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L’UNIVERSITÀ NEI CONFRONTI INTEREUROPEI. SECONDA PARTE. I LAUREATI PDF Stampa E-mail

Istruzione terziaria. Tempi ed età media per conseguire il titolo
Il nuovo ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca Giannini ha di recente rilevato il basso numero di laureati in Italia e l'elevato tasso d’abbandono fra primo e secondo anno della laurea triennale. Infatti, citando la Relazione ANVUR 20131, il ministro ha ribadito che non solo il numero dei laureati è molto basso, dato che a fronte di una media UE intorno al 25%, l’Italia ha solo il 13,8% di laureati nella popolazione in età compresa tra i 25 e i 64 anni, ma per di più l'Italia si posiziona al terzultimo posto tra i Paesi considerati.
In particolare, controllando nel 2012-2013 gli immatricolati nei corsi triennali dell’anno 2003-2004, nove anni dopo l’immatricolazione e dopo un periodo che equivale al triplo della durata legale dei corsi di laurea, solo il 55,1 per cento degli studenti ha raggiunto la fine del percorso di laurea (Tabella 1). Nel frattempo il 38,3 per cento ha abbandonato gli studi e il 6,58 per cento è ancora iscritto. Su 300mila immatricolati in 115mila hanno abbandonato l’università.

 

Tabella 1 - Esito ad inizio a.a. 2012-13 per coorte di immatricolati. Corsi di primo livello triennali. Valori percentuali. Fonte: D. Checchi, lavoce.info 18-03-2014.


Il punto critico è che, stando alla media, i giovani italiani impiegano quasi 5 anni per raggiungere la laurea di primo livello. Questa è ritenuta la conseguenza della riforma del 3+2 varata nel 1999 che ha ridotto la durata dei precedenti corsi quinquennali, con 25-30 materie, in percorsi triennali. Ciò nonostante il numero delle materie non è variato di molto e, spesso, si conservano le stesse difficoltà e gli stessi programmi, modificati poco rispetto a quelli di prima della riforma.
Quando si osserva una figura analoga per il segmento laurea magistrale, i tassi di abbandono si riducono al 20 per cento, ma ovviamente si cumulano ai precedenti. A partire dai dati sull’anagrafe studenti, Checchi2ricostruisce una “contabilità degli abbandoni” di questo tipo: dati 100 studenti che s’iscrivono in un corso di laurea triennale, solo 55 conseguono il titolo. Di questi si iscrive alla magistrale nel 2012 solo il 47,4 per cento, ovvero 26 studenti. Anche in questo caso conosciamo i tassi di successo finale a un massimo di otto anni, che è pari al 57,2 per cento. Arriviamo così a quattordici laureati magistrali per cento iscritti a un corso di laurea triennale.
Nel confronto con le altre università europee appare assai evidente che in tutti gli altri Paesi gli studenti riescono a concludere il loro percorso universitario prima degli studenti italiani.
Che la situazione italiana sia particolarmente seria lo dimostra il cosiddetto “tasso di completamento dell’istruzione universitaria”, che è calcolato pari al 45,3 per cento, contro il 79,4 del Regno Unito, il 72 per cento della Finlandia e il 64 per cento della Francia. Soltanto la Turchia si trova al di sotto dell’Italia.
Nel 2012, nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni, solo il 16,1% degli italiani aveva una laurea o un‘istruzione di livello superiore, terziario. La media dell'Europa dei 27 era il 28,8%. La Francia era al 33,4%, la Germania al 28%, il Regno Unito al 39,3%.

 

Tabella 2 - Età media di conseguimento di un titolo d'istruzione terziaria di primo ciclo in Paesi OCSE. Fonte: OCSE (OECD) 2013.

