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STUDENTI. INCIDENZA DELL’EVASIONE FISCALE SULLE TASSE UNIVERSITARIE PDF Stampa E-mail

I costi della vita “universitaria” – secondo l’Ocse – “mangiano” in media un terzo delle spese totali della vita di uno studente. Trend in ascesa, avvertono le associazioni studentesche, anche nella stagione 2014-2015. Buongiorno che si vede dal mattino se i primi a finire nel mirino degli aumenti sono stati, manco a dirlo, i contributi necessari a sostenere i rituali test di ammissione: da 20 fino a 100 euro, non rimborsabili a nessun titolo. Un tesoro che, solo nell’ultimo decennio, ha garantito alle università un gettito del +274%. Le “vere” note dolenti cominciano a farsi sentire con le tasse per l’immatricolazione, a cominciare dalla tassa regionale per il diritto allo studio per proseguire con le due rate della tassa di iscrizione. Ma a “rubare” risorse preziose, con conseguente rincaro per le tasse universitarie, non sono amnesie e sviste governative. Alla base del fenomeno, unitamente alla latitanza del finanziamento pubblico, va menzionata la grave incidenza dell’evasione fiscale (dacché il calcolo delle tasse universitarie si basa sulla dichiarazione dei redditi). È dato in evidente espansione, infatti, il numero degli studenti che pur provenendo da famiglie monoreddito di lavoratori autonomi rientrano nelle fasce più basse (soprattutto seconda, redditi fino a 10.000 Euro), pagando contributi relativamente più bassi. Situazione che determina una contrazione delle risorse da distribuire con conseguente penalizzazione per tutti quelli che meriterebbero davvero di usufruire dell’istruzione pubblica senza dilapidare patrimoni. Per loro, invece, la beffa atroce di pagare imposte superiori a quelle che sono richieste al figlio di un orafo o di un pellicciaio.
(Fonte: www.controcampus.it 23-08-2014)