Home 2014 1 agosto FINANZIAMENTI IL SISTEMA UNIVERSITARIO NELLA RELAZIONE DELLA BANCA D'ITALIA
IL SISTEMA UNIVERSITARIO NELLA RELAZIONE DELLA BANCA D'ITALIA PDF Stampa E-mail

Dalla Relazione della Banca d'Italia 2013 (maggio 2014) emerge come, nonostante le azioni di rilancio, il sistema universitario soffre la carenza di organicità del disegno di riforma e l'effetto di numerosi interventi restrittivi della spesa. Nel confronto europeo ne risulta uno svantaggio in termini di disponibilità di capitale umano, accentuato dalla particolare struttura del sistema produttivo italiano, specializzato in settori tradizionali, che non esprimono un elevato fabbisogno di lavoro qualificato.
L'istruzione universitaria ha assunto un ruolo rilevante nelle dinamiche di crescita del Paese soltanto nell'ultimo ventennio. Tra il 2000 e il 2013, la quota di laureati in età 25/64 anni è salita dal 9,7% al 16,3%, ma nella fascia di età 30/34 anni il valore si è attestato al 22,4%, di molto inferiore alla media UE (36,8%) e anche all'obiettivo nazionale (27%), stabilito dal Governo nel Programma nazionale di riforma adottato nell'aprile 2011.
La crisi economica ha contribuito a ridurre l'incentivo per investire in formazione e conoscenza, i fattori che contribuiscono ad aumentare la produttività e i livelli di sviluppo economico. Nello stesso periodo è fortemente diminuito il numero degli immatricolati (da 339.000 a 270.000), influenzato dal peggioramento delle condizioni finanziarie delle famiglie, anche alla luce dell'aumento delle rette di iscrizione; mentre gli iscritti, a fronte delle modeste prospettive occupazionali, hanno preferito proseguire gli studi riducendo le probabilità di abbandono.
Il vantaggio occupazionale dei laureati rispetto ai diplomati emerge a parità di tempo trascorso dal completamento degli studi, ma nella fascia di età 25/34 anni i giovani laureati hanno avuto nel 2012 - secondo Labour Force Survey di Eurostat - una probabilità di essere occupati inferiore di 5 punti rispetto ai meno qualificati e di 10 punti rispetto a Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. Il divario reddituale nel rendimento a favore della laurea (nel 2010, rispetto ai diplomati, + 33% in Italia e +43% negli altri maggiori Paesi UE) si è attenuato negli ultimi anni. Il rendimento del capitale umano nel mercato del lavoro italiano è parzialmente riconducibile anche allo scarso fabbisogno di lavoro qualificato da parte delle imprese e dalle modeste risorse destinate alla formazione sul posto di lavoro. L'incontro tra domanda e offerta di lavoro - secondo uno studio della Banca d'Italia - risulta costoso rispetto alla Germania per effetto della mancata differenziazione dei curricula universitari e dalla difficoltà di adottare adeguati schemi di selezione e di reclutamento del personale.
Altri elementi sfavorevoli sono la riduzione della spesa pro capite per studente universitario, la scarsa partecipazione finanziaria del settore privato, la mancanza di strumenti specifici di supporto finanziario (prestiti d'onore, borse di studio di cui nell'a.a. 2012/13 hanno beneficiato solo l'8,6% degli aventi diritto iscritti a un corso universitario), la disponibilità in Italia di un corpo docente più ridotto (19 studenti per docente in Italia rispetto alla media inferiore a 16 in area OCSE) e più anziano (età media 52 anni, aumentata del 6% tra il 1998 e il 2013 per effetto della riduzione del turn-over e dell'innalzamento dell'età media di ingresso nella carriera accademica).
(Fonte: M. L. Marino, rivistauniversitas luglio 2014)