Gli ultimi dati Eurostat3, aggiornati sul numero di laureati nelle nazioni dell’Unione Europea, sono utili per fare il punto sull’evoluzione del numero di laureati nell’ultimo decennio, e in particolare sulla percentuale di laureati nel segmento di età 30-34 anni lungo il periodo che abbraccia il decennio 2004-2013. Ebbene, nel 2004 l’Italia era quartultima (seguita da Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania), ma nel corso dell’ultimo decennio siamo stati superati anche da queste tre nazioni e nel 2013 ci siamo collocati soltanto all’ultimo posto in Europa.
Per quanto riguarda le prospettive nell’immediato futuro, sulla pagina Europe 20204 della Commissione Europea è disponibile un documento che riporta gli obiettivi per il 2020 di ogni singola nazione. Nel suo complesso, l’UE punta a raggiungere almeno il 40% di laureati (In the area of tertiary education, the Europe 2020 Strategy set the headline target that at least 40% of 30-34 year olds should have a tertiary or equivalent qualification by 2020). Ma si deve notare che gli obiettivi delle 28 nazioni dell’UE sono differenziati tra loro: otto nazioni hanno un obiettivo (target) superiore al 40%.
L'indagine ISTAT Noi Italia 20145 su istruzione e formazione - specie al più alto livello - conferma che solo il 21,7% dei giovani 30/34enni ha conseguito un titolo universitario (o equivalente), cosicché - nonostante l'incremento di 6 punti percentuali, mediamente registrato nel periodo 2004/2012 - è ancora lontano l'obiettivo del 40%, fissato da Europa 2020. Si stanno avicinando di più all'obiettivo Emilia-Romagna (28,6%), Liguria (27,5%), Trento (26,5%) e Lazio (25%), mentre sono in ritardo Sardegna (15,6%), Sicilia e Campania (entrambe 16,6%).
Nel 2011 il totale dei laureati in discipline scientifiche e tecnologiche era rappresentato mediamente solo da 12,9 laureati ogni 1.000 residenti in età 20/29 anni, con valori più alti in Emilia Romagna (19,6), Lazio (18,2) e Friuli Venezia Giulia (15,3).
L’Italia non solo è tra le dieci nazioni il cui obiettivo è inferiore al 40%, ma presenta quello più basso dell’intera UE: 26-27%, partendo dal 21,7% del 2012. Ne risulta un obiettivo assai meno ambizioso di quello di altre nazioni come Malta, Croazia e Slovacchia, il cui dato di partenza supera di poco quello italiano.
In definitiva pare che l’Italia, che già parte in ultima posizione, da qui al 2020 si prepari ad aumentare le distanze nei confronti di chi già la precede. Se gli obiettivi dovessero essere mantenuti, mette in evidenza De Nicolao, continueremo ad inseguire la Romania, il cui obiettivo, per quanto modesto, è pur sempre superiore a quello italiano, mentre si consoliderà un netto distacco da tutto il resto dell’UE.
Si potrebbe ipotizzare che, se la Turchia entrerà nell’Unione Europea, toccherà a lei il posto in coda ai Paesi dell’UE. Per verificarlo, De Nicolao6 ha approfittato del fatto che il database Eurostat fornisce anche i dati di alcune nazioni non appartenenti all’UE, tra cui la Turchia. Ed ecco il confronto, che prevede un esito non favorevole per l'Italia. Infatti, negli ultimi anni, la Turchia ha quasi annullato il distacco nei confronti dell’Italia. Se la sua percentuale di laureati nella fascia 30-34 continuasse a crescere con la stessa velocità, è destinata a raggiungere il 30% nel 2020, una percentuale superiore a quel 26-27% che costituisce l'obiettivo dell’Italia.
In conclusione, riassumendo, che cosa dicono le recenti statistiche Eurostat per l’Unione Europea a 28 nazioni? Come percentuale di laureati nel segmento di età 30-34 anni, nel 2004 l’Italia era quartultima (seguita da Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania). Oggi, dopo un decennio, occupiamo l’ultimo posto in Europa. Nella pagina Europe 2020 della Commissione Europea è anche possibile confrontare gli obiettivi per il 2020 di ogni nazione: quello dell’Italia è mantenere l’ultima posizione e aggravare il distacco, dato che il suo obiettivo (26-27% di laureati) è il più modesto di tutta l’UE. Non avanzeremmo dall’ultima posizione nemmeno con l’ingresso nell’UE della Turchia, perché anch’essa è in procinto di sorpassare l’Italia in quanto a percentuale di laureati.
In una nota, a commento del post di De Nicolao, si fa notare che i confronti con gli altri Paesi dell'UE devono essere fatti in base ai titoli ISCED dell'istruzione terziaria. L'ISCED (International Standard Classification of Education) è uno standard creato dall'UNESCO come sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli. Più precisamente vanno considerati: il Livello 5 (primo stadio dell'educazione terziaria; programmi terziari aventi contenuto più avanzato di quelli offerti ai livelli 3 e 4; l'ingresso a questi programmi richiede di solito il completamento dei livelli 3A o 3B o una qualifica simile al livello 4A) che nel sistema d'istruzione italiano corrisponde alla laurea e alla laurea magistrale; il Livello 5A (programmi basati sulla teoria / preparatori alla ricerca - storia, filosofia, matematica, ecc. - o finalizzati all'accesso a professioni con abilità superiori - medicina, odontoiatria, architettura, ecc. -); il Livello 5B (programmi specifici pratico-tecnico-occupazionali).
In Italia, se si valutano i titoli ISCED nel confronto con altri Paesi UE, non ci sarebbero pochi laureati, ma ci sarebbero pochi giovani che hanno una qualifica di livello terziario del livello ISCED 5A e 5B. Infatti, in Italia, l'istruzione terziaria coincide di fatto con l'università: si dice “laureato” e si pensa a chi ha frequentato l'università. Invece in molti Paesi europei esistono tre pilastri formativi a livello terziario: 1) università (ISCED 5), 2) università applicative (es. Fachhochschulen in Germania)(ISCED 5A) e 3) corsi di formazione post-diploma (ISCED 5B). Confrontando Italia con Germania e Austria, quelli che scarseggiano da noi sono i titoli ISCED 5B e ISCED 4, che sono istruzione post-secondaria e/o terziaria professionalizzante, che servono all’industria e ai servizi.
Il sistema binario della Germania, ad esempio, fornisce una maggiore flessibilità negli studi. Infatti, accanto all'istruzione superiore normale, affianca un'istruzione superiore professionale. In questo modo, i possessori di un titolo Fachabitur (Diploma di maturità tecnica), conseguito presso una Fachoberschulen (scuola secondaria specializzata in determinate materie tecniche), una volta acquisito un bachelor degree (Laurea di primo livello) hanno la possibilità di iscriversi a un corso di una Fachhochschulen (Istituto universitario professionalizzante) oppure a qualsiasi altro corso universitario.

