nuovi ingressi di ricercatori con tenure-track sarebbero solo 1.800”. Tradotto: l’intero sistema universitario si troverebbe con un saldo negativo di 4.200 persone. Un peccato, a giudicare dal successo di molti ricercatori italiani. Su 312 finanziamenti dell’European Research Council (ERC) ben 46 vanno a italiani, un gradino sotto i tedeschi che guidano la classifica con 48 (Tabella 2). Cifre che hanno il sapore di un’occasione perduta, se si pensa che la maggior parte di questi lavora per un’istituzione estera. Con la spesa in ricerca e sviluppo ferma all’1,3% del Pil in Italia, meno della metà della Germania, dal Consiglio dei Ministri arriva intanto il segnale di una possibile inversione di tendenza: il PNR (Piano nazionale della ricerca) 2014-2020 annuncia infatti 6,3 miliardi di euro di finanziamento spalmati su sette anni. Che sia la volta buona?
(Fonte: C. Calore,
www.unipd.it/ilbo 03-02-2014)

Tabella 2. Consolidator Grant 2013: ricercatori finanziati per nazionalità e luogo di lavoro. Fonte: European Research Council.