Home 2014 15 settenbre RIFORMA UNIVERSITARIA RIFORMA UNIVERSITARIA. UNA VERTICALIZZAZIONE SQUILIBRATA
RIFORMA UNIVERSITARIA. UNA VERTICALIZZAZIONE SQUILIBRATA PDF Stampa E-mail

La riforma Gelmini aspirava a cambiare radicalmente le caratteristiche degli assetti di governo delle università italiane. In particolare, intendeva rafforzare le capacità di governo degli atenei al fine di superare quelle caratteristiche (il bicameralismo simmetrico, la logica corporativa e distributiva dei processi decisionali interni, l’incapacità a prendere decisioni strategiche) che erano ritenute una delle concause del loro cattivo funzionamento e dei loro risultati insoddisfacenti. L’idea di fondo del legislatore era, pertanto, quella di introdurre anche in Italia la verticalizzazione della governance istituzionale che, prendendo spunto dai paesi-anglosassoni, era stata via via adottata in molti paesi europei (Olanda, Danimarca; Austria; vari Länder tedeschi; Svezia, Norvegia).
La prima attuazione della legge Gelmini, per quanto emerge dalla ricerca Unires, mostra però come le finalità perseguite dal legislatore di trasformare le università in corporate actors siano ancora lontane da essere raggiunte e che, anzi, potrebbero essere in via di progressiva distorsione. Infatti, dai dati che abbiamo raccolto, emergono alcuni elementi estremamente problematici. Il primo è un ruolo eccessivo del rettore nel processo di composizione del Cda (organo che, secondo la legge 240, dovrebbe essere il pianificatore strategico e il decisore ultimo delle politiche degli atenei). Su cinquantanove università prese in considerazione, in trentatré il rettore nomina direttamente tutti o una parte dei membri del Cda. Si rileva poi un’articolazione statutaria dei poteri del senato che tende ad attribuire a questo organo competenze (seppur sotto forma di pareri) su tematiche che dovrebbero essere di esclusivo appannaggio del Cda. Altro elemento critico è la grande frammentazione del governo degli atenei: in quasi la metà dei casi analizzati la “squadra” del rettore è composta da almeno quattordici elementi. Unita a una bassa istituzionalizzazione delle sue attività: solo in poco più della metà degli atenei analizzati il rettore riunisce la sua squadra a scadenze prefissate, e in pochissimi casi vengono redatti verbali delle riunioni. Infine, si riscontra una certa opacità dei processi decisionali.
Nel complesso, i dati istituzionali e organizzativi che abbiamo raccolto mostrano che il nuovo disegno della governance degli atenei è caratterizzato da una profonda asimmetria nella distribuzione dei poteri tra il rettore, il Cda e il senato.
(Fonte: G. Capano, lavoce.info 23-06-2014)