Tabella 3 - Percentuale di cittadini OCSE (OECD) in possesso di laurea per classi di età, intendendo per laurea un'istruzione terziaria in base ai titoli ISCED (International Standard Classification of Education) 5, 5A e 5B, e non solo le lauree italiane corrispondenti al titolo ISCED 5. I paesi sono classificati nell'ordine decrescente della percentuale di soggetti di 25-34 anni che hanno conseguito un'istruzione terziaria. Percentuale di laureati nelle fasce 25-34 e 55-64 anni. Italia: laureati entro 34 anni il 21,7% contro il 38% media OCSE (anno 2010). Italia: 34° posto su 37 paesi e 23° posto in Europa. Fonte: OCSE 2012.

A parte le discussioni sul tipo di istruzione terziaria che manca all'Italia per allinearsi agli altri Paesi UE, è un fatto che da un decennio circa le immatricolazioni da noi calano. Come opportunamente mette in evidenza Tonello7, il tasso di passaggio scuola-università, per l’Italia è meno del 50%, di 11 punti inferiore a quello medio europeo, e diminuiscono anche i passaggi dalla laurea triennale a quella magistrale (il 47% nel 2012). I motivi a molti risultano estremamente chiari. Il primo motivo sta nell’immagine pubblica dell’università, con giornali e televisioni che presentano sistematicamente gli atenei come "luogo di corruzione, organismi feudali e inutili". Molto giornalismo italiano scandalistico dimostra di non potere (o non volere) distinguere gli episodi di cattiva governance, o addirittura di corruzione, dal funzionamento complessivo di un sistema che sforna circa 300.000 laureati l’anno. I quali, a motivo di una qualificazione all'avanguardia che le nostre università mediamente garantiscono, quando vanno all'estero trovano sempre accoglienza e successo. Nella Tabella 4 si può vedere l'indirizzo di studio dei laureati che hanno trovato lavoro all'estero a un anno dal conseguimento del titolo.


Tabella 4 - Indirizzo di studio (in percentuale sul totale) dei laureati che hanno trovato lavoro all'estero a un anno dal conseguimento del titolo.

