Home 2014 1 agosto VARIE SUL TENTATIVO DI ESTENDERE L’ACCESSO AL CONCORSO IN MAGISTRATURA AI TIROCINANTI IN TRIBUNALE
SUL TENTATIVO DI ESTENDERE L’ACCESSO AL CONCORSO IN MAGISTRATURA AI TIROCINANTI IN TRIBUNALE PDF Stampa E-mail

Nel recente decreto legge 90 del 24 giugno 2014 (adottato dal Governo Renzi e intitolato: Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari) si introduce una norma ‘pro-magistrati’ che, in deroga a quanto appena riportato, consente l’accesso diretto al concorso anche a quanti si trovino in possesso di una laurea conseguita con un voto finale di almeno 105/110 e voti medio-alti (almeno 27/30) in alcuni esami-base, e specialmente che abbiano svolto, con esito positivo, un tirocinio presso un tribunale. In realtà, si assiste ad un ‘tentativo reiterato’, giacché già all’interno del decreto legge cd. Fare (adottato dal precedente Governo Letta: D.L. n. 69 del 21 giugno 2013: «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia») si introducevano identiche soluzioni. In quest’ultimo caso, grazie anche ad una risoluta levata di scudi del mondo accademico, il progetto di modifica non superò la prova della conversione in legge (al termine della quale fu eliminata la possibilità per lo stagista di accedere direttamente al concorso, pur facendo salva la possibilità di svolgere un tirocinio presso i tribunali che stabilissero accordi in tal senso). Ma più che di un autentico arresto del progetto, si è trattato di un inabissamento. Infatti, la proposta è carsicamente riemersa nella recente iniziativa di Governo, ed è stata riproposta verbatim o – se si preferisce – copia/incolla, nel nuovo decreto (si confrontino, al riguardo, le variazioni apportate dal D.L. n. 90/2014 all’articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, con il testo originario dello stesso art. 73: in sintesi il nuovo comma 11-bis dell’art. 73, con l’originario comma 12). Concentrando l’attenzione su tale proposta essa appare ingiustificata tanto sul metodo quanto sul contenuto. Cominciando dal metodo, va subito rilevato che una simile soluzione sarebbe all’origine di un’inammissibile sperequazione: su quali basi è possibile ritenere equivalenti coloro che hanno superato delle selezioni e coloro che hanno semplicemente compiuto un tirocinio presso «un magistrato o un avvocato dello Stato, con esito positivo attestato da quest’ultimo»? Né vale obiettare come, per tali stage, saranno preferiti quanti avranno ottenuto una certa media negli esami e/o un certo punteggio di laurea. Semmai, quest’ultimo rappresenta un solido argomento a contrario. Giacché esistono sintomatiche differenze nelle politiche di valutazione adottate nelle diverse facoltà di giurisprudenza… attribuire un maggiore valore a medie e/o voto di laurea potrebbe fatalmente tradursi in un’incentivazione al ribasso (secondo una non sporadica equazione per la quale quanto minore è il rigore… tanto più i alti saranno i voti d’esame e di laurea). In definitiva, appare chiaro che se il lavoro di selezione che accompagna il conseguimento del titolo di Avvocato, di Dottore di ricerca o il Diploma di una Scuola di specializzazione è costruito – quanto meno astrattamente – intorno al generale interesse di formare qualcuno, un periodo di tirocinio corrisponde innanzitutto alle esigenze… degli uffici giudiziari. In definitiva, seppure immaginate con le migliori intenzioni (alleggerire il carico degli uffici giudiziari e parallelamente avvicinare al mondo del lavoro generazioni sempre più lontane da quest’ultimo), dette politiche sembrano più improntate a logiche corporative che ad uno Stato di diritto.
(Fonte: G. Della Morte, Roars 08-07-2014)