Home 2014 15 settenbre STUDENTI MINISTRO DELLA SALUTE E RETTORI CONTRARI ALLA PROPOSTA DI ABOLIRE I TEST DI ACCESSO A MEDICINA
MINISTRO DELLA SALUTE E RETTORI CONTRARI ALLA PROPOSTA DI ABOLIRE I TEST DI ACCESSO A MEDICINA PDF Stampa E-mail

A esprimere i dubbi più duri sulla proposta del ministro Giannini, è il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che, dopo mesi di abbozzamenti, rompe così il silenzio: “’No, non sono favorevole all’abolizione dei test di accesso all’università. Però a Ottobre concluderemo la commissione istituita dal patto con le Regioni e il ministero dell’Istruzione su tutto il tema della formazione e del reclutamento”. Due gli ostacoli alla base delle resistenze della Lorenzin. ll primo (dichiarato) riguarda le ovvie difficoltà organizzative e logistiche cui dovrebbero rispondere le università una volta abolito il Test d’ingresso, vale a dire quel prevedibile boom della popolazione studentesca che il Ministro ha stimato nell’ordine delle 70-80mila unità. Le università sapranno reagire (sia strutturalmente sia sul piano della qualità dell’offerta e della didattica) positivamente alla “cura francese” che promette, ricordiamolo, un meccanismo selettivo finalmente restituito al merito e alla capacità del candidato? Il secondo argomento rimanderebbe, invece, a preoccupazioni che potremmo definire di occupabilità. A preoccupare il Ministro sarebbe, cioè, lo spettro di una possibile emorragia di camici bianchi, che finirebbero quasi tout court dalla laurea alla strada. Aprire le porte della professione medica a una platea più ampia rischierebbe in altre parole di congestionare un mercato dove, tuttavia, c’è sempre stata piena occupazione e dove, per effetto della curva demografica, tra appena sei anni (il tempo di una laurea) ci sarà bisogno di 50mila nuovi camici.
I rettori bocciano la proposta del ministro Giannini, percepita quasi coralmente come una “trovata a effetto”, uno spot che non considera la realtà dei fatti. A motivare l’ansia dei rettori rispetto alla riforma e alla questione “test abolito o rivisitato”, alcune considerazioni di natura oggettiva: difficoltà logistiche anzitutto, ma anche organizzative e funzionali: dalla carenza di aule disponibili, agli ospedali universitari necessari ai tirocini, agli stravolgimenti didattici imposti al corpo docente con carichi di insegnamento e valutazione moltiplicati, alla necessità di allargare il personale. C’è poi il nodo legato ai tempi e ai costi della “ristrutturazione” del numero chiuso. Adattare le università in tempi immediati richiederebbe uno sforzo economico mastodontico, altamente improbabile alla luce dei continui tagli agli atenei italiani e, nello specifico, alle borse di specializzazione per i futuri medici. Non solo, piace poco l’idea di un cambiamento lampo. Le università hanno bisogno di tempo più elastici per metabolizzare la trasformazione. Stravolgere tutto in pochi mesi, insomma, provocherebbe, oltre allo choc, un sicuro rigetto.
(Fonte: E. Paolelli, www.controcampus.it/ 21-08-2014)