Tuttavia, perdura l’effetto non marginale della ricorrente campagna diffamatoria il cui risultato è spesso "la diffidenza, la disaffezione, la rinuncia a proseguire gli studi". Si aggiunga poi un altro fattore negativo: la carenza di finanziamenti per il diritto allo studio. L’Italia è in fondo alle classifiche europee per il sostegno all’istruzione universitaria e perfino molti degli aventi diritto non riescono a ottenere le magre borse stanziate. In una crisi economica pluriennale, il costo degli studi, per gli studenti e per le famiglie, può essere proibitivo, soprattutto se vi si aggiunge la previsione alquanto incerta sugli sbocchi occupazionali.
La scarsa efficienza complessiva del sistema la si paga a caro prezzo in termini di difficoltà a potenziare la qualità dell’offerta didattica. E, soprattutto, a offrire servizi di supporto alla didattica e a sostegno del diritto allo studio, a tutto detrimento degli studenti più svantaggiati e a più elevato rischio di abbandono. Infatti, se si va a controllare la documentazione Ocse, osserva Ferrante8, si legge un quadro ben diverso da quello che incolpa dell'inefficienza i tanto decantati sprechi (che pure esistono). Infatti, fatto 100 il costo di un laureato italiano nel 2009 (43.218 dollari), prima quindi che si verificassero i tagli degli ultimi governi, a parità di potere d’acquisto, un laureato spagnolo costava 182, uno tedesco 207 e uno svedese 239 (Ocse, 2012).
Sul costo dei laureati dovrebbe gravare anche il lamentato peso eccessivo della spesa universitaria relativa al personale docente, ma anche questo assunto giornalistico non trova riscontro nella documentazione Ocse. La spesa per il personale docente ha un’incidenza sulla spesa in conto corrente del 35,9%, decisamente inferiore alla media europea a 21 paesi (42,7%) e a quella media dei paesi Ocse (41,6%). Il Regno Unito, spesso segnalato come esempio virtuoso, presenta un’incidenza del 43,1%.

Istruzione terziaria e occupazione

Il c.d. disallineamento fra competenze dei neolaureati e “richieste” occupazionali delle aziende è un concetto che sostanzialmente si può semplificare nella frase: “Se siete disoccupati è colpa vostra, non avete studiato quello che serviva”. Tuttavia, non si può generalizzare, date le rilevanti differenze tra discipline. Secondo il XVI Rapporto AlmaLaurea9, “la quasi totalità dei laureati del gruppo scientifico (89%) risulta occupata a tre anni dalla laurea; decisamente apprezzabili anche gli esiti occupazionali dei laureati di educazione fisica (la quota di occupati è pari al 89%) e ingegneria (84%). Al contrario, percentuali più contenute di occupati si riscontrano soprattutto tra i laureati dei gruppi giuridico e geobiologico (rispettivamente 70 e 68%) e letterario (67%)”. Queste differenze hanno specifiche ragioni. Le professioni più legate a servizi gestiti dallo Stato, come l’insegnamento o la tutela del territorio, soffrono della mancanza di turnover in questi settori causato da politiche di risparmio non selettivo.
Un settore sovraffollato è quello dei laureati in giurisprudenza: l’Italia ha circa 250.000 avvocati contro i 175.000 della Gran Bretagna, seguita da Germania (155.679) e Spagna a 125.208. La Francia ha un numero molto più basso di avvocati: circa 55.000. Si deve tener conto che non tutti questi laureati esercitano la professione forense, poiché le lauree in giurisprudenza danno accesso a una serie di altre professioni nel settore pubblico (dove il turn-over è bloccato) e nel settore privato (le aziende hanno sempre più bisogno di uffici legali).
Se le prospettive occupazionali dei laureati sono difficili in Italia, non si dovrebbe incolpare il c.d. disallineamento (mismatch) tra formazione universitaria e mercato del lavoro. Secondo Tonello7, piuttosto si deve trovare la ragione nell’andamento generale dell’economia e nelle scelte dei governi piuttosto che nelle scelte personali improprie nell’orientamento degli studi.
Nella cosiddetta «fascia produttiva» (tra i 25 e i 49 anni) i laureati in Italia sono soltanto il 20% degli occupati (media EU 34,7%, UK 45,5%, Spagna 43,8%). Inoltre solo 2 lavoratori dipendenti su 10 sono laureati (media EU 3 su 10, UK e Spagna fino a 4 su 10).
In Italia i laureati sono inferiori alla media europea sulla base dei dati Eurostat, che ci collocano per di più all'ultimo posto in Europa per numero di laureati nella popolazione fra 30 e 34 anni (siamo al 22,4%, contro il 36,8% della media UE). Tuttavia in Italia esiste il problema della “bolla formativa”, cioè i laureati sono troppi per il nostro mercato del lavoro. Questa situazione sconta anche il fatto che il 30% degli imprenditori in Italia ha appena la licenza elementare e solo i manager più formati assumono maggiormente giovani laureati. Nonostante ciò laurearsi conviene, in quanto sul lungo periodo i laureati guadagnano più dei non laureati, come ha mostrato il XVI Rapporto AlmaLaurea 2014 sulla condizione occupazionale dei laureati. Dove si legge che la laurea non esonera di per sé dalle difficoltà nella fase di ingresso nel mondo del lavoro, ma garantisce un certo vantaggio a lungo termine, seppur meno efficacemente rispetto ad altri Paesi: negli anni a cavallo della recessione, il tasso di disoccupazione è cresciuto del 2,9% per i laureati, del 5,8% per i diplomati, di 6,5% per i neolaureati (in età di 25-34 anni) e del 14,8% per i neodiplomati (in età 18-29 anni). Così tra il 2007 e il 2013 il differenziale tra tasso di disoccupazione tra neolaureati e neodiplomati è passato da 2,6 (a favore dei primi) all'11,9%.
Per le retribuzioni mensili, il tasso di occupazione e di disoccupazione, il tasso di stabilità nel lavoro, la Tabella 5 (D'ARCO, elaborazione dati su AlmaLaurea 2014) offre un riferimento molto dettagliato.
In base agli ultimi dati AlmaLaurea, sono in evidenza quei corsi di laurea che forniscono delle competenze tecnico-pratiche immediatamente professionalizzanti e più facilmente spendibili: corsi inerenti a professioni sanitarie, scienze dei servizi giuridici, scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione, scienze dell’educazione e della formazione, scienze e tecnologie informatiche. Si registra, tuttavia, il calo della stabilità lavorativa e delle retribuzioni: chi ha conseguito il titolo di studio nel 2012, infatti, ha subito una contrazione in termini di stabilità lavorativa rispetto ai laureati del 2008, calo dovuto al netto crollo del numero dei contratti a tempo indeterminato. Si è abbassata anche la media retributiva, passata da 1300 euro a circa 1000 euro al mese.

 

Tabella 5 - A sinistra e al centro: atenei (20) valutati dal Rapporto AlmaLaurea per il tasso di occupazione dei laureati. il tasso di disoccupazione, il tasso di stabilità del lavoro (dati in %) e stipendio medio mensile netto. A destra. retribuzione mensile netta (2007-2012) degli occupati a un anno dalla laurea, dalla laurea magistrale e dalla laurea a ciclo unico. Fonte: IlSole24Ore. Elaborazione su dati AlmaLaurea 2014.



Tabella 6abc - Reddito medio mensile in Europa (cifre in alto) e in Italia (cifre in basso) per laureati in discipline scientifiche e mediche (a), in economia e giurisprudenza (b), in discipline umanistiche (c).


Indagini recenti, in Germania e in Francia, consentono alcuni confronti con la situazione occupazionale e salariale dei laureati.
L'indagine in Germania10 (Carriera con un diploma universitario? Indagine sui laureati a dieci anni dal titolo) ha analizzato un campione di laureati a dieci anni dal conseguimento del titolo. Circa il 75% hanno contratti a tempo indeterminato, il 15% sono lavoratori indipendenti e solamente l'1% è disoccupato. Anche in Germania nel lungo periodo i laureati guadagnano di più dei non laureati, come risulta dall'indagine del Hochschul-Informations-System GmbH - HIS, l'agenzia tedesca di statistiche sull'istruzione superiore: l'80% degli intervistati (laureati da dieci anni) ha ottenuto un salario medio (63.000 € annui) superiore a quello degli occupati non laureati, più elevato per gli uomini (68.900 € annui) rispetto alle donne (51.100 €).
Secondo i dati elaborati da Mercer (azienda leader nei servizi di consulenza sulle risorse umane), riportati da Pagliuca11, su retribuzioni e career system in circa 350 aziende multinazionali, nel ruolo di “quadro" gli stipendi offerti dalla Germania sono mediamente più alti rispetto al resto d’Europa, con un gap sull’Italia del 40%. Dato rilevante, considerando la facilità con cui è possibile conseguire scatti di carriera in Germania. 91.920 euro di RAL, per l’esattezza, contro i 70.001 della Gran Bretagna e i circa 65.000 dell’Italia.
Finita in fondo alla classifica, l'Italia riacquista posizioni se consideriamo il divario tra le retribuzioni dei dipendenti base e quelli dei vertici, divario che nel nostro Paese è tra i più marcati rispetto alla media europea. In altre parole, si tratta di 164mila euro per un executive e 28.000 per un entry level (la disparità più accentuata spetta a chi lavora nel finance), mentre la Germania offre 162mila euro a chi siede sulle poltrone più alte e 42mila ai nuovi entrati.
In Francia, la Quatrième Enquête12, condotta dal Ministère de l'Enseignement Supérieur et Recherche in collaborazione con le Università pubbliche metropolitane, verte sull'inserimento occupazionale dei laureati, dei diplomati DUT (Diplôme Universitaire de Technologie) e della Licence Professionnelle. A distanza di 30 mesi dal conseguimento del titolo universitario, rispetto all'indagine sui laureati del 2009, la nuova indagine ha evidenziato che il tasso di inserimento lavorativo è rimasto stabile al 90% per i master, al 91% per le licences professionnelles e all'88% per i DUT, con una leggera contrazione pari a -1%. Il tasso di inserimento non si discosta sostanzialmente da quello assicurato dalle écoles d'ingénieurs (96%) e dalle écoles de commerce (93%), mentre sussiste una certa disparità occupazionale tra aree disciplinari: tra le migliori vi sono informatica (97%), matematica (95%), ingegneria civile ed elettronica (94%). A esse si contrappongono altre aree più deboli, quali scienze umane e sociali. Gli impieghi dei laureati e diplomati nel 2010 sono oggi di buon livello (87% dei quadri per i master, 73% per le licence e 59% per i DUT) e nel 90% dei casi si tratta di impieghi stabili e a tempo pieno con un reddito medio mensile attorno a 2.000 € per i laureati dei gruppi giuridico-economico e medico, a 1.700 € per quelli dell'area delle scienze sociali e, in ultima posizione, con 1.630 € per i laureati del gruppo letterario/Belle Arti. In pratica circa 6 laureati su 10 lavorano in un'Azienda privata, 2 in una Pubblica Amministrazione e 1 nelle Associazioni.

Prof. Paolo Stefano Marcato
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

Note

1. Relazione ANVUR 2013 http://www.anvur.org/rapporto/.

2. Checchi D. Dove va l’università italiana? lavoce.info 18-03-2014.

3. Eurostat http://www.istat.it/it/informazioni/per-gli-utenti/european-data-support/dati-online- .

4. Europe 2020 http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm.

5. Indagine ISTAT Noi Italia 2014: 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo

    http://www.istat.it/it/archivio/111872

6. De Nicolao G. Laureati: Italia ultima in Europa. Obiettivo 2020: aggravare il distacco.

    http://www.roars.it/online/laureati-italia-ultima-in-europa-obiettivo-2020-aggravare-il-distacco/ 14 aprile 2014

7. Tonello F. L’occupazione in calo dei laureati non dipende dal disallineamento tra formazione universitaria e

    mercato del lavoro. unipd.it/ilbo 31-03-2014

8. Ferrante F. A commento dell’articolo di D. Checchi, lavoce.info 18-03-2014

9. XVI Rapporto AlmaLaurea 2014 (10-03-2014) 

   http://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/comunicati/2014/cs_almalaurea_condocclaureati2014.pdf

10. NachrichtKarriere mit Hochschulabschluss? Hochschulabsolventen zehn Jahre nach dem Studienabschluss.

    HIS:Forum Hochschule 10|2013.

11. Pagliuca S. http://nuvola.corriere.it/2014/04/01/differenze-di-stipendi/

12. Quatrième Enquête sull'inserimento occupazionale dei laureati

     http://www.rivistauniversitas.it/articoli.aspx?IDC=3190

13. OECD (2013), Education at a Glance 2013: OECD Indicators, OECD Publishing.